Dal vivo, la dottoressa Gill sembrava una persona davvero amabile: da quando era entrata nella mia stanza non aveva smesso di sorridere un istante e sembrava sprizzare pura gioia da ogni poro. Era stata accompagnata da Nick Fury stesso, ma non gli aveva concesso di vedermi adducendo a qualche particolare studio di psicologia pubblicato da pochi mesi.
«Buongiorno!» salutò la donna, porgendomi la mano. Gliela strinsi senza troppi problemi e mi stupii nel vedere i suoi occhi scuri velati di lacrime. La guardai stranita e tanto bastò perché lei portasse frettolosamente una mano al viso per nascondere il principio di pianto. «Perdonami, è tutta colpa dell'allergia.»
«Non si preoccupi» risposi con un mezzo sorriso, ancora un po' incerta nel fidarmi completamente di lei. Avevo imparato a mie spese che non bisogna mai giudicare una persona dal suo semplice apparire eppure il mio istinto sembrava urlare di darle una possibilità e che non ne sarei rimasta delusa. «Si sieda dove vuole.»
La donna parve essere soddisfatta dal mio invito, tant'è che si sedette alla scrivania, voltando la sedia verso il letto. Per quanto ricordassi, non avevo mai avuto un incontro con una psicologa, ma il fatto che il primo colloquio fosse nella mia stanza non mi pareva molto normale. Lasciai correre però, ero l'ultima a poter obiettare qualcosa lì dentro.
«Sono la dottoressa Rachel Gill, ma credo che lo sapessi già. Tu sei Hecate, giusto?»
«Così dicono» borbottai, sedendomi compostamente a bordo del letto. La donna estrasse un blocco degli appunti dalla borsa che poggiava sullo schienale della sedia e vi appuntò subito qualcosa.
«Con ciò cosa intendi?» domandò di rimando, picchiettando la punta della penna sul foglio.
«Non credo sia il mio vero nome, non lo sento mio.»
«Hai da sempre questa sensazione?» chiese ancora, la voce incrinata appena incrinata da un'emozione sconosciuta. Per rispondere dovetti pensarci un po' su, non riuscivo a individuare il momento preciso in cui era scattato quel dubbio.
«No. Credo sia comparsa da quando sono qui, lontana dalla mia vecchia realtà.»
Forse dubitare anche del mio nome era una sorta di reazione alle nuove abitudine che stavo pian piano cominciando ad accettare, dopotutto esser trascinata via dal controllo di Alpha mi aveva aperto un mondo totalmente diverso.
«Da quanto sei tra gli Avengers?»
«Una ventina di giorni.»
Tutte le mie precedenti convinzioni erano crollate in sole tre settimane? Avevo superato la fase in cui mi consideravo una pazza traditrice della mia organizzazione ed ero giunta alla conclusione che credere in ideali un po' più pacifici non era poi così sbagliato. Rimaneva comunque una forte incertezza, ma almeno cominciavo a non sentire più la mancanza del mio lavoro.
«Ci sono stati altri cambiamenti?»
«Ho provato dei veri sensi di colpa per tutte le persone che ho ucciso: prima sembrava che la maggior parte delle mie emozioni fossero trattenute da qualcosa e credo che questo qualcosa fosse un incantesimo di Alpha. Mi sono poi resa conto che in determinate situazioni provo un forte senso di risentimento e malinconia, specialmente quando vedo gli altri Avengers ridere e scherzare tra di loro. Ah, sono anche riuscita a ricordare mio padre!»
La dottoressa scrisse ancora sul suo taccuino e, osservandola, mi resi conto che le avevo concesso tutta la mia fiducia in poco più di dieci minuti... sembrava così facile affidare a lei ogni mio dubbio e pensiero!
Dovette schiarirsi la voce due volte prima di formulare la successiva domanda.
«Diresti d'aver fatto progressi da quando sei qui?»
«Senza dubbio, anche se la strada da fare è ancora molto lunga» dovetti ammettere, forse un po' dispiaciuta.
«Ora vorrei sapere un po' del tuo passato» disse lei, osservando i vecchi selfie che avevo appeso alle bacheche di sughero. «Ad esempio, chi sono loro?»
Spostai lo sguardo sulle immagini e sorrisi mentre i ricordi dei momenti sereni passati insieme mi accarezzavano la mente: non sentivo più la loro cocente mancanza come i primi giorni, ora riuscivo a pensarli quasi senza alcun problema.
Mi sentivo stupida però, perché nonostante avessi la possibilità di crearmi una nuova vita continuavo a rimanere ancorata al passato, all'abbozzo di famiglia che mi ero costruita attorno.
«Si chiamano Flamme, Spettro e Fort e sono gli unici amici che sono riuscita a farmi negli ultimi due anni» borbottai, abbassando lo sguardo sulle mie mani. Non è che mi sentissi in imbarazzo nel confessare la mia pressante solitudine, ma non riuscivo a reggere lo sguardo così addolorato della dottoressa Gill. Sembrava che provasse davvero dolore per me e ciò mi faceva male, perché nessuno si meritava di sopportare il peso del mio passato. «Non credo di essere pronta a dirle tutto, mi scusi.»
«Non preoccuparti, è più che comprensibile ciò. Anzi, mi hai concesso molta più fiducia di quanto mi aspettassi e ne sono molto contenta» mi tranquillizzò lei, chiudendo il blocco degli appunti e poggiandolo sulla scrivania. Vidi il suo sguardo soffermarsi per un istante sul quaderno in cui scrivevo tutti i miei pensieri e mi chiesi se, durante le mie assenze, qualcuno lo avesse mai letto... Tony ci aveva già ficcato il naso e non mi avrebbe stupito un secondo tentativo.
«Possiamo fare un'altra cosa, se te la senti» riprese a parlare mentre frugava nella sua borsa. Vi estrasse un paio di fogli spiegazzati e prima di porgermeli provò a sistemarli alla bell'e meglio.
Diedi una letta veloce alla lista pressoché infinita di nomi femminili e solo poi alzai lo sguardo sulla donna: la trovai a scrutarmi attenta, un cipiglio curioso in viso e le labbra tirate in una linea sottile.
«Cosa dovrei fare?» domandai, incuriosita. Non riuscivo proprio a pensare ad un valido motivo per darmi quella lista.
«Scegliere quelli che più ti ispirano e magari trovare il nome giusto per te.»
La guardai con tanto d'occhi e lei in risposta abbozzò un sorriso, indicando con un cenno della testa ciò che stringevo tra le mani. Annuii con fermezza e mi concentrai sulla lista, questo compito sarei riuscita a portarlo a termine facilmente!
I nomi erano in ordine sparso e scritti a mano con una calligrafia che mi stuzzicò appena la memoria: avevo la strana sensazione di averla già vista, quella scrittura tutta curve e fronzoli.
Sophie, Grace e Anne non mi ispiravano proprio, li trovavo troppo comuni. Mi focalizzai su Victoria, Tatiana, Zahira e Louise e vi rimasi un po', indecisa se scartarli o meno: nessuno di loro mi aveva colpita particolarmente, ma mi sentivo quasi in colpa a escluderli.
«Posso avere una penna?»
La ottenni immediatamente, quasi la psicologa stesse aspettando quella richiesta, e segnai una piccola spunta accanto ai nomi Rheanna, Imogen e Beatrix. Proseguii la lettura dell'elenco, continuando a eliminare nominativi uno dopo l'altro, sembrava non riuscissi a trovare quello giusto per me.
«Se non ti ispirano puoi scriverne tu» mi suggerì Rachel, porgendosi in avanti con il busto.
Arrivai alla terza e ultima facciata e subito mi balzarono all'occhio due nomi piuttosto simili, Millicent e Melisande, e li segnai immediatamente.
L'ultimo trovato mi ispirava parecchio, lo sentivo come fosse mio ed era una sensazione strana visto che ero abituata a sentirmi chiamare Ombra 12 o Hecate.
«Melisande»conclusi, sottolineandolo un paio di volte. «Credo che il nome giusto sia Melisande.»
La dottoressa accennò un sorriso non troppo convinto che mi fece quasi dubitare della mia scelta, ma poi mi dissi che lei non poteva saperne nulla visto che quasi non mi conosceva.
«Noto con piacere che hai le idee piuttosto chiare» disse lei, dopo esser tornata seria. Riprese il suo taccuino e vi scrisse velocemente qualcosa. «Devo dire che la tua situazione mi era parsa molto più difficile prima di incontrarti, invece vedo che hai molta voglia di trovare la tua strada.»
«Almeno quella c'è!»
Non avevo una vera e propria ragione per cui abbandonare la mia vita da assassina, ma mi sarei accontentata della possibilità di vivere libera, senza l'opprimente controllo di altre persone.
Era sempre meglio di niente, no?
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Ombre alla deriva »Bucky Barnes
FanficErano passati quasi due anni da quando Hecate era stata arruolata nel MOS, un'organizzazione criminale segreta, e aveva perso ogni ricordo del suo passato. Bastarono soltanto un paio di mesi per abituarsi a quella nuova vita fatta di armi, esperimen...