Capitolo 1

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Caleb

Era finalmente arrivato il venerdì. Solo un giorno e poi avrei avuto il fine settimana pacifico che tanto amavo. Dopo essermi lavato i denti e vestito, presi la mia nuova sciarpa nera, indossandola, facendo attenzione a coprire i due lividi che avevo dall'inizio della settimana, dietro al collo, e che ancora non volevano andare via. Cercai di ignorarli. Presi lo zaino e mi chiusi la porta dell'appartamento alle spalle, scendendo le scale fino ad arrivare alla porta che dava sul retro del bar di mia madre.
-Buongiorno, biondino!-
La voce dolce della mia migliore amica mi fece sorridere.
-Buongiorno.- ricambiai, posando lo zaino su uno degli sgabelli neri davanti al bancone. Quando abbassò lo sguardo, notando la mia sciarpa, assunse un'espressione seria.
-Anche oggi?- mi chiese, guardandomi con quei suoi occhioni nocciola.
-Sono diventati marroni, tra un po' se ne andranno. Certo, se non mi prendono più per il collo...- le risposi ridendo, mentre mi sedevo.
Lei mi lanciò un'occhiataccia.
-Non dovresti riderci sopra. Anche se è la prima volta che succede non vuol dire che non sia una violenza. Dovresti...-
-Te l'ho spiegato, non ha fatto una cosa orribile tipo strangolarmi, altrimenti già l'avrei preso a calci.-
-Lo so, lo so. Gli hai dato le spalle e per farti girare ti ha posato la mano tra la nuca e il collo, me l'hai detto...-
-Non era mai successo in quattro anni, Mia, non mi ha mai neanche sfiorato per sbaglio. E poi non mi ha fatto male, ho solo la pelle troppo sensibile. L'ha capito anche lui che mi ha dato fastidio, comunque, non credo lo farà ancora.-
-Proprio perchè non ti aveva mai toccato con un dito in tutti questi anni, dovresti parlarci adesso, no?-
La osservai per un momento.
-Tanto lo sai che non lo farò mai. Che c'è da parlare?-
Fece per ribattere ma, sapendo che non sarebbe servito a niente, richiuse la bocca.
Presi il mio solito cornetto con la crema, aspettando che Mia mi preparasse un cappuccino, come se fossi un qualunque cliente di 17 anni, e non il figlio della proprietaria e il migliore amico di una delle bariste. Osservai Mia mentre mi metteva il cappuccino davanti, per poi passare subito al cliente successivo. La conoscevo dalle medie, ed era proprio lì che eravamo diventati migliori amici. Aveva capito che ero gay ancora prima di mia madre, e mi aveva accettato così com'ero ancora prima che lo facessi io. Dopo avevamo scelto due scuole superiori diverse, ma nonostante questo non avevamo mai smesso di vederci. A 15 anni aveva iniziato a lavorare al bar di mia madre, che aveva appena aperto e aveva bisogno di personale. Dato che Mia era solita passare molto tempo a casa nostra, ormai aveva tanta confidenza con mia madre quanta ne aveva con me, perciò quest'ultima conosceva tutti i problemi del padre di Mia, economici e non. Iniziò part-time, poi però per una serie di cose decise di smettere di andare a scuola, l'anno successivo, e di lavorare soltanto, anche facendo doppi turni. Io e mia madre avevamo sempre cercato di alleggerire la sua situazione e di aiutarla il più possibile in tutto, perchè se lo meritava. Si meritava il mondo, a dire il vero.
La osservai attentamente mentre puliva il bancone, e ad un tratto alzò lo sguardo, sorridendo quando incrociò il mio.
-Mi sentivo osservata in effetti...- disse ridendo.
-Che c'è? Ho qualcosa sulla faccia? - aggiunse poi.
Alzai le spalle.
-È che sei proprio bella.- dissi sorridendo.
Scoppiò a ridere.
-Che scemo che sei...-
Reagiva così ogni volta che le facevano un complimento. Non ci credeva mai davvero.
A volte mi chiedevo come facesse una ragazza speciale come lei ad essere single. Il fatto che nessuno fosse alla sua altezza, era un altro discorso. Era come una sorella per me, non l'avrei lasciata andare tra le braccia del primo che passava.
Alzai lo sguardo verso l'orologio a muro del bar, per poi alzare gli occhi al cielo.
-Che palle. Devo andare.- dissi alzandomi.
Mi osservò mentre mettevo lo zaino in spalla.
-Ti manca solo quest'anno e poi avrai finito, dai.- tentò di tirarmi su il morale, sorridendo.
Sospirai.
-Lo so...-
-Forse sarà meglio se non lo vedrai più, anche se ti mancherà. Non potrà più farti del male e potrai andare avanti.- disse, cercando di consolarmi.
Ovviamente aveva capito la causa del mio sospiro.
-Grazie, Mia. Anche se non penso sarà così facile...-
-Magari potrete sistemare le cose una volta finita la scuola, invece. Forse da soli...-
-No, Mia. Non si sistemerà mai nulla con lui. E poi non gliene frega niente di me, basta parlarne.- dissi, già stanco di pensare ad Aaron.
-Okay... Ci vediamo dopo.- mi disse, accennando un sorriso.
Fece per allontanarsi, ma poi si voltò di nuovo verso di me.
-Ah, Caleb! Mike è qua fuori con la macchina che ti aspetta, mi sono dimenticata.- disse poi.
Aggrottai le sopracciglia, come a chiederle perchè fosse di nuovo lì, pronto per portarmi a scuola. Lei scrollò le spalle. Non ne aveva idea, esattamente come me.
La salutai e, una volta uscito dal bar, mi guardai intorno, trovando subito la macchina del mio ragazzo.
-Scusa Mike, ti ho fatto aspettare tanto?- chiesi, salendo in macchina.
Appena mi vide si tolse gli occhiali da sole, mostrandomi un grande sorriso.
-No, tranquillo.-
-Buongiorno, comunque.- dissi ridendo.
-Buongiorno anche a te.- ricambiò, avvicinandosi e baciandomi.
-Mike!- esclamai, fingendomi infastidito e allontanandomi leggermente da lui, ridendo.
Ridevo perchè ero imbarazzato, e forse non proprio a mio agio, non per colpa sua, ma per colpa mia.
-Che c'è?- chiese divertito, sorridendo dolcemente, mentre mi guardava con quegli occhi scuri e profondi.
-Siamo in un luogo pubblico.- spiegai osservandolo, anche se non era per quello che non avevo voglia di baciarlo. Almeno in quel momento. Eravamo nella sua macchina, quindi in realtà avevo anche usato una scusa stupida, ma non disse niente a riguardo.
-Hai ragione, scusa.- mi rispose, invece, per poi darmi un bacio sulla guancia e allontanarsi di nuovo.
Mi sentii in colpa per averlo rifiutato in quel modo, ma quando mi mostrò il suo solito sorriso gentile e comprensivo, mi sentii meglio. Ricambiai, poi si voltò verso la strada e mise in moto.
Io e Mike stavamo insieme da due mesi, ma la nostra non era una relazione seria. Gli volevo bene, ma non ero innamorato, e sentivo che era lo stesso per lui. Ci eravamo conosciuti su un sito di incontri. Era nato tutto come un semplice gioco: una sera io e Mia, non avendo nulla da fare, avevamo pensato che scaricare un'app per incontri tra ragazzi gay fosse divertente; ci eravamo stufati pochi secondi dopo aver creato il mio profilo, con tanto di foto e descrizione, ma avevo dimenticato di disinstallare l'app. Tra i pochi ragazzi che mi avevano scritto, dall'aspetto poco rassicurante, c'era lui. Fidarmi ed andare ad un appuntamento con uno sconosciuto era stata l'unica pazzia e l'unico atto da incosciente mai fatto in vita mia, ma fortunatamente aveva portato solo a una conoscenza positiva. Lui aveva 22 anni, andava all'università e viveva da solo. Con lui avevo perso la mia verginità, un mese prima, ma non glielo avevo neanche detto, per paura che cambiasse idea. La mia prima volta sarebbe stata speciale solo con una persona, ma tanto quella persona mi detestava, quindi non era stato difficile aprire le gambe per Mike anche se non lo amavo. Ormai facevamo spesso sesso, ed era sempre dolce e gentile con me. Era la relazione di cui avevo bisogno in quel periodo della mia vita.

Don't fade awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora