Capitolo 1: Acquisto

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Il Superiore calvo sogghignò mentre si chinava su di me per baciarmi di nuovo. Voltai la testa e gli spinsi il petto. Lui sollevò la mano per schiaffeggiarmi prima che la porta si aprisse. Strizzai gli occhi quando si spostò permettendo alla luce di entrare nella stanza. Sollevai la mano per proteggermi gli occhi. Del resto era raro che noi schiave riuscissimo a vedere la luce del giorno, o qualsiasi altro tipo di luce.

"Basta così!" Gridò l'altro Superiore quando vide che l'uomo stava per colpirmi di nuovo.

Lui rispose con un ghigno. "È una piantagrane e ha bisogno di una lezione!"

"Non oggi," rispose lui. "Oggi è l'Offerta. Oggi è il turno del suo blocco celle. Se le rovini la faccia potrebbe non essere venduta."

"Bene. Una scusa per maltrattarla ancora di più."

Si girò verso di me e mi sbatté al muro tenendomi per la gola. Gli tossii sul muso. Lui sogghignò finché non gli sputai in faccia. Ah. Prendi questo.

Mi lasciò andare e caddi sul sedere, graffiandomi la schiena contro la parete di cemento. Sibilai mentre mi massaggiavo il punto dolorante. L'altro Superiore lo afferrò velocemente per il polso, impedendogli di darmi un pugno in faccia.

"Ho detto basta!" Guardò l'uomo con rabbia. Lo spinse via e mi fece alzare in piedi. "Prega che oggi ti comprino o finirai con più di un occhio nero, come l'ultima volta." Il suo tono era cattivo e le sue parole una promessa.

Anche se questo Superiore non mi aveva mai aggredita fisicamente, lo aveva fatto a parole. Lo avevo sperimentato di persona. Mi buttò nelle docce per farmene fare una veloce. Dato che non avevamo alcuna privacy, avevo imparato a farla in 30 secondi. Con una mano massaggiai lo shampoo nei capelli e con l'altra passai il sapone sul corpo e sulla faccia. Mi risciacquai e poi uscii.

Mi lanciò una canottiera pulita e un paio di mutandine bianche. Indossai tutto e poi mi asciugai i capelli con l'asciugamano finché ne ebbi la possibilità. L'asciugamano mi cadde dalle mani quando mi trascinò via, un braccio sotto la mia ascella. Mi buttò in una stanza con altre sei ragazze. Le tre più basse stavano davanti mentre quelle più alte dietro, di fianco a me.

Non ero bassa, ma nemmeno alta. Potevo dire di essere alta all'incirca un metro e sessanta, o forse sessantacinque. Non saprei. Non ero magra ma neanche lontanamente grassa. Avevo delle curve sui fianchi per cui i Superiori continuavano ad ulularmi dietro. Odiavo le mie curve. Le ragazze secche non attiravano mai la loro attenzione. Avrei voluto avere un corpo come il loro.

Mi voltai verso il vetro a specchio dietro cui di solito stava il fondatore di questa casa di schiavi, insieme ai pervertiti che potevano essere dei potenziali clienti. Mi resi conto che stavo cercando di non tremare. Di tanto in tanto, questo posto mostruoso riusciva ancora a rendermi nervosa. Non potevi sapere se qualcuno era in agguato dietro l'angolo, pronto ad accoltellarti, o se un Superiore si sarebbe intrufolato di notte nella tua stanza per violentarti di fronte alle tue compagne di stanza. Avevo visto accadere sia l'una che l'altra cosa.

Una volta io e un'altra ragazza eravamo saltate sulla schiena di un Superiore per impedirgli di violentare un'altra ragazza. Ricevetti una severa punizione quando pugnalai il Superiore con una penna che avevo rubato dall'ufficio. Lo colpii dritto nella scapola. Ma ero sicura di non essere stata io ad ucciderlo. Era morto perché era stato intossicato dall'inchiostro della penna con cui l'avevo pugnalato. La mia coscienza era pulita.

Forse era questo che mi spaventava.

Una voce dall'interfono ci disse di voltarci tutte a sinistra. Obbedimmo. Poi ci disse di voltarci a destra. Obbedimmo ancora. Poi di alzare lo sguardo. Esitai, ma sollevai gli occhi per guardare dritto nello specchio. Non sorrisi come le altre ragazze. Guardai e basta, sovrappensiero.

ɴᴇʟ ʙᴇɴᴇ ᴇ ɴᴇʟ ᴍᴀʟᴇ || ᴍ.ʏᴏᴏɴɢɪ [ᴛʀᴀᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora