Capitolo 3

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Il ritmo delle mie giornate era sempre lo stesso.
Non che questo mi dispiacesse, sia chiaro.
Ma da qualche giorno a questa parte non vedevo l'ora di finire il turno e vedere il ragazzo del tramonto.
L'ho iniziato a chiamare così, visto che non ho ancora scoperto quale sia il suo vero nome.
Ho provato anche a chiedere informazioni a Lorenzo, ma non ne sa niente. Non l'ha mai visto e non sa neanche se alloggia al villaggio.
Ha detto che se avesse saputo qualcosa mi avrebbe fatto sapere, ma non ha più riaperto l'argomento e io nemmeno.
Non volevo dare l'impressione di pendere dalle labbra di questo ragazzo.
O forse lo facevo già?

Finalmente il mio turno è finito e posso sdraiarmi per prendere un po' di sole.
Le cuffie nelle orecchie.
La pace dei sensi.
Fino a che non sento scuotermi.
Apro gli occhi.
È Lorenzo.
"Lore ma ti sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo, stavo sentendo la musica e non ti ho sentito arrivare."
Non risponde. Si limita a sorridere. Troppo per i miei gusti.
"Non dirmi che sei ubriaco già da ora. Ma che ti prende?"

-Ho scoperto delle cose per te-

Mi alzo dal lettino:
"E cosa aspetti a dirmele?"

-Come siamo impazienti. Non sei un po' troppo vecchio per prenderti ancora le cotte, eheh?-, ride.

"Dai scemo smettila e parla"

-Va bene va bene. Comunque ho scoperto che è un cliente del villaggio, perchè mentre tornavo in stanza, l'ho visto rientrare. Camera 13 se ti può interessare.-

Gli do una gomitata.

-Ah, è qui da solo a quanto pare e viene da Roma. Oltre questo non so dirti altro-

Mi farò bastare queste informazioni e il ricordo della sua voce.

Benissimo Claudio sei tornato ad essere un dodicenne.

"Grazie Lore, meno male che ci sei tu!"

-Per gli amici questo ed altro-

Ci abbracciamo e poi mi lascia godere la mia pausa.
Come sempre, puntuale come un orologio svizzero, al tramonto Lui è qui.
La sua macchinetta appesa al collo.
Jeans che gli fasciano le gambe.
Camicia rosa a maniche corte.

È bellissimo.

Dalle azioni che compie capisco che sia abbastanza abitudinario, perchè passeggia lungo la spiaggia avanti e indietro per un paio di volte e quando il sole inizia a colorare il cielo e il mare di arancione, comincia a scattare le foto.
Non ne scatta tante, ma capisco che ognuna è pensata con una certa precisione ed è con precisione ogni singolo dettaglio.
Sa come muoversi.

Chissà se è un fotografo o è semplicemente appassionato di fotografia.

La spiaggia è deserta a quest'ora.
Come tutti i giorni d'altronde.
Vorrei tanto avvicinarmi, ma non mi va di disturbarlo mentre scatta.
Aspetto il momento giusto.
Aspetto il momento in cui si siederà sulla sabbia asciutta a guardare l'orizzonte.
So che lo farà.
E infatti dopo qualche secondo è seduto per terra.
Mi avvicino lentamente.

'Se rimani lì in piedi ti perdi tutto lo spettacolo. Siediti'

Faccio come mi dice.
Non capisco a cosa si riferisce però e lui, come leggendomi nel pensiero, continua, indicandomi un punto davanti a sè:
'Se guardi con attenzione potrai godere di come il sole piano piano sembra scomparire dentro l'acqua e di come il colore del cielo si vada lentamente a modificare, dipingendo il cielo di varie gradazioni di arancione. Lo spettacolo del mare fa sempre una certa impressione non trovi?'

Si volta verso di me e siamo occhi dentro occhi questa volta.
Sto per rispondere, quando lui, improvvisamente, si alza e si allontana da me.
Ma io mi sento come paralizzato.
Da lui, dalla sua voce calda, da quello che mi ha detto.
Non riesco a muovere nemmeno un passo.
Mi alzo, quando ormai lui è troppo lontano e urlo:
"Almeno posso sapere come ti chiami?"

Si gira appena sente pronunciare quella domanda e mi rivolge un sorriso.
'Mi chiamo Mario', urla.

A domani Mario.

Al tramonto noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora