48. Elementare

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Ci sono episodi della mia infanzia difficili da dimenticare; solo solita a ricordare solo quelli brutti, quelli che hanno segnato e cambiato la mia vita.
Per cominciare; ricordo quando, alle elementari, mi lamentavo con mia madre del fatto che mi trattassero male e mi prendessero in giro. Lei mi diceva di essere esagerata, ma mi capita ogni tanto di vedere i miei vecchi compagni in giro per il piccolo paese dove abito, e uno in particolare, forse nessuno lo sa, mi fa ancora tremare le gambe. Il fatto è che mi hanno resa - lui e un altro paio di persone - talmente vulnerabile e insicura che ho il terrore possano umiliarmi proprio come si divertivano a fare quando ero piccola, senza lasciarmi un minimo di dignità in corpo.
Ero sbagliata, non facevo nulla di buono, quando leggevo sembrava stessi piangendo e ora faccio ancora fatica a leggere ad alta voce in classe, la gola e la lingua mi si seccano all'istante e ho timore di essere giudicata da chiunque.
Una volta mi fecero cadere sugli scalini dell'entrata e mi venne un grosso e violaceo ematoma sulla coscia, ma non fecero niente; un'altra volta mi aprirono la porta del bagno; c'era una mia compagna di classe che mi tirava forti calci sugli stinchi, così, per divertimento.
Ed ero troppo grassa, brutta, stupida, illusa, sfigata. Non andavo alle gite di due giorni perché i miei non volevano mandarmici e forse fu meglio così.
Le maestre non fecero mai nulla e dovrei odiarle almeno un po' per questo, ma non ci riesco, in fondo il loro lavoro non era proteggermi.
L'ultimo anno fu il peggiore; avrei dovuto starmene zitta e lasciare che parlassero, ma col passare del tempo avevo imparato a rispondere indietro e venni anche punita a causa di ciò.
Passai le ultime settimane di scuola in biblioteca con le bidelle, a piangere, perché con loro non ci volevo proprio stare, e invece ero obbligata, così, ogni qualvolta potessi allontanarmi, lo facevo senza pensarci due volte.
Non potevo mangiare o avrebbero detto che lo stavo facendo con la bocca aperta, non potevo parlare o avrebbero commentato, non potevo respirare. Avevo sempre i loro occhi puntati su di me e questo, crescendo, ha influenzato molto il modo in cui volevo essere vista, o meglio, non vista dalle persone.
Ero felice quando la scuola finì, ma non potevo scappare dalle loro risate, dai loro commenti, dal loro giudizio. Alle medie erano lì, fortunatamente non nella mia stessa classe, ma mi sentivo come se fossi costantemente perseguitata dai loro pensieri cattivi nei miei confronti.
Li avrei rivisti anche a catechismo fino alla cresima, e lì era la stessa storia; meno facevo e meglio era.
L'ultima conversazione con "quello che mi fa tremare le gambe" me la ricordo ancora. Mi disse: "ma sei ancora viva?" Accidenti, magari mi fossi ammazzata; ci ho pensato parecchie volte, e non perché fosse più semplice così, ma solo perché ero allo stremo delle mie forze, non ne avevo davvero più.
Mi hanno portato ad essere bulimica per un certo periodo e lo spazzolino mi fa ancora uno strano effetto, mi hanno portato a desiderare di non esistere, mi hanno rovinato ogni possibile ricordo piacevole.
Nessuno mi ha mai difesa; l'ho sempre dovuto fare da sola, con le mie parole e le mie mani e anche i pochi interventi esterni non servirono a niente (grazie nonna).
Una volta mi tirarono un grosso sasso contro e fortunatamente (o sfortunatamente) non mi presero, ma ero talmente arrabbiata e stufa che lo lanciai a mia volta non facendo male a nessuno. Punirono me.
I compagni delle medie non furono certo da meno. Mi prendevano in giro alle spalle, cosa che scoprì, fare ancor più male. Si fingevano brave persone e invece non lo erano, con nessuno.
Fui una delle prime, in classe mia, ad iniziare a fumare, ma non lo sapevo fare davvero, infatti iniziai ad aspirare in modo corretto quasi due anni fa.
Nonostante tutto, comunque, sono sempre stata una persona sorridente, che cerca di fare amicizia, che non vuole stare sola. Anche se tutto andava male, sia a scuola che a casa, mi sono sempre ritenuta una persona forte e fortunata soprattutto.
Non so da quando il rapporto con mio padre sia andato peggiorando, ma so che ero piccola e che le cose sono rimaste come ad allora;
litigavamo, litighiamo,
Ci ignoravamo, ci ignoriamo.
Come dico spesso, sono invisibile per lui, da sempre.
Ho scoperto di recente che, al tempo delle elementari, mia madre mi aveva proposto di cambiare scuola e io avevo risposto di no.
Doveva farlo lo stesso, doveva obbligarmi a farlo, dovevo andarmene da lì, ero troppo piccola per capire che quegli avvenimenti non erano da prendere sotto gamba.
E ora invece devo andarmene da casa mia, perché mi sembra di essere ancora quella bambina bullizzata dai compagni; mio padre.
Ma questa è un'altra storia...

Ero indecisa se pubblicare questo capitolo oppure no, perché sento di essermi esposta parecchio, ma rileggendolo la mia idea si è un po' alleggerita. L'ho modificato leggermente dall'ultima volta che l'ho letto e ho aggiunto qualcosa, comunque non è nulla di che, niente di importante. Stasera sono a casa da sola tutto il tempo e mi annoierò molto...

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