Capitolo 6

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Caleb

Quella domenica mattina mi ero svegliato alle undici, con la voglia di non fare assolutamente nulla. Per fortuna avevo solo dei veloci esercizi scritti da fare, perchè il periodo di verifiche e test era appena finito, quindi riuscii a finire i compiti per i due giorni successivi in meno due ore. Mike mi aveva mandato un messaggio verso le nove, dandomi il buongiorno e dicendomi di chiamarlo quando mi fossi svegliato. Sapeva quanto mi piaceva dormire, e io sapevo quanto lui fosse mattiniero e preciso. Si svegliava presto tutte le domeniche per andare a correre, cosa per me assolutamente assurda e orribile solo a pensarci. Non avevo mai amato lo sport, e stavo bene nella mia pigrizia. Lo avevo richiamato qualche minuto dopo essermi svegliato, raccontandogli velocemente, e senza scendere nei particolari, la giornata precedente, e lui aveva fatto lo stesso. Mi aveva chiesto se volessi uscire quel pomeriggio, ma gli avevo detto che avevo troppi compiti. Fu la stessa scusa che rifilai a Liam, quando mi chiamò verso le tre: gli dissi che sarei uscito con lui la settimana successiva. La verità era che mi ero svegliato con la luna storta. Non avevo voglia di uscire, nè di divertirmi, nè di fare qualunque altra cosa che richiedesse uno sforzo fisico o emotivo. Quella notte non avevo fatto altro che rigirarmi nel letto, cambiando posizione e cercando di cacciare via dalla mia testa Aaron e le sue parole, ma mi era stato tutto inutile, perchè l'avevo anche sognato. Non mi dava tregua neanche mentre dormivo. Dopo aver pranzato con mia madre, che era scesa al bar subito dopo per lavorare, mi ero messo in camera ad ascoltare musica e a disegnare. Verso le sei mi ero addormentato sul letto, recuperando un po' del sonno perso durante la notte. Mi ero svegliato alle sette e mezza, e dopo aver letto un messaggio di Mia, che mi chiedeva di scendere a farle compagnia al bar, decisi di mettermi addosso dei vestiti un po' più decenti e di andare da lei.

Aaron

Mi ero svegliato verso le dieci e avevo passato l'intera domenica sdraiato sul divano, a guardare una serie tv su Netflix. Mi ero fermato solo una decina di minuti, verso l'ora di pranzo, per andare in cucina e cucinarmi un piatto di pasta. Ero tornato subito sul divano con il piatto sulle gambe, e avevo continuato a guardare la serie. Alle otto di sera ero ancora sul divano, a leggere i titoli di coda dell'ultima puntata, col piatto sporco del pranzo posato sul tavolino basso di fronte a me. Mi ero alzato, stiracchiandomi con fare soddisfatto. Mentre mettevo il piatto e le posate nella lavastoviglie, mi ricordai improvvisamente che avevo dei compiti per il giorno dopo. E per quello dopo, e per quello dopo ancora. Feci spallucce.
-Fai schifo.- mi dissi poi, sospirando, mentre andavo al piano di sopra, in cerca di una sigaretta.
-Merda. Dove le vado a comprare di domenica?- mi chiesi poi, sempre ad alta voce, passandomi una mano tra i capelli.
Mi misi le mani sui fianchi, sospirando.
-E soprattutto, perchè continui a parlare da solo, Aaron? Sei inquietante.-
In realtà ero abituato da anni a fare dei grandi e contorti discorsi ad alta voce, ma mi sentivo un idiota ogni volta che me ne accorgevo. Tornai in cucina, cercando in giro qualcosa che somigliasse ad un pacchetto di sigarette, mentre buttavo quello vuoto. Non fumavo molto, massimo quattro al giorno, ma quando ero nervoso un po' di più. Presi tra le dita il fogliettino che mi aveva lasciato quella ragazza bionda e molto truccata, rimasto sul tavolo della cucina dalla sera prima. Sotto al suo numero, oltre ad un cuore e una faccina che faceva l'occhiolino, c'era il suo nome: Jessica. Ecco come si chiamava. Lo buttai nel cestino, tornando a pensare alle sigarette. E mi venne un'idea, anche se un po' stupida. Il bar della madre di Caleb di solito era aperto la domenica.
Caleb gironzolava difficilmente lì, le possibilità di incontrarlo erano pochissime. E poi, anche se l'avessi incontrato, non sarebbe cambiato nulla. Avrei pensato a quel veloce incontro per il resto del tempo, ma tanto Caleb occupava già i miei pensieri, quindi decisi di andare comunque.
Dopo aver camminato per qualche minuto lungo il marciapiede, mi ero avvicinato lentamente all'entrata del bar. E infatti, Caleb non c'era.
Erano passati quattro anni dall'ultima volta in cui ero entrato lì dentro con lui. Lì mi aveva presentato sua madre, poi eravamo saliti subito a casa sua. Scacciai velocemente quei ricordi, mentre il mio stomaco iniziava a lamentarsi per la fame. Entrai, avvicinandomi ai toast e ai tramezzini esposti con precisione e attenzione dietro il vetro lucido e pulito, mentre sentivo già l'acquolina in bocca.
-Aaron?-
Una voce femminile dolce e sensuale, ma dal tono severo, attirò la mia attenzione. Alzai la testa e mi ritrovai davanti Mia, dietro il bancone, con la divisa nera a striscie verticali bianche del bar, e i capelli raccolti in una coda di cavallo. Mi guardava confusa e quasi sconcertata. Osservai per un secondo il suo viso, notando quanto fosse bella la sua pelle candida dal colorito chiaro, quasi bianca, e i lineamenti dolci e arrotondati del suo viso, pulito e senza un filo di trucco.
-Mia?-
Sapevo che era lei, ne ero sicuro, ma trovarmela lì dietro al bancone era tanto sorprendente quasi quanto sarebbe stato incontrare Caleb.
-A giudicare da come ieri osservavi Caleb e me, direi che non devo neanche risponderti, no?-
Perfetto, era già sulla difensiva. Pronta a difendere il suo amico del cuore dalle grinfie del bullo cattivo. Aveva ragione, ma faceva male lo stesso, come ogni secondo.
-Sì, ti ho riconosciuta. Mi è sembrato che neanche tu abbia avuto grandi difficoltà nel riconoscere me.- dissi, mettendo le mani nelle tasche dei jeans.
Si limitò a ricambiare il mio sguardo. Anzi, ad uccidermi don lo sguardo,
-Da quanto lavori qui?- chiesi poi.
-Più o meno da quando tu sei diventato un'altra persona.-
Assottigliò lo sguardo, osservandomi come se avesse voluto leggermi nella mente, dopo quelle parole, o come se volesse picchiarmi. Forse, entrambe le cose. Distolse lo sguardo solo quando la ragazza che stava lavorando con lei le passò dietro per servire altri clienti.
Ero certo che lei e Caleb fossero rimasti uniti come li ricordavo, ma non sapevo se lui avesse continuato a parlarle di me, nel corso degli anni. La felicità che provai per un istante, pensandoci, sparì appena capii che anche se le avesse mai parlato di me, sarebbe stato solo in modo negativo. Come giusto che fosse, del resto. A giudicare da come Mia mi lanciava occhiatacce, poi, era piuttosto evidente di cosa le dicesse di solito Caleb di me.
-Pensi di potermi servire come un normale cliente o devi stare lì a fissarmi come se volessi uccidermi?-
Sbattè le palpebre senza dire nulla. Il mio tono era stato decisamente più aggressivo di quanto avessi voluto, ma le mie parole non sembrarono turbarla.
-Credevo fossi qui per altro, ma ovviamente mi sono sbagliata.- disse, voltandosi un attimo verso una porta chiusa. Notai una scintilla di timore nel suo sguardo, che svanì subito.
-Cosa ti serve?- chiese poi, riportando subito i suoi occhi su di me.
-Questi due toast da portare via. Che ero venuto a fare, secondo te?- chiesi curioso, incrociando le braccia al petto.
Alzò un sopracciglio, mentre prendeva ciò che le avevo chiesto.
Rimase in silenzio così a lungo che credetti non volesse rispondermi. Sospirò, chiudendo la busta di carta marrone, girandosi di nuovo verso quella porta per un attimo.
-Io so tutto. So che stai fermo a guardare mentre i tuoi amichetti prendono per il culo Caleb, quando non avete niente di interessante da fare. Ma non sono ingenua, nè tantomeno stupida.-
La osservai in silenzio, confuso. Dove voleva arrivare?
-Qualunque cosa tu stia cercando di ottenere da Caleb, non l'otterrai comportandoti così. Dovresti conoscerlo, almeno un po'.-
Sentivo la vena sul collo cominciare a pulsare per l'agitazione.
-Ti prego di essere più precisa. Potrei interpretare le tue parole in tanti modi.- dissi respirando profondamente, spaventato da ciò che avrebbe potuto dire, cercando di non farle capire come mi sentissi davvero.
Strinse i denti. Stava scegliendo con cura le sue prossime parole.
-Se pensi che basti fissarlo un po', o incazzarti quando ti ignora, o dirgli una frase ad effetto per attirare la sua totale attenzione, ti sbagli. Decidi una volta per tutte cosa devi farne di Caleb.-
Spalancai gli occhi, e capii cos'era a spaventarmi davvero: l'idea che Mia sapesse cosa provavo davvero per Caleb.
-Non so di che parli. Non ho niente a che fare con lui da anni. Qualunque cosa tu ti sia messa in testa, è decisamente sbagliata. E poi mi sembra che non gli importi molto di cosa faccio. La vita di Caleb va avanti benissimo, senza di me.-
-Appunto. Per questo ti comporti così. Pensi che ti ignorerebbe completamente, se non facessi quello che fai con i tuoi amici. Pensi che, prima o poi, lui inizierà a considerarti di nuovo, anche se male.-
Mi faceva male il petto perchè era tutto vero, perchè mi facevo schifo.
Si spostò velocemente verso la cassa.
Cosa avrei potuto dirle per farle cambiare idea, per farle credere che si stava sbagliando, e che non aveva capito tutto alla perfezione?
-Altro?- mi chiese, come se nulla fosse.
Impiegai un po' per ricordarmi delle sigarette.
-Un pacchetto di Chesterfield Blue.- dissi, passandomi nervosamente una mano tra i capelli e tirando fuori il portafoglio dalla tasca anteriore dei jeans. Si girò a prendere le sigarette e poi digitò qualcosa sulla cassa. Mi disse il totale e le diedi i soldi.
-Aaron, non... non voglio dirti cosa devi fare, nè giudicarti, e figuriamoci difenderti. Credimi. Ma penso tu sappia quanto Caleb è importante per me.-
Annuii impercettibilmente, continuando a non capire dove stesse andando a parare, ancora più nervoso di prima.
-Probabilmente mi sbaglio di grosso, però... Credo che Caleb sia ancora molto importante anche per te. Non so se pensi a lui come a un amico, a un amico speciale o qualcosa di più, però se vuoi provare a riaverlo nella tua vita, fallo bene. Fidati se ti dico che hai un'occasione. Ma sei una testa di cazzo, quindi quasi sicuramente la sprecherai.-
Presi il resto dalle sue mani, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.
-Mi stai guardando in quel modo perchè sono pazza?- mi chiese, osservando la mia reazione.
D'un tratto mi sembrò meno sicura di sè. Aveva il timore di aver detto troppo, di non essere stata ababstanza cattiva con me, di non avermi fatto capire cosa intendesse. Non poteva sapere che quelle sue parole erano diventate la mia speranza, la mia salvezza. Mi ci sarei aggrappato con tutto me stesso.
-Ti sto guardando così perchè sei troppo intelligente.- ammisi, addolcendo la mia espressione.
-Significa che ho ragione?- disse, cercando di trattenere un sorriso soddisfatto.
-Suppongo che lo dirai a Caleb se ti dico di sì.- le risposi preoccupato, ormai completamente allo scoperto.
A quel punto il suo sorriso appena accennato divenne un sorriso vero.
-No. Non lo deve sapere da me. Sono curiosa di vedere cosa succederà. Smettila di fare cazzate.-
In quel momento avrei voluto chiederle una marea di cose. Perchè mi aveva fatto quelle confidenze, perchè mi aveva incoraggiato a riallacciare i rapporti con Caleb, perchè non mi odiava per tutto quello che avevo fatto al suo migliore amico, perchè si stava fidando di me, perchè mi stava dicendo tra le righe di fregarmene di tutto e tutti, di smetterla di comportarmi in quel modo e di riprendermelo, almeno come amico. E soprattutto perchè voleva che io tornassi nella vita di Caleb? Sapeva qualcosa che io non sapevo? Sicuramente sì. Ma tutte queste domande rimasero nella mia testa, perchè dietro di me comparvero altri clienti in fila per pagare, e perchè non avevo il coraggio di chiedere. Decisi di fidarmi delle sue parole, anche se non del tutto chiare per me, del suo sorriso rassicurante e della sua espressione sicura. Conosceva Caleb meglio di chiunque altro, e mi aveva appena dato una speranza. Era partita sul piede di guerra, ma poi aveva cambiato idea.
-Grazie, Mia. Spero di non farlo soffrire ancora. Farò del mio meglio.- dissi, sorridendole pieno di gratitudine, prima di uscire dal bar.
Chissà dove era Caleb, mentre avevo avuto quella conversazione con Mia. Magari chiuso in camera a disegnare, o in giro con degli amici, oppure a casa di Mike a fare sesso.
Pensare "sesso", anzichè "amore", mi faceva sentire leggermente meno peggio.
Anche se, in teoria, con il proprio fidanzato si dovrebbe fare l'amore.
Me ne tornai a casa mia, deciso a fumare un paio di sigarette mentre mi schiarivo i pensieri, ripercorrendo la conversazione avuta pochi minuti prima con Mia.
Io e lei avevamo avuto davvero un buon rapporto durante quei mesi di amicizia con Caleb. Avevamo passato qualche pomeriggio tutti e tre insieme, e mi ricordavo ancora alcuni momenti.
Era una ragazza riservata, infatti non avevo mai saputo molto sulla sua vita privata. Era fredda con chi non conosceva, ma con me si era trovata bene, all'epoca. Era stato proprio Caleb a dirmelo, anni prima. Era molto simpatica e intelligente, e condividevamo la passione per il canto, e la musica in generale. Io avevo preso delle lezioni da piccolo, mentre lei era solo stata graziata da madre natura, essendo naturalmente intonata e avendo un timbro particolare. Chissà se anche lei aveva smesso di cantare, come me.
Forse un giorno ne avrei potuto parlare tranquillamente con lei e Caleb, come se fossimo tornati ai vecchi tempi. Sorrisi a quel pensiero, mentre accendevo una sigaretta.
Il sapore amaro del tabacco e il fumo che mi entrava nei polmoni mi fecero tornare coi piedi per terra, ricordandomi chi ero, e che due paroline della migliore amica del ragazzo che amavo non mi sarebbero bastate a sistemare tutto il casino che avevo fatto in quegli anni.

Caleb

Dopo aver passato ormai più di venti minuti nel retro del locale, in ginocchio a sistemare bottiglie di acqua, thè, coca-cola, fanta, birra, alcolici, latte e succhi di frutta, me ne tornai al bar. Kate era occupata a servire degli aperitivi al bancone, mentre Mia era alla cassa. Quando le arrivai vicino, chiamandola, sussultò quasi.
-Hai visto un fantasma?- chiesi ridendo.
Lanciò velocemente un'occhiata fuori dalla porta, e notai il suo corpo rilassarsi.
-Credevo ci mettessi di più.- mi prese in giro, ridendo.
-Torno io alla cassa, va' ad aiutare Kate.- le dissi.
-Va bene. Grazie per l'aiuto, Caleb.-
-Figurati. Mi tiene la mente impegnata.- dissi prendendo il suo posto dietro la cassa.
Annuì con un'espressione che non riuscii a decifrare. La guardai confuso mentre si allontanava. Alzai le spalle, tornando a concentrarmi su ciò che mi ero messo a fare prima che Mia mi chiedesse di sistemare quelle bevande sul retro. Mia madre era andata al supermercato, lei e Kate erano occupate e, visto che volevo fare anch'io qualcosa, mi ero messo al lavoro.
Almeno avrei fatto qualcosa di utile, invece di ripensare sempre alle stesse cose.

Autrice:
Rieccomi gente!
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Ringrazio tutti quelli che stanno leggendo!
Ci vediamo nel prossimo capitolo!

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