Capitolo 26

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Controlliamo sotto il letto, nella libreria, dietro i suoi quadri, nell'armadio, nella scrivania, persino in bagno... Niente.

Zach si siede sul letto -Ci sfugge qualcosa. So che c'è qualcos'altro, ma cosa...

Si guarda intorno nella stanza e si sofferma sul quadro dei due amanti sulla spiaggia ancora poggiato sul cavalletto.

Si avvicina e mi fa cenno di fare lo stesso.

-Qui. Guarda - dice indicando un punto sul lato destro della tela -Cosa ti sembra?

-Una grotta... - mi avvicino e vedo delle sfumature colorate che fuoriescono dalla massa grigia -La tua grotta.

-Si. Ma questo non ci aiuta molto. Che facciamo adesso? Se è stato veramente Carlos ad ucciderlo, voglio vedere quel farabutto dentro una fossa.

-Non posso ancora crederci. Come può un padre fare una cosa simile?

-Dobbiamo pensare a qualcosa.

-Ma cosa? Non sappiamo neanche se è stato davvero lui a ucciderlo.

-Secondo me è stato lui. Deve aver avuto qualche ragione per farlo. Anche se non capisco quale.

-La cosa migliore che possiamo fare per ora e far finta di niente, di solito queste cose si vengono a sapere. Carlos commetterà un passo falso, e se è davvero lui l'assassino, si tradirà e noi lo scopriremo. Dobbiamo controllare il suo studio, pedinarlo senza farci scoprire...

-Parli come una detective... - mi fa notare Zach con un sorrisetto che scaccia un po' la tensione che si era insinuata dentro di me.

-Ho letto qualche Giallo - dico con un'alzatina di spalle -Ma non so se quei trucchetti funzioneranno anche nella vita reale.

-Sempre meglio di niente - mi mette una mano sulla spalla -Non avrei dovuto dire quelle cose nella grotta. Assolutamente no. Mi dispiace.

-Tranquillo. Su, controlliamo il suo studio. A quest'ora stanno dormendo tutti, è il momento migliore per ispezionare.

Camminiamo fianco a fianco, senza fare rumore, fino ad una porta uguale a tutte le altre tranne che per un tastierino numerico posto a lato e una maniglia d'argento anziché dorata come quelle accanto.

-Sai la combinazione? - sussurro a Zach.

-Certo. Per chi mi hai preso? - risponde lui atteggiandosi.

Compone un numero di cinque cifre ma invece di aprirsi la porta, si sente un sonoro bip e compare la scritta "ACCESSSO NEGATO" sul piccolo schermo del tastierino.

-Merda... L'ha cambiata.

Prova altre combinazioni, ma tutte danno lo stesso risultato.

Io sobbalzo ad ogni bip e il mio cuore batte talmente forte che sono sicura si senta anche a distanza di metri.

-Forse è meglio ritornare quando sapremo la combinazione - suggerisco.

-No. So che ci posso riuscire... L'ho tenuta per ultimo sperando di sbagliarmi, ma mi sa che è proprio questa - digita una combinazione e la porta si apre leggermente -La data della morte di Isaac. Se prima c'erano dubbi, adesso direi che non ce ne sono più. Controlliamo e andiamocene. Non voglio passare troppo tempo in questo posto schifoso. Tutto quello che tocca quel viscido è veleno.

Ci guardiamo intorno. In questa stanza regna il caos. Non è molto grande e c'è solo una piccola finestra nella parete a nord. Dappertutto ci sono un mucchio di cianfrusaglie. Sulla scrivania, sulle due librerie, sui mobiletti accostati al muro...

-Non era in questo stato l'ultima volta che ci sono entrato.

-E sarebbe?

-Circa sette anni fa...

-Una notte non ci basterà per controllare tutto. Dovremo ritornare.

-Intanto vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa questa notte... Tu cerca nella scrivania, io controllo i mobili.

Ci mettiamo subito alla ricerca di qualcosa che incrimini Carlos ma l'unica cosa che trovo io dopo circa un'ora, sono solo cartacce di nessun valore.

Decido di smettere di rovistare con le mani e di aprire la mente ai possibili indizi che possono celarsi dietro un semplice oggetto che può risultare banale. Non penso che Carlos abbia nascosto qualcosa di rilevante, ma forse ha conservato qualche prova della sua colpevolezza.

Sposto lo sguardo dagli innumerevoli fogli presenti sul ripiano ai cassetti dove ho controllato e ricontrollato, ritorno alla scrivania e passo in rassegna tutti gli oggetti che ci sono. Penne, matite, fogli, un portapenne vuoto, un fermacarte, una spillatrice... Ritorno al portapenne vuoto. Lo prendo fra le mani e... bingo.

In fondo c'è una sostanza viola maleodorante. Veleno, senza dubbio. Questo contenitore ne era pieno, si vede dalle pareti che sembrano essere state bruciate.

-Zach - chiamo piano.

Lui si volta di scatto verso di me e si avvicina. Mi prende il barattolo dalle mani, lo esamina e torna a guardare me.

-Ha lo stesso odore del veleno che ho trovato nella bottiglia nella camera di Isaac. Certo. Da sadico qual'è tiene l'arma del delitto proprio sulla sua scrivania, così può vedere cosa ha fatto e rallegrarsene tutte le volte che vuole. Dio, giuro che lo ammazzo. Lo uccido - inizia ad alzare la voce.

-Fermati. Dobbiamo uscire di qui. Subito. Rimetti a posto il contenitore, e calmati. Penseremo ad un piano, ma per adesso non possiamo fare niente. Se restiamo ancora in questa stanza ci faremo ammazzare.

Fa come gli dico e ci allontaniamo in fretta dallo studio di Carlos.

Zach mi conduce nella sua stanza e lì si lascia cadere sul letto e io sulla sedia vicino alla sua scrivania.

Si mette una mano sugli occhi e resta in silenzio per un bel po', tanto che penso si sia addormento, ma quando mi volto per andarmene, lui mi chiama.

-Juliette.

-Si - mi giro di scatto verso di lui che si mette seduto.

-Non andare. Ti prego non... Non riesco a stare qui. Sapendo che lui è a pochi passi da me e ha ucciso il solo e unico fratello che abbia mai conosciuto.

Mi siedo accanto a lui e gli metto un braccio sulle possenti spalle.

-Non capisco più niente. La mia vita è un tale caos... Non c'è nulla di sicuro... È tutto così mutevole...

-Hai me. Io ti prometto che non ti lascerò affrontare tutto questo da solo. Carlos deve pagare. E insieme possiamo farcela. Possiamo distruggerlo.

-Lo voglio morto. Sei pronta a commettere un atto del genere?

-Lui ha ucciso Isaac. È un assassino e non mi importa nient'altro. Deve morire come è morto Isaac. Deve soffrire come ha sofferto lui. Non merita di vivere. Merita solo di andare all'inferno e restarci per sempre.

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