Capitolo 19

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Fortunatamente arriva il maître Carlo a salvarmi da questo mio tormento.

"Chef guarda che al tavolo 7 c'è un cliente che si è lamentato delle tagliatelle, dice che sono scotte."

"Cosa ha detto quell'inferme?" Il risveglio dal torpore creato da Daniela è brusco ma era quello che mi serviva infatti riprendo il mio piglio deciso. "Ora vado io a sentire quali panzane ha da dirmi."

"Vedi di essere diplomatico chef, mi raccomando." Si sincera Carlo.

"E quando mai non lo sono? Fosse per me li prenderei a bastonate tutti." Detto ciò faccio un sorriso al maître che altrimenti potrebbe capire che non sto assolutamente scherzando e mi dirigo al tavolo numero 7.

"Buona sera signori, come procede la cena? Tutto bene immagino." Esordisco io già con tono battagliero.

Il tavolo è composto da 5 persone e subito uno di loro, non l'imbecille delle tagliatelle ovviamente, mi risponde entusiasta.

"Tutto magnifico chef! Sapori equilibrati dove i deversi ingredienti si riescono a percepire distintamente senza che uno sovrasti l'altro. Per quanto mi riguarda tutto veramente ottimo."

E gli altri lo seguono a ruota elogiando il lavoro della cucina e della sala, a parte l'imbecille delle tagliatelle che tace.

"E il signore è soddisfatto delle sue tagliatelle? Vedo che non commenta." A questo punto mi rivolgo direttamente a lui.

Il mio interlocutore è un uomo alto, magro e, nonostante vada verso la sessantina, vestito come un ventenne con pantaloni attillati a vita bassa e la camicia sbottonata fino al petto, con le mani piene di anelli e braccialettini comprati presumibilmente in qualche località di villeggiatura l'estate scorsa. I lunghi capelli, abbondantemente brizzolati, nonostante una ingenerosa stempiatura sono tenuti raccolti in una piccola coda sulla nuca. Per finire un baffetto con mosca alla D'Artagnan.

"Veramente le mie tagliatelle avevano un piccolo problema... erano scotte."

"No, impossibile! Guardi che si sta sbagliando, le tagliatelle le ho assaggiate e impiattate io personalmente e le posso assicurare che erano perfette." Protesto subito con fermezza.

"Guarda che io sono di madre emiliana e ti dico che quelle tagliatelle erano cotte un pochino troppo... praticamente erano scotte." Insiste lui.

Già il fatto che mi dia del "tu" manco fossimo vecchi amici mi innervosisce parecchio, inoltre ha appena finito questa sua frase enfatizzando un accento tipicamente emiliano che non voleva essere ironico ma che è stato semplicemente la dimostrazione dell'ignoranza insita in quest'individuo.

"Le voglio allora spiegare una semplicissima cosa riguardante le tagliatelle o più in generale la pasta fresca all'uovo, caro il mio figlio di madre emiliana. Le tagliatelle in questione sono state tirate al mattarello questo pomeriggio dalla nostra abilissima pastaia dopodiché, appena lei le ha ordinate, la stessa abilissima pastaia che gestisce questa partita da oramai diversi mesi senza aver mai avuto alcun tipo di problema e senza che io dovessi mai dubitare delle sue capacità le ha buttate in acqua bollente giusto il tempo perché il nido si sciogliesse e venissero a galla. A questo punto sono state scolate e passate in padella per amalgamarsi con il condimento e per essere finite di mantecare; immediatamente dopo sono state impiattate dal sottoscritto. Perciò posso fermamente affermare con assoluta certezza che è categoricamente impossibile che fossero scotte." E per fugare ogni dubbio sul fatto che il problema non stesse nelle tagliatelle ma in lui, concludo dicendo. "Erano sottili questo sì, ma non confonda la differenza tra pasta scotta e abilità della pastaia nel fare una sfoglia uniformemente sottile. L'abilità nel fare una sfoglia sottile col mattarello è una tradizione che in Emilia viene tramandata da nonna a nipote e che ha sempre qualificato le ragazze emiliane anche quando una futura suocera doveva valutare la fidanzatina che avrebbe preso in sposo il proprio figlio." Nel silenzio più totale finisco con un rabbioso. "Spero di essere stato chiaro o figlio di madre emiliana."

Così rispondo alla supponenza delle persone ignoranti. Purtroppo quando si ha la sfortuna di trovare di fronte un ominide arrogante e ignorante come questo coglione non riesco a tener frenata la lingua.

A questo punto, nell'imbarazzo generale, me ne torno in cucina senza aggiungere altro e non appena vedo il maître Carlo lo chiamo e gli dico.

"Portagli il conto perché i signori non hanno più voglia di continuare la serata qui da noi. Ah, digli che visto che non le ha capite le tagliatelle gliele offre lo chef."

Carlo mi guarda rassegnato, so che mi vuole bene ma sono altrettanto sicuro che quando faccio così con i clienti mi vorrebbe tanto dare un calcio nel culo. Ma poi gli passa e domani ci riderà sopra insieme a tutta la brigata.

Raggiungo Stefano al pass e dallo sguardo capisco che vuole essere rassicurato su come continuare con i secondi del tavolo 7, infatti mi chiede subito.

"Allora? Faccio marciare i secondi o il signore vuole un assaggio di un altro primo?"

"Chi?" chiedo io fingendo di non aver capito.

"Come chi? Al tavolo 7 cosa diamine dobbiamo fare?"

"Ah, il tavolo 7... no guarda, il signore del 7 ti ringrazia dice che ha passato una splendida serata ma purtroppo ora deve andare via urgentemente, dice che a casa c'è la madre, che si chiama Emiliana suppongo, che lo sta aspettando per fare un briefing serale sulla pasta fresca e sulle tradizioni della cucina regionale."

"Cazzo! No dai non è possibile, li hai mandati via?"

"Non ti preoccupare Stefano, non abbiamo perso niente di importante... e poi gli altri commensali erano soddisfatti della cena."

"Si immagino. Lo erano prima della tua visita però!"

"Dai, pazienza. Portiamo a termine la serata che ho assolutamente bisogno di una birra fresca dopo il servizio. Vieni con me?"

"No, mi spiace ma sono stanco morto e domani sarà un'altra giornata di merda!" Il bello di lavorare con Stefano e che ci conosciamo e ci stimiamo da anni e la tensione passa quasi subito. "Devo andare assolutamente a dormire, non so come tu faccia."

Hai proprio ragione Stefano, caro amico mio, dovrei rilassarmi e rallentare i miei ritmi, o almeno lo vorrei fare tanto ma purtroppo ho dentro di me tutta questa rabbia che non riesco a gestire e che so sfogare solo in un modo. E poi il mondo mi sembra un posto così ostile, così nemico, in fondo mi comporto in questa maniera per proteggere quel bambino indifeso che è ancora dentro di me e che ha ancora tanto bisogno di aiuto.

Se solo il mondo fosse abitato da persone come te ci sentiremmo tutti più tranquilli.

Da persone come te e come Daniela.

"Va bene ho capito, andrò da solo." Gli dico sorridendo.

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