1. Non sei mai solo

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1977

"Sento di essere precipitato nella trappola più mortale di tutte. È giusto considerare la vita una trappola mortale, Will?"
William beveva il suo drink guardando le giovani donne al bancone, non ascoltava e sognava senza vergogna ciò che non avrebbe mai stretto tra le mani. Sarà stato per la droga? o per i suoi occhiali troppo piccoli? Da roditore. Era il suo sorriso trasparente comprensibile da chiunque? O la voce insensibile che accompagnava ogni sua sillaba? Fanculo, a William non importava quel che non andasse in lui. Ciò che lo caratterizzava si poteva definire personificazione. William era il vento. Il ragazzetto che strava di fronte a lui era uno conosciuto per sbaglio. Una palla al piede che lo faceva sentire il genio più incompreso della storia. Offriva sempre da bere, ma in cambio chiedeva parole che lo stesso William non sapeva pronunciare. Faceva domande di ogni genere e lunghezza, domande infantili o riguardo la situazione politica che aveva sentito borbottare dal babbo con la bocca piena di purè di patate e rape rosse. Domande sul sesso e su come ci si sentisse dopo essersi fumati una canna straboccante di Marijuana, su dove fossero finiti i suoi amici dell'università e se inviasse loro qualche lettera di tanto in tanto. William avrebbe voluto alzarsi e andarsene senza dire una parola, ma quel ragazzino era l'unico in grado di fargli accettare il fatto di essere ancora vivo e in ottima salute, nonostante tutte le sostanze ingerite ed iniettatesi nel corpo negli anni passati.

Come ogni volta, William non sapeva cosa rispondere. Sentiva un gran vuoto risucchia pensieri dove si trovava la dimora del suo geniale cervello, lo avvolse una voglia matta di sbattere la testa contro il tavolo aspettando che essa si rompesse in due come un uovo, spargendo lungo la superficie di legno liquidi appiccicosi e rivoltanti. Pregò quel ragazzo di smetterla con le domande, di lasciarlo pensare in santa pace e di dargli qualche giorno, mese o anno di tregua da tutti i suoi dubbi esistenziali, ma lui sembrava non sentirlo, sembrava insaziabile. Si nutriva della conoscenza altrui e William finiva per chiedersi spesso perché non se la costruisse da solo leggendo o andando a scuola, ma soprattutto si chiedeva perché passasse del tempo con lui nonostante non lo sopportasse più. Forse era la solitudine, forse gli mancavano davvero troppo i suoi amici e forse avrebbe dovuto prendere il telefono e farsi vivo anche se si sentiva morto, proprio morto nel momento in cui il ragazzino uscì dal bar lasciandolo lì a pensare. Finalmente in pace.

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