Capitolo 16

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Alle 19.37 già una buona parte del locale si è riempita, chi inizia con un aperitivo per poi proseguire con la cena e chi attacca subito con le ordinazioni.

Alle 19.53 arrivano i coniugi Cazzaniga in alta uniforme. Lui con un impeccabile gessato blu scuro, la barba bianca sulle guance e gialla sui baffi a causa dei 2 pacchetti di bionde fumate tutti i giorni mentre lei con una pelliccia di visione che copre un vestito verde acido formato da una gonna lunga sotto al ginocchio con un leggero spacco che purtroppo valorizza un polpaccio decisamente troppo poco affusolato e una giacca scollata, in tinta, di almeno una taglia più piccola del dovuto che le consente di mettere in mostra l'abbondante seno ma che fa risaltare i rotoli di grasso adiposo sui fianchi e che, inevitabilmente, fa pericolosamente tendere le asole dei bottoni sfidando la resistenza del tessuto. A completare questa figura ridicola e volgare gli abbondanti gioielli d'oro sulle dita e un rossetto rosso acceso sulle labbra in perfetto abbinamento sia con la tinta dei capelli sia con le scarpe tacco 12 che le danno una andatura sgraziata e barcollante.

Con un sorriso falso come il colore della sua tinta la signora Vanessa Cazzaniga mi viene incontro per stringermi la mano dicendo.

"Carissimo Francesco buona sera, è pronto per farci assaggiare tutte le sue prelibatezze?"

Poi avvicinandosi e parlando sottovoce aggiunge.

"Mi ha dato un tavolo bello vero? L'ultima volta mi ha fatto sedere vicino alla finestra e si ghiacciava..."

Ecco che inizia una di quelle serate lunghe e noiose dove, sempre con il sorriso sulle labbra, bisogna a tutti i costi sorbire ogni più insulsa affermazione da parte di una persona ignorante e fastidiosa che prima si veste come una prostituta per far vedere le sue forme e poi si lamenta del freddo nonostante in sala ci sia una temperatura subtropicale.

"Ma certo signora, il vostro tavolo è pronto. Suo marito vi è già seduto e sta già importunando la cameriera."

Con una acuta e rumorosa risata la signora mi volta le spalle e si dirige al suo posto mentre io mi dirigo al mio. Non appena arrivo al pass di cucina trovo Stefano che parla con Carlo il maître e dico a entrambi.

"Facciamo partire subito il tavolo dei Cazzaniga, tu Carlo portagli subito l'acqua e il vino proposto per il banchetto e noi dalla cucina ti cominciamo a mandare fuori in sequenza gli antipasti e poi gli assaggi dei primi. Diamo precedenza a loro che, se siamo fortunati, avranno finito nel momento di maggior lavoro per la cucina con il locale pieno e così avrò una scusa valida per dedicargli poco tempo quando loro vorranno commentare i piatti. Se saremo bravi ci libereremo presto della loro insopportabile presenza."

Il maître mi fa un cenno di assenso e prima di dirigersi verso il loro tavolo precisa.

"Glaciale e chiaro come sempre chef... vado, servo il vino e torno a prendere lo stuzzichino."

La cena procede senza intoppi, esce l'amuse-bouche, escono i 2 antipasti, escono i tortelli ripieni di branzino al timo con crema di gorgonzola e tartare di gamberi rossi di Mazzara, esce il risotto con formaggio bettelmatt e coda di bue, esce la guancia di vitello cotta a bassa temperatura con purea di topinambur e petali di cipolla di Tropea all'agro. Esce infine anche la torta sbrisolona con crema al mascarpone e sorbetto alle mandorle. La degustazione si conclude con piccola pasticceria e l'immancabile "barbajada", la tipica cioccolata calda e caffè ideata da Domenico Barbaja attorno al 1811 a Milano.

Tutto perfetto. Tempistiche né troppo lunghe né troppo veloci, piatti ben fatti, gustosi e adatti al periodo invernale quando la cena dovrà essere fatta e, soprattutto, tutto in linea con la richiesta dei clienti che chiedevano delle pietanze non banali coerenti però con la cucina della tradizione italiana senza sfociare in inutili virtuosismi legati alla spettacolarizzazione del piatto fine a sé stessa.

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