24: "Così come sei"

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La traduzione dei dialoghi si trova a fine capitolo.

Nonostante avessi scelto io il vestito, non potevo fare a meno di sentirmi un po' a disagio: l'ultima volta che avevo partecipato ad una festa era finita con la morte di un paio di facoltosi newyorkesi e con la mia fuga da Steve Rogers che se l'era piuttosto presa per il mio delicatissimo pugno. Di certo non ero preoccupata che potesse accadere qualcosa di sconveniente - dopotutto la festa si sarebbe tenuta a casa Stark -, ma sentivo di non essere davvero pronta per concedermi una serata di assoluto divertimento.
Controllai un'ultima volta il mio riflesso sullo specchio della stanza e lisciai nervosamente la gonna, cercando in tutti i modi di accantonare l'idea di chiudermi tra quelle quattro mura con la scusa di un tremendo mal di pancia improvviso. Natasha, tra l'altro, non me lo avrebbe permesso.
Presi dunque la borsetta e mi avviai a grandi falcate verso il salotto dove, fino a prova contraria, mi aspettava la Romanoff, mia autista per la serata. Alcuni, come Steve, Wanda, Visione e Bruce, erano già partiti per la dimora newyorkese di Tony e forse sarebbe stato più saggio andare con loro conoscendo la sfrontatezza di Natasha.
«Что ты собираешься делать?» pronunciò la rossa, facendomi gelare sul posto a pochi passi dal salotto. Dal tono di voce sembrava una domanda, ma non avevo la più pallida idea di cosa avesse detto e poi, che lingua era?
«Я не знаю» rispose Bucky. Feci un paio di passi avanti così da potermi affacciare dalla porta e scoprii i due faccia a faccia, entrambi vestiti di tutto punto. Ad una prima occhiata non avrei saputo dire chi sembrava più infastidito dall'altro.
«Но пожалуйста!» sibilò Natasha, puntandogli l'indice contro. «Если вы этого не сделаете, я сделаю это!»
«Нет! Ни один он готов» sbottò James, serrando la mascella palesemente infastidito. Ero fin troppo curiosa di sapere di cosa stavano parlando e se non fosse stato per l'ironica risata di Natasha, sarei entrata per chiedere delle delucidazioni, soprattutto sulla lingua parlata.
«Вы серьезно? Это видно отлично насколько вы привлекают друг к другу.»
«Я боюсь...» sussurrò Bucky, abbassando la testa in segno di sconfitta. Un sorriso fece capolino sul viso della rossa, ma non sembrava di derisione bensì di pura compassione.
«Все будет хорошо, не волнуйся» sembrò rincuorarlo Natasha, dandogli una stretta rassicurante alla spalla.
Diedi un'occhiata allo schermo del telefono per controllare l'ora e senza pensarci due volte entrai nella stanza, annunciandomi con un colpo di tosse come nei peggiori film pieni di cliché. Entrambi si voltarono di scatto, ma li vidi rilassarsi non appena poggiarono lo sguardo su di me, come fossero certi di non esser stati smascherati.
«Ehi, bellezza» salutò Natasha, ammiccando nella mia direzione.
«Andiamo?» domandai e avvertii le guance diventare bollenti non appena scoprii Bucky guardarmi dalla testa ai piedi. La rossa annuì senza distogliere lo sguardo dal collega che le stava accanto e con un gesto della mani ci invitò a seguirla.
Qualcosa nella sua espressione mi fece intuire che quella serata non me la sarei affatto dimenticata tanto facilmente.

Avevo sentito molte storie riguardo le feste organizzate da Tony - del tipo che c'erano sempre centinaia di invitati con minimo due drink per mano - eppure questa sembrava del tutto diversa: c'erano forse una cinquantina di persone all'infuori degli Avengers, le bevande alcoliche sembravano esser piuttosto ridotte e la musica che riempiva l'imponente salone donava un'aria di assoluta tranquillità.
Non feci in tempo ad entrare che due braccia piuttosto magre mi strinsero in un abbraccio, sorrisi apertamente quando mi resi conto ch'era Peter e ricambiai la stretta.
«Non pensavo che Tony ti lasciasse partecipare!» esclamai, senza nascondere lo stupore. Certo, c'era anche lui quando Stark aveva invitato tutti gli Avengers, ma la sua non sembrava una presenza programmata.
«E invece, sorpresa!» ridacchiò Peter, allontanandosi di un passo per poi scoprire Bucky ancora alle mie spalle. Sembrò perdere colore in viso non appena realizzò della sua presenza, ma gli tornò velocemente il sorriso. «Dopo vorrei parlarti, sempre se ti va.»
«Ma certo! Anche adesso se vuoi» risposi, alzando il pollice in segno di conferma.
«Credo che il signor Stark ti voglia, è da quando abbiamo cominciato a parlare che sta cercando di attirare la tua attenzione, quindi è meglio posticipare» borbottò il ragazzo, abbassando le spalle in segno di resa. Controllai nella direzione in cui stava guardando ed effettivamente vidi Tony sbracciarsi come un bambino.
«Non è carino lasciarmi con tutta questa curiosità, fattelo dire!» lo rimproverai scherzosamente, avviandomi verso uno dei due festeggiati della serata.
Feci un paio di passi che subito qualcuno mi prese per un polso, trascinandomi verso di sé. Non mi sarebbe servito guardare per scoprire chi richiedeva la mia considerazione in tale modo, oramai avevo imparato a riconoscerlo.
«Dopo ti devo parlare pure io» sussurrò Bucky, evitando in tutti i modi di incrociare il mio sguardo. «Prima di lui.»
Era tremendamente infastidito, lo si poteva intuire senza problemi dalla mascella contratta e la fronte aggrottata, e sembrava non aver alcuna intenzione di lasciarmi andare.
«Vedrò cosa posso fare, Bucky» mormorai in risposta, allentando la sua presa sul mio braccio un dito alla volta. Provò ad opporre resistenza, ma bastò una mia occhiata a farlo desistere del tutto: era geloso di Peter Parker, non avevo dubbi!
Senza aggiungere altro, mi incamminai velocemente verso Tony, cercando di schivare le manate che arrivavano da tutte le parti.
«Millicent, vorrei presentarti una persona» parlò lui entusiasta, invitandomi a guardare verso la sua destra dove una donna dai lunghi capelli biondi parlottava con un signorotto in giacca e cravatta. Per attirare la sua attenzione le picchiettò con delicatezza sulla spalla lasciata scoperta dal vestito e, come fosse attratta da quel tocco, lei si voltò verso Tony con un sorriso in viso. «È lei.»
La donna spese un paio di secondi a guardami a bocca socchiusa, forse un po' perplessa, e poi si affrettò a chiudere la conversazione con l'uomo che le stava ancora davanti.
«Pepper, lei è Millicent. Millicent, lei è Pepper» presentò Tony tutto contento, gesticolando tra me e la sua compagnia. Le strinsi la mano non appena me la porse e non potei fare a meno di notare l'espressione entusiasta sul volto di Stark, sembrava attendesse questo incontro da un'eternità.
«Ho sentito molto parlare di lei» esclamai, ricordando tutti i complimenti che venivano associati al suo nome. A primo impatto sembrava davvero una donna altruista e dai modi gentili e a dirla tutta, cominciavo a fidarmi del mio intuito.
«Potrei dire altrettanto! E non darmi del lei, mi fai sentire più vecchia di quanto lo sia già» rispose con una risata, inclinando appena la testa di lato. Collegai subito la sua affermazione a ciò che m'aveva detto Rachel pochi giorni prima e dovetti impegnarmi con tutta me stessa per evitare di sorridere come una sciocca.
«Ah sì? Posso sapere chi ti ha parlato di me?» domandai, guardando di sottecchi Tony e lo scoprii a fissare il soffitto nel vano tentativo di dissimulare l'imbarazzo.
«Ce l'hai vicino. Certe volte mi viene il dubbio che preferisca te a me perché non c'è argomento che non si connetta in qualche modo a ciò che hai fatto.»
«È come se vivessi con voi, praticamente! Tony, non pensavo di starti così a cuore, mi stupisci!» lo presi in giro giocosamente, dandogli un buffetto sulla spalla. Alzò gli occhi al cielo come suo solito e scosse le spalle con disinteresse, facendosi guadagnare un'occhiata dubbiosa da parte della fidanzata.
«Millicent, non tirare troppo la corda che sto poco a cacciarti via dal Complesso.»
«Tony!» lo richiamò Pepper, tirandogli appena la manica della giacca scura e palesemente costosa. Rimasi a guardarli mentre si rifilavano occhiatacce silenziose e non potei fare a meno di pensare che avrei pagato oro per avere una relazione del genere: bastava un solo sguardo perché si capissero ed era palese quanto fossero innamorati, quanto la loro felicità dipendesse l'uno dall'altra. Quale cosa migliore poteva esserci del trovare la propria metà?
«Va bene, va bene! Non ti butterò fuori finché non avrai un tetto sotto cui stare, va meglio così?» chiese sarcasticamente Tony, ritornando l'uomo che avevo pian piano imparato a conoscere. Pepper annuì con un dolce sorriso in viso, facendomi sorridere a mia volta. «Vi lascerei pure chiacchierare, ma credo che la nostra Millicent sia attesa dal suo cavaliere.»
«Cosa?» domandai perplessa, seguendo lo sguardo di Tony verso il bancone bar dove v'era, strano a dirsi, ben poca gente. Poggiato sul liscio ripiano di marmo bianco, Bucky giocherellava con l'ombrellino del suo drink mentre Natasha sembrava rimproverarlo a mezza voce, proprio come al Complesso. «Non è il mio cavaliere!»
«Certo, ed io non sono un genio miliardario.»
«Doveva parlarmi, effettivamente. Okay, è stato davvero un piacere conoscerti, spero potremo rivederci presto» mormorai rivolta a Pepper, non appena incontrai lo sguardo confuso di James.
«Ne avremo occasione, senza ombra di dubbio!» fu la sua risposta, seguita da un cordiale cenno della mano verso Bucky. Annuii, forse per racimolare quel po' di coraggio che sembrava essere svanito negli ultimi minuti, e dopo aver salutato propriamente Tony con un veloce bacio sulla guancia mi incamminai verso l'angolo bar.
Non feci in tempo ad incrociare lo sguardo di Natasha che subito se la defilò, regalandomi un sorriso a trentadue denti. Sembrava fin troppo felice per essere ad una delle "solite feste di Stark".
«Ehi, sergente» lo salutai, poggiandomi al bancone proprio accanto a lui. Trasalì appena e spostò il drink accanto a sé, così da non averlo tra noi due. «Ho fatto il più presto possibile, scusa se ti ho fatto aspettare troppo.»
«Non preoccuparti» mormorò in risposta, abbozzando un sorriso imbarazzato.
«Cosa volevi dirmi?» domandai, cercando di arrivare subito al sodo. Era la prima volta che Bucky si esponeva in tale modo e non potevo negare d'essere davvero incuriosita dalla sua richiesta, senza contare l'insistenza con cui Natasha gli era stata addosso nella giornata. Lo osservai guardarsi attorno dubbioso, come se stesse cercando una qualche spia pronta a memorizzare parola dopo parola la nostra conversazione.
«Che ne dici se usciamo da qui? C'è troppa gente» disse, porgendomi una mano che prontamente strinsi. Lo seguii verso l'esterno dell'abitazione senza fiatare e cercai di evitare lo sguardo degli altri invitati, consapevole che, per gli sconosciuti, il nostro comportamento era associabile ad una sola motivazione del tutto sbagliata.
Rabbrividii non appena la tiepida aria di fine marzo mi solleticò le braccia e non potei fare a meno di alzare lo sguardo per osservare il cielo stellato privo di nuvole: era una delle visioni più belle che avessi mai visto, forse complice l'uomo che mi stringeva ancora la mano. Senza che dicessi nulla, Bucky si tolse la giacca e me la poggiò delicatamente sulle spalle, indugiando appena su di esse.
«Cominci a preoccuparmi» parlai, forse interrompendo quel magico silenzio che sembrava averlo estraniato dalla realtà.
«Sto solo cercando le parole giuste, fidati che non è facile» borbottò, accennando poi una risata nervosa. Spostò lo sguardo verso lo spicchio di luna che illuminava debolmente il curatissimo giardino di Tony e non potei fare a meno di incantarmi di fronte alle ombre che gli giocavano sul viso donandogli un'espressione ancora più concentrata. Era difficile da ammettere, ma da un po' di tempo vedevo Bucky da un diverso punto di vista: non solo come un amico o confidente, ecco. «Non interrompermi, per favore, o rischio davvero di andare in palla.»
«Sarò muta come mai prima d'ora» risposi con un sorriso, cercando di alleggerire la tensione che cominciava ad avvertirsi.
«So di non essere la persona migliore di questo mondo, probabilmente ho fatto più danni di quanto si possa immaginare, ma so altrettanto bene di meritare questa vita e come posso non prendere ogni regalo che mi offre? Forse detto così sembra brutto, però credo che tu sia uno di questi e mi è impossibile prendere in considerazione l'idea di lasciarti andare» snocciolò, togliendomi il fiato. Non provò neanche ad incrociare il mio sguardo, ma mi bastavano le sue mani a stringere le mie per capire quanto fossero vere quelle parole. Sembrò trarre un profondo respiro prima di proseguire con il discorso. «Sono passati poco più di tre mesi dal nostro primo incontro, ma mi sento sicuro di dirti che mi piaci da morire così come sei.»
Rimase in silenzio, un silenzio carico d'aspettativa e di belle parole. Lo guardai ammaliata, per un istante incapace di formulare un pensiero degno di ciò che lui m'aveva appena confessato, e bastò vedere la sua espressione vacillare per farmi uscire le parole di bocca.
«Mi sembra tutto così surreale» mormorai, avvicinandomi a lui di un passo. «Sì, Bucky, anche tu mi piaci.»
Bastò un attimo e le sue labbra furono sulle mie: dapprima fu soltanto una delicata carezza capace di causarmi mille brividi lungo la spina dorsale, ma poi si trasformò in un bacio carico di passione che quasi mi fece mancare la terra da sotto i piedi. Lasciai che mi stringesse a sé portando le braccia sulle mie spalle e d'istinto lo abbracciai a metà busto, come a voler verificare se tutto ciò stesse realmente accadendo. Ci separammo soltanto quando fummo a debito d'ossigeno e non potei evitare un sorriso, forse il più sincero della mia intera esistenza. Non mi sentivo così felice da moltissimo tempo!
«Ci vuoi provare, quindi?» sussurrò Bucky, poggiando la fronte alla mia con gli occhi ancora chiusi.
«Sì, molto volentieri» mormorai, dandogli un altro veloce bacio a stampo.

Alla fine, il nostro rientro nell'edificio tutti sorridenti non passò inosservato tant'è che Natasha si preoccupò subito di farci i complimenti e di spargere la voce sull'accaduto - la sua vocazione per lo spionaggio sembrava non abbandonarla mai.
Peter quasi non volle più parlarmi, adducendo al fatto che non voleva disturbare me e Bucky, ma con un po' d'insistenza svuotò il sacco: voleva un consiglio da amica riguardo il suo interesse amoroso perché "si fidava totalmente di me". Lo aiutai ben volentieri e a fine serata riuscii pure a confermare il mio dubbio: Bucky Barnes, soldato sopravvissuto a decenni sotto il controllo dell'HYDRA, era geloso di Peter Parker.








Angolo autrice.
Quanti "alleluia" per questo tanto atteso avvenimento?
Comunque, non conosco il russo e mi sono avvalsa di Google Traduttore quindi chiedo venia per eventuali errori, in ordine abbiamo:
«Che cosa hai intenzione di fare?»
«Non lo so»
«Ma per favore!» [...] «Se non lo fai tu, lo farò io!»
«No! Nessuno dei due è pronto»
«Sei serio? Si vede perfettamente che siete attratti l'un l'altro»
«Ho paura...»
«Andrà tutto bene, non preoccuparti».

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora