33. Ripeterò molte volte "tristezza"

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Faccio fatica a esternare la tristezza. Spiegarmi non sarà semplice e nemmeno pensarci lo sarà, ma mi è stato richiesto ed io ne scriverò qualcosa a riguardo.
Quando sono triste tendo a chiudermi in me stessa, a non parlarne troppo approfonditamente con nessuno, nonostante sia abituata a parlare molto con mia madre perché lei ci tiene a sapere che cosa senta. Quando sono parecchio triste tendo a mettermi le cuffiette nelle orecchie e a pensare in generale, a qualsiasi cosa; al modo di non sentirmi così, al perché io stia così, a maledire le persone che mi mettono in questa situazione. Tendo a piangere, invece, quando la mia tristezza va oltre quel normale sentore di malinconia e grigiore interiore. Piango in solitudine, a volte con della musica di sottofondo, perché credo che questo possa aiutarmi a buttare fuori ogni pensiero malato dentro la mia testa. La maggior parte delle volte non funziona, non mi sento meglio, solo vuota. Se prima di piangere ho gli occhi che son pronti ad esplodere, dopo aver pianto non mi rimane niente da fare, non avverto nemmeno nessun tipo di sollievo o soddisfazione. Molti dicono che piangere serva e che non si debba aver paura di farlo, di farsi vedere deboli dagli altri o da sé stessi, ma sono dell'opinione che, se una persona ha davvero bisogno di piangere, lo fa senza preoccuparsi di questo genere di cose.
La mia tristezza ha anche un lato positivo perché, attraverso essa, riesco a pensare di più, ho lo stimolo di scrivere e di sfogarmi a parole, non oralmente, solo con carta e penna o sugli appunti del telefono. Il malessere di questa emozione rende la mia mente più lucida, più aperta, come se non importasse niente e nessuno. È qualcosa che riguarda me e non il mondo esterno, così, qualsiasi cosa io scriva, che sia cattiva, esageratamente rude o malsana andrà comunque bene. La tengo per me e la uso a mio favore.
Esistono, per quanto mi riguarda, diverse categorie di tristezza; quella leggera, breve e quasi impercettibile, quella pesante, opprimente e continua, quasi come una depressione vera e propria e quella che viene provocata da un lutto che io ho deciso di separare da tutte le altre, perché la considero una tristezza particolare e non confrontabile con nessun'altra. Probabilmente ne esisteranno anche altre, ma sto generalizzando un po' in modo da non dilungarmi troppo; alla fine si tratta di un'emozione che cambia da persona a persona come tutte le altre. Le reazioni da essa provocate sono tutte diverse, magari somiglianti in alcuni casi, ma pur sempre differenti e non paragonabili. Quando ci si trova in quel momento in cui ci viene detto: "ti capisco" è solo una comprensione parziale, limitata. Con questo potrei sembrare tragica e drammatica, come mio solito, ma non c'è davvero nessuno che capisca appieno quel che stai provando in quell'istante. La situazione cambia leggermente quando si parla della tristezza provocata da un lutto, non contando la persona che è venuta a mancare e il bene che si è provato per quest'ultima, ma il dolore e la tristezza in questo caso si possono comprendere quasi completamente.
Il fatto che io abbia scelto la tristezza può sembrare banale e scontato perché è una delle emozioni più comuni e la prima che ci viene in mente, ma penso sia una delle sensazioni più complessa da spiegare e, nel mio caso, da esternare. Ciò che provo quando sono triste non è facile da raccontare; lo sente lo stomaco, le palpebre pesanti come macigni, tutto il corpo viene sottoposto ad una sorta di tortura nella quale delle corde legate alle caviglie e ai polsi ti tirano senza sosta, cercano di spezzarti in mille pezzi. Non è piacevole, ma al contempo ti apre le porte ad un mondo nuovo, colmo di versioni pazze e oscure della vita.
Con questo voglio anche dire che provare tristezza è necessario a noi uomini, non dobbiamo nasconderci da lei o cercare di sfuggirle dato che è impossibile. Tutti noi, almeno una volta nella vita, saremo tristi e quando accadrà ciò ci aiuterà a crescere e a superare ogni ostacolo. Non si è veramente forti se non si è mai tristi, e nemmeno se non lo si mostra in nessuna circostanza, si è forti quando si va avanti nonostante tutto, nonostante le delusioni e il dolore e, appunto, la tristezza.

Ho deciso di scrivere in un capitolo di Dialoghi un tema che avevo da fare per la scuola riguardo un'emozione che non riusciamo ad esprimere a parole e nemmeno ad esternare. Questo è il mediocre risultato, niente di che. Forse potevo fare meglio, ma è stato tutto molto spontaneo e lo preferisco così.

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