Caleb
Aaron era in vacanza coi suoi da quasi una settimana. Avevano deciso insieme che un piccolo viaggio estivo avrebbe fatto bene a tutti e tre, soprattutto perchè era da moltissimo tempo che non facevano una vacanza insieme. Nonostante Aaron fosse partito da appena cinque giorni, e anche se ero felicissimo per lui, perchè finalmente stava trascorrendo del tempo con la sua famiglia, mi mancava tantissimo.
Da quando mi aveva dato la password per il suo account Netflix, passavo molto tempo a guardare film e serie tv, specialmente ora che la scuola era finita e lui non c'era. Mia madre usciva spesso con il suo nuovo fidanzato, Mia era divisa tra il lavoro al bar, il lavoro che faceva solo l'estate in un pub, e ovviamente Samuel. Mi sentivo spesso con Liam e tutti i nostri amici, ma il caldo e il fatto di non poter avere Aaron o Mia vicino mi facevano passare anche la voglia di uscire con loro.Quella mattina ero sdraiato sul mio letto, a guardare un film, mentre mia madre si preparava per andare a pranzo con Jack, il suo fidanzato. Avevo dovuto convincerla io ad andare, in realtà, perchè non voleva lasciarmi a casa da solo e perchè non voleva che un uomo "qualunque" diventasse la sua priorità. Le avevo detto che ero abbastanza grande e responsabile per poter rimanere da solo, e per poter capire che aveva bisogno di viversi la sua storia d'amore. Perchè anche se lo negava, sapevo benissimo che quella che stava avendo era una storia d'amore. Sorrideva ogni volta che le arrivava un messaggio da Jack, cambiava tono di voce quando parlavano al telefono, lui la faceva ridere tanto, sembrava più raggiante e felice del solito. Si era innamorata, ma non voleva ammetterlo neanche a se stessa, visto quello che aveva passato con mio padre. La loro conoscenza era durata parecchio perchè, mi aveva raccontato lei, entrambi avevano alle spalle un matrimonio finito in modo brusco, avevano perso la voglia di innamorarsi o di rimettersi in gioco, facevano fatica a fidarsi degli altri, e perciò avevano avuto bisogno di molto tempo per aprirsi l'una all'altro. Ma adesso le cose sembravano andare benissimo, e io ne ero molto felice.
Era chiusa in bagno da un bel po', si stava truccando e profumando. Speravo con tutto il cuore che Jack la meritasse, e sinceramente anche che fosse un bell'uomo, visto che mia madre era stupenda sotto ogni punto di vista.
Ad un tratto suonarono al campanello della porta.
Mi alzai, urlando a mia madre che avrei aperto io. Pensai fosse il postino, che forse dovevamo firmare qualcosa, invece quando aprii la porta mi ritrovai davanti un uomo alto e ben vestito, che emanava un profumo buonissimo.
Lo osservai per un attimo, confuso.
-Ciao. Sei Caleb?- mi chiese sorridendo, mentre giocherellava con le chiavi della macchina.
-Sì, sono io.- risposi, ancora confuso, mentre senza neanche rendermene conto tentavo di capire di che colore fossero i suoi occhi, tanto erano particolari.
-Io sono Jack.- disse tendendomi la mano, sorridendo di nuovo.
Strabuzzai leggermente gli occhi per la sorpresa.
-Oh, sei tu! Piacere.- dissi stringendogliela e ricambiando il suo sorriso.
-Mamma sta finendo di prepararsi, vuoi entrare intanto?- chiesi scostandomi dalla porta.
-Oh, no, ti ringrazio. Avevano lasciato il portone del condominio aperto così... ho pensato che sarebbe stato un buon momento per presentarmi, tutto qui. Ellen parla molto di te.- spiegò sorridendo.
Sorrisi anch'io.
-Hai fatto bene a salire.- dissi poi.
Aveva un sorriso gentile, rassicurante, e mi piaceva il fatto che fosse sincero e per niente imbarazzato, però educato e comprensivo allo stesso tempo. Non era salito per entrare in casa nostra, o per conoscere me. Era salito perchè voleva che io conoscessi lui. Come se sapesse quanto contava il mio parere per mia madre, come se volesse far capire anche a me che faceva sul serio con lei, ma senza invadere i nostri spazi, la nostra casa.
Notai in quel momento che aveva gli occhi blu. Letteralmente blu.
-State parlando male di me?-
Mi voltai in direzione della voce alle mia spalle, trovando mia madre sorridente come non mai. E ovviamente bellissima.
Indossava dei jeans neri e una maglietta nera a pois bianchi, delle scarpe aperte color argento, con un po' di tacco, e orecchini, bracciali e collana dello stesso colore. Si era truccata, ma molto poco. Era vestita in modo semplice, come il suo solito, eppure era comunque meravigliosa. Sorrisi, fiero del fatto che non avesse cambiato nulla di se stessa per stare con un uomo.
-Prendo la borsa e andiamo.- disse allontanandosi un attimo.
Mi voltai a guardare Jack, e mi venne un tuffo al cuore. Nessuno aveva mai guardato mia madre con così tanta dolcezza e ammirazione. Sembrava che avesse appena visto un angelo. Si voltò quasi immediatamente verso di me, sorridendo imbarazzato.
Mia mamma ci raggiunse, pronta per uscire.
-Hai annoiato abbastanza mio figlio?- gli chiese osservando prima lui e poi me.
-Dio, spero di no.- disse guardandomi, improvvisamente e sinceramente preoccupato.
Scoppiai a ridere.
-Non darle retta, non mi hai annoiato.-
Tirò un sospiro di sollievo a quelle mie parole.
-Bene, allora. Andiamo?- chiese mia mamma.
-Sì, certo.-
-Ciao tesoro. Se ti serve qualcosa chiamami.- mi disse dopo avermi dato un bacio sulla guancia, sporcandomi col rossetto.
-Sì, mamma. Sta' tranquilla.-
Alzai la testa verso Jack, che mi tese subito la mano.
-È stato un piacere Caleb.- disse, tutto sorridente.
Era davvero contento di avermi conosciuto e di avermi parlato, anche se solo per poco.
Sembrava tanto alto e possente quanto buono e gentile.
-Anche per me, Jack. Davvero.-
Sorrise ancora di più dopo il mio "davvero".
-Divertitevi.- dissi mentre scendevano le scale.
Aspettai un po' prima di chiudere la porta.
Sentii Jack dirle "sei bellissima", con tono sognante. Dopo un secondo di silenzio mia madre gli rispose "anche tu non stai male". Mi misi a ridere, scuotendo la testa, mentre chiudevo la porta. Non potevo essere più felice. Jack aveva fatto un' ottima prima impressione, aveva passato il test con dei voti altissimi. Non vedevo l'ora di parlare con mia madre per rivelarle quanto fossi felice per lei, e che appoggiavo la sua scelta.
Tornai in camera mia, ma non feci neache in tempo a far ripartire il film che qualcuno suonò al citofono. Mi alzai di nuovo, rispondendo tutto contento, convinto che fossero di nuovo mia madre e Jack.
-Sì?-
-Caleb? Sei tu?-
Aggrottai istintivamente le sopracciglia, non riuscendo a riconoscere quella voce maschile.
-Sì, chi è?-
-Sono Bradley.-
Spalancai gli occhi, incredulo.
Nessuno dei due disse niente per un secondo.
-Puoi...puoi scendere un attimo?- chiese poi.
-Perchè?-
-Vorrei parlarti.-
Ci pensai un po'.
-Okay.- dissi prima di riagganciare la cornetta del citofono, sospirando.
Mi morsi il labbro inferiore, mentre pensavo a cosa sarebbe potuto succedere. Avevo pensato subito che fosse venuto con Jake e Spencer per picchiarmi una volta per tutte, visto che Aaron non c'era. Mi affacciai alla finestra della mia camera, e con mia grande sorpresa vidi che era da solo.
Si guardava intorno con fare nervoso, teneva le braccia conserte. Sospirai, decidendo infine di scendere. Anche se avesse voluto prendermi a botte, sarei riuscito a difendermi.
Aprii il portone del condominio, rimanendoci davanti per non farlo chiudere.
Alzò la testa per guardarmi.
-Ciao.- esordì titubante, tentando di addolcire l'espressione seria e tirata che aveva.
-Ciao.-
Più che altro l'avevo detto per non fare il maleducato.
-Dimmi.- continuai osservandolo.
Tornò a guardarsi intorno.
-A dire il vero...Volevo parlare con tutti e due, ma Aaron non risponde ai miei messaggi e a casa sua...non c'è nessuno...-
Era la prima volta che lo vedevo in difficoltà, la prima volta che non mi guardava negli occhi con sfida, che guardava per terra preoccupato. Sembrava mi temesse.
-È in vacanza con i suoi.- risposi, avanzando di un passo e lasciando il portone socchiuso.
A quel punto alzò la testa, guardandomi confuso.
-Coi suoi?- ripetè infatti.
Annuii.
-Non è mai voluto andare in vacanza con i suoi.- insistette.
-Le cose sono cambiate. Lui è cambiato.- dissi senza dargli troppe spiegazioni.
Mi osservò per un paio di secondi, come se mi stesse studiando. Pensai che avesse capito cosa intendevo, che avesse capito che Aaron era migliorato da quando aveva tagliato i rapporti con lui, Spencer e Jake.
-Capisco...- disse infine.
Incrociai le braccia al petto, in attesa che parlasse di nuovo, che andasse dritto al punto. Ma non disse nulla.
-Eri venuto per dirmi qualcosa o...?-
-Sì, è che... sto cercando...- disse sommessamente, grattandosi distrattamente la fronte.
I suoi occhi marrone scuro andavano di qua e di là, mentre sbatteva le ciglia folte con fare agitato. Era nervoso, cercava le parole.
Sbuffò, poi alzò la testa e mi guardò a lungo, in silenzio, con le mani sui fianchi.
-Ti chiedo scusa.-
Impiegai qualche istante a rendermi conto di cosa aveva appena detto.
-Come?-
-Sì, lo so. Non ci crederei neanche io. Volevo parlare sia con te che con Aaron, perchè so che non ho speranze che lui mi perdoni se prima non chiedo scusa a te. Cristo, mi ero tipo...preparato un discorso ma...non mi ricordo un cazzo.- disse gesticolando, per poi tornare a toccarsi distrattamente la fronte.
Sentii qualcosa dentro di me sciogliersi dopo averlo sentito parlare in quel modo. Mi ricordò anche un po' Aaron, il suo modo di fare quando era agitato, il suo senso dell'umorismo. Però mi trattenni dal farmi vedere troppo tenero. Temevo che mi stesse solo prendendo in giro, che io mi stessi fidando troppo facilmente.
-Perchè pensi di non avere speranze con lui se non parli prima con me?- chiesi, senza riuscire tuttavia ad assumere un'espressione troppo severa.
Mi guardò come se gli avessi chiesto se la terra fosse rotonda.
-Perchè ora so quanto sei importante per lui. Se tu gli dici che non mi vuoi più vedere, allora vorrà lo stesso anche lui.-
Arrossii all'istante, completamente sconvolto da quella risposta, detta poi con una tale semplicità.
Sbattè le palpebre di scatto, come se si fosse appena reso conto di aver fatto un errore.
-Aspetta, mi sono espresso male. Non sto dicendo che tu sei obbligato a perdonarmi, o che lui lo è, o che improvvisamente dobbiamo diventare tutti amici, o cazzate di questo tipo. Saremmo solo degli ipocriti. Io soprattutto, visto che ti ho sempre trattato come se fossi un giocattolo.-
Fece una pausa, stava riflettendo.
-A dire il vero ti ho trattato proprio come una merda.- disse poi.
Si passò una mano sul viso, guardandosi intorno. Notai la sua macchina parcheggiata dall'altro lato della strada solo in quel momento. La guardò così a lungo che pensai stesse per andarsene.
-'Fanculo, ormai ci sono.- disse quasi a bassa voce.
-Senti. Io non lo so che pensi di me. Non so cosa ti ha detto Aaron. Però non ti ho mai odiato. Non mi stai neanche antipatico. E non me ne frega niente se sei gay oppure no. Ma neanche posso dirti che amo i gay, o che adesso andrò al "Gay Pride" o quelle cose che fanno alcuni di voi. Semplicemente non mi interessa. Non mi interessava prima e non mi interessa adesso. Se tu sei gay o no sono fatti tuoi, io non sono nessuno per dirti se è giusto o sbagliato. Che poi non so neanche come cazzo si faccia a dire se una cosa del genere sia giusta o sbagliata, non ha senso. Non è che avete qualcosa di speciale o che avete qualche problema. A me non cambia nulla, punto e basta.-
Fece una pausa, osservandomi.
Ero confuso e al tempo stesso divertito e compiaciuto.
-Scusa, mi sto dilungando. Quello che voglio dire è che non ho mai avuto nulla contro di te. Semplicemente sembrava che stessi sul cazzo ad Aaron, io avevo pensato che fosse perchè eri gay, non avevamo niente da fare e venivamo a romperti le palle. Perchè prenderti per il culo mi ha sempre fatto sentire...-
Si guardò intorno, per terra, mentre cercava le parole con un'espressione seria sul volto.
-Importante. Mi sentivo qualcuno quando ti prendevo in giro.- disse poi guardandomi negli occhi.
Non erano i suoi soliti occhi, quelli carichi di astio e disprezzo, pieni di sfida. Erano dolci, e profondi. Per un attimo mi sembrò fragile e debole. Forse per più di un attimo.
-Mi faceva sentire superiore e forte. Tu mi davi una scusa per essere incazzato. E il fatto che non avessi mai reazioni, che rimanessi sempre così freddo davanti a noi, mi faceva sentire meno in colpa. Pensavo che non ti stessi facendo davvero del male, che non te ne importasse. Ma chiunque starebbe male, se trattato in quel modo. Adesso so perchè Aaron lo faceva, e non so quali sono stati i motivi di Spencer e di Jake, ma io ti ho sempre usato per sfogarmi. E ti chiedo scusa.- spiegò guardandomi in faccia per tutto il tempo.
Prese un profondo respiro, poi buttò fuori l'aria come se si fosse tolto un peso enorme dal petto.
-Detto questo, sappi che non mi sto giustificando. Volevo solo spiegarti. E tu non sei assolutamente tenuto ad accettare le mie scuse, te lo ripeto. Solo...ci tenevo. Era da un po' che ci pensavo. Ah, e poi ti chiedo scusa anche per quello che ho detto ad Aaron quel giorno...e per la litigata, per le botte, per... tutto. È che...quando ho sentito le voci che giravano, tutti che dicevano che tu e Aaron avevate un relazione, mi sono incazzato da morire perchè non mi aveva mai detto niente, perchè non avevo idea di cosa ci fosse stato tra voi due. Così vi ho detto tutte quelle cose orribili...Certo che ne ho fatte di cazzate.- disse ridendo, anche se non era una risata felice.
-Grazie per avermi ascoltato.- aggiunse poi accennando un sorriso.
Fece per andarsene, e mi resi conto in quel momento che non potevo lasciarlo andare via così. Dovevo dirgli qualcosa.
-Bradley.-
Si voltò, e mi si strinse il cuore a vedere la sua espressione speranzosa.
-Aaron è importante per te?- chiesi addolcendo la mia espressione.
Spalancò un po' gli occhi.
-Beh...Non so cosa pensa lui di me, ma io non ho mai avuto molti amici. Lui lo consideravo un vero amico. E lo considero tutt'ora. Quindi...penso di sì.-
Non riuscii a trattenere un sorriso.
-Tornerà tra qualche giorno. Gli dirò che sei venuto a parlarmi. E comunque, accetto le tue scuse.-
Mi osservò attonito, avvicinandosi di un passo.
-Sul serio?-
Annuii, ridendo.
-Ma...dopo tutto quello che ti ho fatto? Dopo questo discorso di merda da ragazzino delle elementari?-
La cosa bella era che non si sforzava, diceva tutto quello che gli passava per la testa, negativo o positivo.
Risi ancora di più, annuendo, per poi tendergli la mano.
Lo vidi sorridere veramente per la prima volta da quando lo conoscevo. Mi guardò la mano, mentre tendeva la sua, poi mi osservò per un istante. Mi venne addosso di colpo, abbracciandomi. Rimasi rigido, immobile, ma solo perchè non me lo sarei mai aspettato.
-Grazie.- disse.
Ricambiai il suo gesto impacciato, e per qualche strano motivo mi venne in mente mio padre. Improvvisamente mi salirono le lacrime agli occhi, ma le mandai subito indietro, confuso dai miei stessi sentimenti. Bradley mi lasciò andare, ancora sorridente.
-Allora...ci vediamo.- disse poi.
Annuii.
-Ci vediamo.- dissi ricambiando il suo sorriso.
Lo osservai mentre saliva in macchina e ripartiva. Sembrava sollevato.
Salii le scale del condominio, rientrando in casa con il sorriso sulle labbra. Sorriso che però durò poco.
Non capivo perchè avessi improvvisamente pensato a mio padre. A dire il vero, da quando Aaron aveva sistemato i rapporti con i suoi genitori, mi veniva in mente più spesso, ma mi faceva un effetto strano tutte le volte. Continuavo a mentire a me stesso, a convincermi di aver superato tutto, che non mi importasse più niente di lui, ma la verità la sapevo benissimo. Mi importava ancora, e non potevo farci niente. Il problema più grande, e forse la ragione per cui non riuscivo a superare quello che era successo, era che io e mio padre avevamo avuto un ottimo rapporto, fino a prima che gli confessassi il mio vero orientamento sessuale. Era stato un bravo genitore, sempre. Era stato presente, parlava tanto con me, si preoccupava, era sempre stato gentile. Era stato un po' il mio eroe, ad essere onesti. Però, in una sola sera, era riuscito a distruggere tutto. E, per quanto mi riguardava, ero dell'idea che un genitore che non riesce ad accettare una cosa tanto banale, non l'ha mai amato davvero il figlio. Non avevo commesso un omicidio, ero solo gay. Eppure era bastato questo a farlo sparire dalla mia vita.
Improvvisamente capii perchè, quando Bradley mi aveva abbracciato, mi era tornato in mente lui, e mi erano venute le lacrime agli occhi.
Ero sempre stato convinto che Bradley mi detestasse semplicemente perchè ero omosessuale. Dopo anni, anche se non era vero, lui era venuto a chiedermi scusa per questo. Mi aveva guardato negli occhi e mi aveva detto che non gli importava se ero gay o no. Mi aveva spiegato che per lui questo non mi rendeva speciale, però allo stesso tempo che non mi rendeva neanche malato o sbagliato. Mi aveva abbracciato, ma non solo per ringraziarmi. Lo aveva fatto perchè, dopo avermi detto o urlato chissà quante volte nel giro di anni che gli facevo schifo, aveva bisogno di farmi capire che non lo aveva mai pensato veramente. Come a dirmi "Ti sto toccando, e non mi importa se siamo due ragazzi. Non mi fai schifo."
Poi c'erano i genitori di Aaron, che avevano sbagliato quasi tutto, nel loro ruolo di genitori. Eppure erano riusciti a risolvere tutti i loro problemi con due semplici cose: le parole e l'amore. Aaron aveva dei genitori che lo amavano davvero. A suo padre non importava se era bisessuale. La sera in cui avevano litigato, lo aveva abbracciato.
Il giorno in cui mio padre era davanti alla porta aperta di casa nostra, con le valige sul pianerottolo, perchè stava per andarsene, mi ero avvicinato per abbracciarlo. Avevo voluto farlo per chiedergli scusa, perchè mi dispiaceva essere omosessuale. Ancora prima che di riuscire a toccarlo, lui mi aveva scansato. Mi aveva guardato come si guardano i serial killer, o i pedofili.
Quell'abbraccio, quello che mi era stato negato in passato, l'avevo appena ricevuto dal migliore amico del mio fidanzato, e senza neanche chiederlo.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo, mentre guardavo il soffitto della mia camera.
-Ma che cazzo?!-
Mi coprii il viso con le braccia, anche se non c'era nessuno a guardarmi mentre piangevo.
Mi odiai in quel momento. Quell'uomo non si meritava le mie lacrime, non si meritava il mio dolore, non meritava tante attenzioni. Eppure più pensavo a quel fottuto giorno, al me tredicenne che sentiva improvvisamente un enorme buco al centro del petto perchè il padre l'aveva scansato come fosse stato un appestato, e all'abbraccio impacciato e un po' rigido di un ragazzo che avevo sempre detestato, ricevuto pochi minuti prima, più piangevo.
Però poi, dopo un paio di minuti, mi successe una cosa strana. Pensai ad Aaron, a come le cose erano andate con lui, a quanto mi amava. Pensai a Mia, a quanto era felice con Samuel, a come entrambi erano diventati parte del nostro gruppo di amici. Pensai a mia madre, alla donna forte e sicura e dolce che era, a come si prendeva cura di me, a come non mi aveva mai fatto sentire sbagliato. Pensai a Liam, a tutti i miei amici, e persino a Mike, che mi aveva scritto pochi giorni prima per chiedermi come stavo e come erano andate a finire le cose con "quel ragazzo", e rivelandomi che forse anche lui aveva trovato qualcuno di speciale. E scoppiai a ridere come un idiota.
Un uomo di merda era uscito dalla mia vita, e tutto quello che avevo intorno mi rendeva felice. Ero felice, come non lo ero mai stato. Non avevo più motivo di piangere. Non dovevo più pensare al passato.
Mi asciugai le lacrime, incapace di smettere di sorridere. Sentivo lo stomaco e il cuore caldi, anche se stavolta non era solamente a causa di Aaron. Risi ancora, tirandomi su.
Mi guardai intorno distrattamente, ma la mia attenzione fu catturata dalla cartellina di plastica in fondo al mio armadio.
Mi alzai, andando ad aprirla. Lì tenevo tutti i miei disegni, e la maggior parte non erano di scuola.
Tirai fuori quel disegno incompleto, osservando il foglio davanti a me. Era ora di finire il ritratto di Aaron. Mi sedetti alla scrivania, misi un po' di musica, e iniziai a disegnare.
Mi sentivo meglio. Mi sentivo bene.
Ero felice.
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Don't fade away
RomanceCaleb e Aaron si conoscono a scuola, il primo giorno delle superiori. Diventano subito amici, e tra loro si crea un legame profondo. Ma dopo soli pochi mesi Aaron cambia, inizia ad ignorare Caleb e a fare improvvisamente nuove amicizie. Ma perchè lo...