Capitolo 24

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Aaron

Quando aprii gli occhi, ritrovandomi con una meraviglia tra le braccia, impiegai meno di un secondo a ricordare e rivivere tutto quello che era successo. Sorrisi istintivamente, allontanando il viso dalla testa di Caleb, che sembrava profondamente addormentato. Mi spostai un po', facendo in modo che i nostri volti fossero alla stessa altezza, senza però allontanarmi troppo da lui, e senza smettere di accarezzarlo con una mano. Aveva un'espressione così serena, sembrava la persona più rilassata del mondo. E persi un battito quando farfugliò qualcosa, per poi avvicinare il viso al mio e poggiare la mano sul mio petto. Appena sentì il mio corpo vicino al suo tornò rilassato come prima. Sembrava veramente un angelo, sotto ogni punto di vista. Rimasi lì, a fissarlo mentre dormiva, con un sorriso da idiota sul volto, senza riuscire a distogliere lo sguardo o a svegliarlo o a pensare a qualcosa che non riguardasse lui, o noi. Noi. Quella semplice parola aveva finalmente acquistato un senso, per me.
Era una sensazione strana, quasi troppo complessa e forte per essere descritta a parole. Mi sembrava di aver messo tutto il mondo in stand-by, mi sentivo come se tutti i miei problemi fossero spariti. Era quel tipo di felicità che trovi nei libri, o nei film, o di cui senti parlare raramente nella vita reale. Quella felicità che pensi non troverai mai, o che pensi di non meritare. Eppure ero lì, nella casa che avevo sempre odiato, ad osservare il ragazzo che avevo sempre amato. E non mi importava di nient'altro.
Certo, avremmo dovuto sistemare un po' di cose a scuola, con i suoi amici, con gli amici che non sapevo più se reputare tali o meno, con le persone che avevano messo in giro le voci su di noi. Poi c'erano i miei genitori, che di sicuro non sarebbero stati via da casa per sempre, purtroppo. Nonostante tutti i pensieri negativi che avrebbero potuto attraversarmi la mente, riuscivo solo a pensare a quanto fosse bello il mio ragazzo.
Il mio ragazzo.
Wow.
L'improvviso brontolio proveniente dal mio stomaco fu l'unica cosa in grado di destarmi dai miei pensieri profondi e sdolcinati.
Alzai lentamente il braccio sinistro, togliendolo dal fianco di Caleb, per vedere che ora fosse. Il mio orologio faceva le due e mezza. Avevamo dormito per quasi due ore. Alla faccia del sonnellino. Era anche giusto che il mio stomaco si lamentasse. Lottai contro la voglia di rimanere sdraiato accanto a Caleb per qualche secondo, poi mi alzai lentamente, tentando di spostare le coperte il meno possibile. Mi misi seduto sul letto, ignorando il dolore alla schiena e il leggero bruciore sulle nocche, stropicciandomi un occhio e cercando con lo sguardo i miei vestiti sul pavimento della stanza, ricordandomi poi che ci eravamo spogliati di sotto, in salotto. Sorrisi di nuovo.
-Aaron...-
Mi voltai, trovando un Caleb ancora confuso dal sonno, che farfugliava il mio nome con gli occhi semiaperti e una mano tesa verso di me.
-Te ne vai?-
Era dolce anche da mezzo addormentato.
-No che non me ne vado.- dissi ridendo, avvicinandomi e accarezzandogli i capelli.
-Mi lavo un attimo e poi vado a fare qualcosa da mangiare. Abbiamo dormito parecchio.- spiegai quasi a bassa voce.
-Si sta bene qui. Sei così caldo.- disse mettendosi a pancia in sotto al centro del letto, chiudendo gli occhi.
Mi fece sorridere di nuovo.
-Ti lascio stare sdraiato un altro po' se non ti riaddormenti, okay?-
Annuì, ma senza aprire gli occhi.
-Grazie. Adesso mi alzo.- disse poi.
Gli diedi un bacio sulla fronte, facendolo sorridere.
Andai al piano di sotto a prendere i nostri vestiti, misi quelli sporchi nella lavatrice, mentre gli altri li piegai sul letto, e andai in bagno a lavarmi e a cambiarmi. Gli dissi che poteva usare tutto quello che trovava come fosse suo, sia in bagno che in camera mia, ma non ero sicuro mi avesse sentito davvero. Andai in cucina e iniziai a cercare qualcosa di veloce da mangiare. Alla fine presi due primi pronti da scaldare nel microonde. Dopo aver acceso la televisione nel salone, mi appoggiai al divano, in attesa che il pranzo fosse pronto e che Caleb si alzasse.

Caleb

Ero rimasto sdraiato a letto per dei minuti interi, crogiolandomi nel calduccio lasciato dal corpo di Aaron. Quando mi alzai e capii che il suo profumo era rimasto non solo nel letto, ma anche addosso a me, sentii il viso e il petto accaldati. Andai davanti al suo armadio e non potei fare a meno di ridere quando notai che era quasi tutto nero lì dentro. Mi morsi istintivamente il labbro inferiore mentre prendevo un paio delle sue mutande, poi presi dei pantaloni larghi e comodi, ovviamente neri. Mi voltai per prendere la mia maglietta, quando notai una felpa nera poggiata sulla sedia davanti alla scrivania. Era la felpa che aveva indossato il giorno in cui la prof di arte ci aveva cacciato dalla classe e eravamo andati a mangiare sushi. La presi in mano, osservandola per un attimo. Mi morsi di nuovo le labbra, mentre la avvicinavo al mio viso. Aveva il suo profumo. La annusai, anzi sniffai direi, ancora una volta, lasciai la mia maglietta sul letto, presi la felpa di Aaron e andai in bagno a lavarmi e a vestirmi. Con i vestiti del mio fidanzato. Con i vestiti di Aaron.
Non riuscii a smettere di pensare a quello che ci eravamo detti, al modo in cui mi aveva guardato mentre facevamo l'amore, a come pronunciava il mio nome, a come mi aveva sussurrato "principe" all'orecchio, al suo corpo, alle sue labbra, alle sue mani. Al modo dolce e assolutamente unico in cui ci eravamo detti "ti amo", a come mi ero comportato, a come avevo ripetuto e quasi urlato il suo nome, a quello che avevo fatto senza neanche vergognarmi. Se ci ripensavo, ancora non capivo dove avevo trovato il coraggio di mettermi sopra di lui e di farlo in quella posizione. Non l'avevo mai fatto con Mike, e neanche desiderato. Mentre con Aaron... beh, l'avevo immaginato tante volte, ma non credevo sarei mai riuscito a fare veramente l'amore con lui in quel modo. E poi come ci eravamo abbracciati mentre piangevamo come due stupidi, come mi aveva stretto a sè sotto le coperte. Iniziai a sorridere come un idiota, scuotendo la testa mentre ripensavo a tutto ciò e a quanto mi sentivo felice. Alzai il viso, incontrando con lo sguardo il mio riflesso allo specchio. Ero rosso. Completamente. E avevo una faccia da idiota. Il classico adolescente innamorato perso. Eppure sentivo che io e Aaron non eravamo solo quello. Era presto per dirlo, ma sapevo che non saremmo stati la solita coppietta di giovani che dopo poco tempo si stancano l'uno dell'altro. Mi destai dai miei pensieri quando guardai di nuovo lo specchio, concentrandomi sul mio corpo.
Spalancai quasi gli occhi quando mi resi conto che avevo dei succhiotti sparsi su esso. Mi avvicinai al mio riflesso col cuore che batteva all'impazzata. Sul collo, sul petto, sulla spalla, nell'interno coscia. Avevo succhiotti di Aaron ovunque. Non mi sembrava vero.
Quando scesi le scale con i suoi vestiti e i segni del suo amore addosso mi sembrava di toccare il cielo con un dito.
Me lo ritrovai a pochi metri di distanza, di spalle, poggiato al divano mentre guardava la tv, anche lui con i pantaloni di una tuta e una felpa senza cappuccio, ovviamente nera. Mi avvicinai silenziosamente, poi lo abbracciai da dietro.
-Hey.- disse dolcemente, posando le mani sulle mie e girando la testa.
-Hai visto, mi sono alzato.-
Sorrise. Quanto cazzo era bello.
-Sei stato bravissimo.- disse sarcastico girandosi con tutto il corpo, senza smettere di sorridere.
Sorrisi anch'io, mentre mi circondava i fianchi con le braccia.
Ci osservammo per un secondo.
-Credo che mi ci vorrà un po' ad abituarmi.- dissi poi.
Si mise a ridere.
-Penso valga anche per me.-
Abbassò il viso iniziando a sfiorare la punta del naso contro il mio.
Sorrisi, per poi avvicinarmi per baciarlo. Si scansò, sorridendo divertito. Mi misi in punta di piedi, tentando di azzerare la differenza di altezza, ma lui continuò a spostarsi senza smettere di ridere. Sapeva come stuzzicarmi senza darmi fastidio o farmi arrabbiare, ed era la cosa più bella del mondo.
-Ho capito, me ne vado.- dissi ad un tratto fingendomi arrabbiato, tentando di non ridere.
Mi prese per un braccio, attirandomi a sè, per poi baciarmi come sapeva fare solo lui. Gli presi il viso tra le mani, perdendomi nelle sue labbra, mentre sorridevamo nel bacio di tanto in tanto.
Quando ci scansammo, stavamo ancora sorridendo.
Mi sentivo così stupido e sdolcinato a fare quelle cose, eppure non potevo farne a meno. Ero troppo felice per preoccuparmene.
Ad un tratto cambiò improvvisamente espressione.
-Hai addosso la mia felpa preferita.- disse poi guardandola.
-Ah, sì...-dissi abbassando istintivamente lo sguardo.
-Era sulla sedia... dovevo mettermi qualcos'altro?-
Sbattè le palpebre diverse volte.
-No, non è per quello. È che... non lo so, tu che indossi la mia felpa...-
Aveva una luce negli occhi che li rendeva ancora più belli, mentre guardava me e la sua felpa con sguardo sognante.
-Come mai hai messo proprio questa?- chiese giocando coi lacci del cappuccio.
Arrossii all'istante.
-Ha il tuo profumo addosso.- dissi guardandolo.
Rimase fermo a osservarmi per un istante.
-"Ha il mio profumo addosso".- ripetè poi sorridendo e scuotendo la testa.
Mi prese il viso con una mano, baciandomi di nuovo.
Mi aggrappai letteralmente alla sua maglietta, e ci baciammo a lungo.
Ci scansammo l'uno dall'altro, guardandoci ancora.
Ad un tratto lo vidi arricciare il naso come se avesse sentito un odore sgradevole.
Improvvisamente spalancò gli occhi.
-Cazzo, il microonde!- esclamò correndo verso la cucina.
Mi lasciò lì, ancora con le braccia a mezz'aria, confuso.
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere.
Andai in cucina, trovando un Aaron che imprecava mentre tirava fuori qualcosa di decisamente non mangiabile dal microonde. Mi resi conto che in effetti si sentiva puzza di bruciato. Rimase lì davanti al tavolo della cucina, con le braccia sui fianchi, ad osservare sconsolato quello che doveva essere il nostro pranzo. Mi morsi le labbra per non ridere.
-Ci sono rimasto male.- disse poi con espressione seria, come se fosse stato a cucinare per ore e la sua opera fosse stata distrutta. A quel punto mi fu impossibile non ridere.
Alzò le sopracciglia, sorpreso, girandosi verso di me e osservandomi mentre sghignazzavo senza riuscire a smettere. Mi coprii la bocca con la mano, mentre sentivo le lacrime agli occhi. Le sue labbra si allargarono in un sorriso, che poi divenne una vera e propria risata.
-Che c'è?! Ci avevo messo impegno a metterlo nel microonde!- disse poi guardandomi divertito e indicando il corpo del reato come se fosse stata sua la colpa.
-Basta, sto morendo.-
Respirai profondamente, asciugandomi gli occhi, cercando di non ripensare a tutta la scena.
-Che stupido.- dissi poi lasciandomi scappare una risatina.
-Grazie. Non posso darti torto.- disse buttando tutto nel cestino dell'immondizia.
-Allora... direi che possiamo anche ordinare una pizza, giusto?-
Risi di nuovo.
-Direi proprio di sì.-

Don't fade awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora