Capitolo 10

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Oggi dovrò recarmi in Piemonte per intervenire, in qualità di chef dell'emergente locale milanese "Castore & Polluce", alla manifestazione del "Cheese" durante la quale verrà fatta la presentazione ufficiale per gli addetti del settore di uno dei più antichi produttori di formaggio di questa regione, il quale ha deciso di ampliare la propria produzione per affacciarsi sul mercato nazionale rinunciando inevitabilmente a parte dell'artigianalità dei suoi prodotti per abbracciare dei confini sicuramente più remunerativi.

Prevedo di arrivare nella bellissima cittadina di Bra appena prima di pranzo, giusto il tempo per questa imbarazzante farsa dove andrò a proporre due piatti a base di un rarissimo formaggio di fossa locale per poi smontare tutte le mie cose e tornare di corsa a Milano per il servizio serale del ristorante.

Questo piccolo borgo storico in provincia di Cuneo viene invaso e violentato ogni due anni da un'orda ignorante di gourmet improvvisati "esperti" di vino, cibo e formaggio nella stessa misura in cui io sono esperto della vibriosi del pesce di acqua dolce. In questo scenario, miscuglio perfetto tra bellezza del posto e vanità umana dove le stradine si intrecciano lasciando spazio sullo sfondo alle verdi colline e alla bellezza del castello in lontananza e dove i profumi si mescolano tra di loro formando una sinfonia di prosciutti, formaggi, vini e prodotti regionali, si distingue immediatamente lo sciocco disturbatore che spintona, sgomita, cerca di prevaricare il prossimo superando file e infilandosi in qualunque modo per poter elemosinare un pezzo di pane con salsiccia tipica garbatamente offerta da uno degli innumerevoli standisti. E se sopravvivi a questi estemporanei esperti e hai la pazienza e la costanza di cercare, di assaggiare e di annusare si possono effettivamente trovare delle prelibatezze in mezzo alla massa di prodotti inutilmente comuni che affollano banchetti tutti uguali.

Di primissima mattina, quando fuori è ancora buio, salgo sul treno che mi porterà dalla stazione centrale di Milano a Torino per poi effettuare un cambio prendendo il regionale che finalmente mi lascerà nel comune di Bra.

La stazione ferroviaria di Milano, appena intitolata a Santa Francesca Cabrini, come tutte le stazioni delle grandi città è un posto sporco e poco sicuro. Il puzzo di urina si sprigiona da tutti gli angoli di questo luogo che, se non fosse trascurato e luridamente scrostato, sarebbe un posto incantevole, architettonicamente ben fatto in quel riconoscibilissimo stile monumentale fascista anni Venti con l'aggiunta di un po' di liberty e art déco, dove si possono trovare anche pregiate maioliche, mosaici, fontane e statue.

Non appena, in piena notte, si arriva in piazzale Duca D'Aosta il colpo d'occhio è importante. La stazione centrale ti sovrasta con la sua grossa mole bianca tutta illuminata avvolta da questo silenzio surreale rotto solo dalle urla di qualche ubriaco e da qualche macchina che passa in una via Pisani stranamente poco rumorosa per l'assenza di traffico.

Appena entri in questo enorme monumento trovi solo disperati in cerca di caldo e qualche uomo della sicurezza che annoiato cerca di far passare le lunghe ore notturne sperando che non accada nulla. Addirittura, in un angolo è stato sistemato, assicurato con una catena e un lucchetto, un pianoforte verticale "Kawai" che un senzatetto, con un evidente passato da musicista, sta suonando con le lacrime agli occhi ricordando i tempi passati incredulo della possibilità che gli è stata data nel toccare nuovamente quei tasti.

Una volta saliti al piano superiore seguendo la scalinata centrale si arriva subito sotto una imponente navata illuminata da grossi lampadari malconci richiamando chiaramente al pensiero una ambientazione da vecchia cattedrale in rovina, per poi approdare all'inizio dei binari da dove partono i treni che, passando sotto questa caratteristica tettoia di ferro arrugginito e vetri rotti, lasciano Milano. Speriamo che con l'arrivo dell'Expo facciano la solita patetica ripulita dell'ultimo minuto abbellendo quello che attualmente risulta essere un dormitorio pubblico all'interno del quale sono ovunque visibili i segni inequivocabili della permanenza di clochard che, durante la notte, usano questi posti come giaciglio trovando qui una sorta di casa dove ripararsi e dove poter incontrare persone con le quali condividere disavventure e litri di vino scadente.

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