Capitolo 7

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L'occasione mi si presentò di fronte chiara e lampante una mattina dell'autunno del 1997 quando venne presentato al mio chef di allora un nuovo potenziale fornitore di foie gras della zona sud occidentale della Francia compresa tra la Dordogna e la zona dei Midi Pirenei, terre dove la produzione del fegato grasso è una tradizione.

L'individuo si chiamava Serge, era una persona che già di primo acchito trasudava viscidume. Non eccessivamente alto e leggermente sovrappeso con una caratteristica voce acuta e stridula e l'alito pesante tipico di chi ha già bevuto vino di prima mattina e ha mangiato abbondante aglio la sera precedente e, soprattutto, con i capelli unti e pieni di forfora di colui che conosce la doccia solo durante le festività. Ma la cosa che in assoluto mi dava più fastidio era il suo insopportabile comportamento.

Entrò in cucina a metà mattina nel bel mezzo delle nostre preparazioni e salutò con vile servilismo, in quanto persona che gli avrebbe permesso di far entrare il suo prodotto in una delle migliori cucine di Francia, il nostro chef mentre ignorò del tutto noi che evidentemente ai suoi occhi risultavamo essere la vile manovalanza.

Il mio chef cercò subito di presentarmi e di coinvolgermi in qualità di suo secondo di cucina ma le attenzioni di Serge rimasero concentrate sull'uomo del comando e quindi non solo mi saluto con un sorriso tanto falso quanto veloce ma a ogni mia domanda sul prodotto e sulla sua produzione faceva chiaramente finta di non sentire cambiando velocemente discorso e continuando a lisciare il pelo a colui che reputava essere l'obiettivo primario.

Comunque sia riuscii a essere inserito nel giro di visita dell'azienda agricola dove venivano allevate le oche e le anatre organizzato ad hoc per lo chef e i suoi fedelissimi.

La mattina del giorno di riposo lo chef, il maitre di sala e io partimmo in direzione Saint Marcel du Perigord, piccolissimo centro di circa 167 abitanti famoso unicamente per la produzione del fegato grasso, con l'intenzione non solo di effettuare la visita all'azienda ma anche per rilassarci dal lavoro mangiando e bevendo bene. Anche perché da lì a poco sarebbe cominciato il periodo natalizio con un notevole incremento della massa di lavoro, di conseguenza una piccola giornata di divagazione non ci avrebbe fatto male.

Arrivati alla fattoria ci venne subito incontro Serge con i suoi soliti salamelecchi unicamente indirizzati al nostro chef mentre a noi fu concesso solo di accodarci e di seguire in religioso silenzio ascoltando tutta quella mole invereconda e fastidiosa di frasi ricche di un'enfasi esageratamente grave uscire da quella bocca flatulente.

Serge era tutto un grondare di frasi autocelebrative su come loro fossero i migliori, su come fosse efficiente la loro rete di trasporti che raggiungeva ogni paese in Europa e su come fosse all'avanguardia la loro struttura appena rinnovata. Ma il culmine lo raggiunse quando cominciò ad affermare con vanto che il trattamento che loro riservavano alle bestie era unico, quasi amichevole e che praticamente le oche e le anatre da loro non soffrivano.

Ora sappiamo che i cuochi in generale non hanno molte remore nel lavorare carcasse di animali eviscerandoli e smembrandoli, in particolare sappiamo che io ho una particolare predilezione in dette pratiche ma questo non toglie il fatto che una serie di menzogne dette così male portino offesa a queste povere bestie che subiscono vere torture per tutto l'arco della loro esistenza.

Proprio mentre eravamo arrivati davanti alle gabbie dove senza alcuna possibilità di movimento l'animale stazionava fermo aspettando il prossimo pasto forzato, Serge riprese la sua insopportabile predica su come l'animale in definitiva vivesse bene e a suo agio in questo luogo lindo e totalmente rinnovato. Come se lo stare in un luogo pulito possa interessare minimamente a un animale che abitualmente è selvatico. A questo punto cominciò a crescere in me quella incontrollabile sensazione di caldo che dal centro del torace sale e arriva fino alla testa, con il battito del cuore che prende ad accelerare all'impazzata e le parole escono dalla bocca senza nemmeno pensare e senza alcuna possibilità di poterle fermare.

Interruppi Serge con fare perentorio e veloce in modo da non potergli dare possibilità di replica ma comunque mantenendo una imperturbabile calma per non dare l'impressione di volerlo attaccare così spudoratamente.

"Mi scusi ma questo suo continuare a cercare di convincerci che le bestie in queste gabbie non stiano soffrendo è paradossale e puerile. È chiaro che un animale che per sua natura è abituato a vivere in libertà non potrà mai sentirsi a proprio agio in una gabbia di poco più di un metro quadrato. Inoltre è chiara la sua sofferenza e lo dimostra il fatto che non appena ci ha visti, e in particolare ha visto lei, ha cominciato ad agitarsi freneticamente. Per quanto gli era possibile ovviamente. L'animale sa che tra poco lei o un suo aguzzino verrete a ingozzarlo con uno degli innumerevoli pasti forzati che gli propinate giornalmente. Non è che dicendo queste falsità lei penserà veramente che noi ci berremo la storia dell'animale felice nella piccola azienda artigianale del sud-ovest della Francia e che quindi saremo più propensi ad acquistare il suo prodotto?"

Al ché lui mi rispose estremamente seccato perché un ragazzino con uno spiccato accento italiano lo aveva toccato sul vivo.

"Mio caro ragazzo non capisco proprio questo tuo atteggiamento. Sapevi benissimo che tipo di azienda eravamo e cosa produciamo. Quindi non venirmi a fare la mo..."

Lo interruppi prima che potesse completare la parola "morale".

"No guardi non mi fraintenda, non sono venuto a fare il finto moralista, conosco benissimo il tipo di prodotto che producete. Conosco anche molto bene il metodo di allevamento che serve per rendere il fegato così ingrossato da renderlo inadatto alle sue funzioni naturali. So anche che se non si trattasse di anatre e oche allevate appositamente con questo scopo ma si trattasse di qualsiasi altra specie animale ne sarebbe vietata la vendita del fegato perché derivante da animale malato. Sono conscio di tutto ciò e non voglio nemmeno fare commenti sull'alimentazione forzata che spesso crea lacerazioni all'esofago le quali in molti casi portano alla morte dell'animale, o al fatto che la bestia debba vivere il più possibile fermo in gabbia sia perché così il fegato si ingrossa più velocemente e sia perché ormai non riesce più a camminare a causa della patologia troppo avanzata che porta a limitarne i movimenti. Non ci venga però a raccontare ora di quanto siete bravi perché rispetto al passato adesso in questa sua bellissima e modernissima azienda non gli inchiodate più le zampe. Sono consapevole di tutto ciò ma adoro così tanto questo alimento che la cosa non mi interessa. Il mio atteggiamento in verità è rivolto proprio a lei e alle panzane che continua a raccontarci."

A questo punto dovette per forza intervenire il mio chef per evitarmi una brutta fine. Stavo seriamente rischiato di essere linciato e scaraventato nel letamaio della fattoria ma per fortuna l'intervento del mio capo riportò la calma e a me bastò stare zitto in disparte per il resto della giornata per non essere fatto a pezzi e dato da mangiare ai maiali.

La giornata si concluse tutto sommato bene senza altri imprevisti e il viaggio di ritorno fu passato interamente a ridere della mia sfrontatezza e della reazione di Serge che, rosso come il drappo di un torero, rischiò seriamente un infarto.

Ma dentro la mia testa la decisione era ormai presa,ora non mi restava altro che organizzare una nuova visita solitaria alla fattoria di Saint Marcel du Perigord per andare a prendere il mio nuovo trofeo al quale, questa volta, avrei con gioia anche strappato la lingua come sfregio alla sua capacità menzognera.

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