Londra, la Capitale d'Europa.
È qui che Riley Fisher vive e lavora da quasi due anni, dopo essere cresciuta a Holmes Chapel.
È qui che una sera ritroverà l'amico d'infanzia che non vedeva da sedici anni, nel modo più inaspettato ed improvviso.
Tra s...
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I've been looking through my mirror With somebody else's eyes You broke me down You fixed my blood-stained pride
You came and saved me You saved me From myself
You saved me [Skunk Anansie]
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Harry's POV
Avevo da poco compiuto dieci anni quando avevo picchiato qualcuno per la prima volta.
Si trattava di un mio compagno di scuola, che si era divertito a prendermi in giro perché i miei genitori si erano separati; all'epoca ero io stesso troppo infantile per rendermi conto che si trattava di una provocazione degna solo di un moccioso, e la rabbia sommata allo spaesamento di un ambiente ancora troppo nuovo e troppo estraneo era stata sufficiente per farmi scagliare contro quel ragazzino e tempestarlo di pugni.
Ero stato sospeso per due giorni e quel bastardo si era beccato due punti di sutura poco più in alto del sopracciglio sinistro. Quando mia madre l'aveva saputo il suo viso era diventato una maschera di pietra; ricordavo di essere rimasto seduto su quello stesso divano per più di mezz'ora con lei accanto, che non muoveva un muscolo.
Potevo chiaramente percepire che fosse furiosa: ogni suo respiro era venato di collera, i muscoli del viso erano rigidi e le mani erano strette a pugno. Mentre aspettavo che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, sentivo il mio cuore battere all'impazzata dalla tensione, e mai prima di allora avevo desiderato che mi urlasse contro e mi insultasse piuttosto che tenermi prigioniero di quel silenzio nervoso ed opprimente.
Dopo aver concluso il resoconto dell'ultimo decennio a Londra mi sentivo più o meno allo stesso modo, anche se in quel momento lei sembrava più demolita che incazzata.
Il suo sguardo faticava quasi ad aggrapparsi agli oggetti su cui si posava, come se non ne avesse nemmeno le forze; la sua espressione sgomenta stava diventando sempre più insostenibile, tantopiù che diversi minuti dopo che avevo finito di parlare non aveva ancora aperto bocca.
Le avevo detto dei ragazzi di Brixton, di come avevo incontrato Ri due mesi prima ed anche della morte di Zayn; tuttavia non avevo avuto il coraggio di dirle di Parker. Era così sconvolta dal mio racconto che non me la sentivo di aggiungere altra carne al fuoco, ed aspettavo una sua reazione con trepidante timore.
«Io non... non so nemmeno cosa dire, Harry» ammise dopo un tempo che mi parve infinito, il tono flebile ed incerto. «Non riesco a capire come sia possibile che un ragazzo di così buona indole come te sia scappato di casa per poi trasformarsi in un criminale»
Abbassai la testa, con un'aria contrita che non avevo addosso da anni.
«Mi hai raccontato così tante cose terribili, ma ancora non mi hai detto perché l'hai fatto» mormorò, tentando di non assecondare il pianto incombente che le faceva tremare appena la voce. «Ti prego, Harry. Ho bisogno di sapere perché ho perso mio figlio per dieci anni»