Capitolo 10 - Conseguenze

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La pioggia continuava a scendere copiosa mentre Ren si trovava immobile per strada, incurante di quanto si stesse bagnando. Rimase fermo qualche secondo per capire quale direzione prendere: Melany correva provenendo dalla sua destra e subito si voltò per ripercorrere i suoi passi a ritroso. Dopo pochi metri arrivò di fronte a un vicoletto, apparentemente vuoto e silenzioso. Si inoltrò all'interno alla ricerca di qualche segno di vita, con il timore che l'aguzzino fosse fuggito prima del suo arrivo. Quando iniziò a credere di aver sbagliato strada, sentì un flebile lamento di dolore. Strizzò gli occhi fissando un punto reso buio dal lampione fulminato notando l'ombra di un uomo; muovendo qualche passo verso di lui l'immagine si fece più nitida, mostrando un individuo sulla quarantina, seduto a terra, mentre si reggeva la testa con una mano.

«Maledizione... Ehi, ragazzo! Dammi una mano» sbraitò l'uomo, quando lo vide, cercando inutilmente di alzarsi.

Ren inspirò pesantemente e lo ignorò. Si guardò intorno alla ricerca degli effetti personali di Melany e, scorgendo qualcosa poco più avanti, camminò in quella direzione. Per terra, zuppi di pioggia, c'erano due zaini; prima di prenderli, estrasse il suo cellulare dalla tasca inoltrando una chiamata su quello di Melany e quando la sacca più grande si mise a suonare la raccolse, aprendola.

«Questi... sono di Melany» sussurrò trovando il suo smartphone nella tasca superiore. Un freddo sorriso si aprì sul suo viso. Aveva fatto in tempo. Era arrivato prima dell'ambulanza, prima che lui potesse scappare e si sentì soddisfatto. Tuttavia, cosa fare? Doveva seguire i suoi bassi istinti o...? La tentazione era forte.

«Andiamo, ragazzo. Cos'è? Non ti hanno insegnato l'educazione? Aiutami!» incalzò Alex, il quale faceva fatica a rimanere in piedi a causa dei forti giramenti di testa.

Ren strinse i pugni cercando di contenere il suo desiderio di distruggere quell'uomo, gesto che fece diventare le sue nocche bianche. Aveva appena riflettuto sul fatto che Melany lo stava aspettando e non voleva perdere altro tempo con quell'essere. Le aveva detto che non l'avrebbe lasciata sola, e invece erano già passati più di dieci minuti. In lontananza il suono dell'ambulanza lo destò dai suoi oscuri pensieri. L'avrebbero preso, Melany avrebbe potuto denunciarlo e forse lo Stato avrebbe fatto il suo lavoro, rinchiudendolo in gattabuia. Controvoglia tornò indietro per uscire dal vicolo, ma avrebbe atteso l'arrivo dell'ambulanza per assicurarsi che l'uomo non sgattaiolasse via.

«Ehi! Ma ci senti?! E dove porti la mia roba?» inveì Alex contro il ragazzo, avvicinandosi barcollante per afferrare le sacche che stringeva in mano.

«Tuoi? Questi non sono tuoi, sono di Melany» rispose Ren con disprezzo, tirando con forza gli zaini verso di sé cosicché l'uomo perdesse la presa su di essi.

«Cosa? Conosci quella sciacquetta? Guarda cosa mi ha fatto! Stupida puttanella» gridò rabbioso Alex, indicando la ferita alla testa, e perdendo bava dalla bocca con quanta veemenza aveva urlato.

Ren ci aveva provato, aveva fatto del suo meglio per opporsi al suo istinto, ma quel prurito alle mani si era fatto insopportabile e, quando sentì come l'uomo aveva osato definire Melany, non riuscì più a resistergli.

Buttò a terra gli zaini e sferrò un pugno ad Alex in pieno volto a cui ne susseguirono molti altri, carichi di rabbia e disprezzo. L'uomo tentò di difendersi, portando le braccia sul viso, ma presto dovette soccombere alla furia del ragazzo che non accennava a fermarsi. Ren era come allucinato: rivedeva nella sua mente lo sguardo terrorizzato di Melany, le sue mani insanguinate e i suoi vestiti stropicciati. Voleva massacrarlo di botte. Fargli provare anche solo un minimo del dolore e dell'impotenza che aveva vissuto la ragazza. Dio solo sa cosa le sarebbe successo se non avesse trovato la forza di colpirlo.

Voleva ucciderlo.

Solo il suono e le luci dell'ambulanza molto vicine costrinsero il giovane a fermarsi. Si passò il dorso della mano sotto il naso, per raccogliere le gocce di pioggia che colavano sul suo viso, e guardò quello scarto di società per qualche secondo, con il volto martoriato dai segni del suo odio e grondante di sangue, poi prese gli zaini e tornò a casa prima che qualcuno potesse vederlo.

Come una farfalla [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora