Capitolo 29

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Caleb
Rimasi lì a fissarlo imbambolato per due secondi buoni, con un sorriso da idiota sul volto. Il bello era che anche lui non riusciva a smettere di sorridere.
Avevo una marea di domande in testa, ma ero così felice e confuso da non riuscire a formare una frase di senso compiuto.
-Non ti libererai mai più di me, lo sai?- dissi infine.
Scoppiò a ridere, scuotendo la testa, poi mi attirò a sè per abbracciarmi.
-L'idea era quella.- disse poi sottovoce, stringendomi.
Inspirai il suo profumo, chiudendo gli occhi per un attimo, godendomi il calore del suo corpo.
-Come hai fatto a dir loro tutto? Aspetta, sanno tutto, giusto?- chiesi scostandomi per guardarlo.
-Sanno tutto, anche se non so ancora come ho fatto.- rispose alzando le spalle, mentre mi prendeva la mano.
Lo osservai per un istante. Sembrava così sollevato, come se si fosse tolto un peso enorme.
Lanciai un'occhiata alla sedia sotto la scrivania.
-Vieni.- dissi sistemandola di fronte al mio letto, per poi fargli cenno di sedersi.
-Dimmi tutto.- dissi sedendomi a gambe incrociate sul materasso.
Sorrise, poi iniziò a spiegarmi.
Mi descrisse con precisione la loro entrata in casa, della scusa di fare loro una camomilla per parlare, di come la conversazione si era spostata dalla cucina al salone, di come aveva reagito suo padre, di come aveva reagito sua madre. Fin lì mi sembrò tutto prevedibile. Un potenziale casino, ma prevedibile. Poi mi disse che quando aveva fatto il mio nome si erano guardati, che il padre si era calmato, che la madre sembrava ancora preoccupata. Poi di colpo mi disse che quattro anni prima era stato lui a dire ai suoi che ero gay, in un attimo di rabbia, e che il padre aveva usato ciò come pretesto per tenermelo lontano, perchè aveva capito che Aaron aveva una cotta per me, perchè pensava che o io gli avrei rovinato l'adolescenza, se non la vita, rifiutandolo e offendendolo, oppure l'avrebbe fatto qualcun altro, visto che le coppie omosessuali non erano ancora accettate da tutti. Mi disse che non erano quelle le esatte parole che aveva usato suo padre, ma che il senso era lo stesso. Disse che poi lui era scoppiato a piangere, e così la madre, e che avevano iniziato ad urlarsi contro. Dovetti fermarlo, perchè non riuscivo a credere alle mie orecchie, perchè ero convinto di non aver capito. Ripetei tutto quello che avevo capito, e confermò che era andata così, che avevo sentito bene. Arrivato a quel punto della storia mi vennero i brividi a pensare che fosse finito tutto così, ma poi Aaron continuò. Mi disse che dopo essere rimasto chiuso in camera sua per praticamente un'ora, era sceso al piano di sotto per andare in cucina a bere, poi si mise a ridere dicendo che alla fine non aveva bevuto nulla e se ne era anche dimenticato. Disse che li aveva sentiti parlare in cucina, che in quei due o tre minuti li aveva compresi meglio che in tutta la sua vita. Non sapeva nulla dei suoi nonni, di che vita avessero avuto i suoi genitori, non sapeva che erano stati costretti a sposarsi, ma che si erano innamorati comunque, non sapeva che il padre aveva paura di diventare come suo nonno. Disse che erano sempre stati così restii a dargli dei soldi perchè non volevano che ne fosse troppo attaccato, che capisse che ci sono cose molto più importanti. Disse che sua madre lo trovava bello, che voleva essere più affettuosa con lui, ma che non sapeva come, visto che erano sempre in viaggio, e visto il comportamento di Aaron. Fece una pausa, così mi sporsi in avanti e gli presi le mani tra le mie.
-Non ho mai pianto così tanto in tutta la mia vita.- disse gurdando le nostre mani.
Accennai un sorriso.
-Neanche quando abbiamo fatto l'amore per la prima volta?- chiesi quasi sottovoce.
Scoppiò a ridere.
-Direi che è una bella lotta.-
Rimase in silenzio per un po'.
-Sai, prima di sentirli parlare in cucina ho pianto solo perchè ero arrabbiato...con me stesso. Li ho odiati così tanto, poi ho odiato te, e infine ho odiato me. Solo perchè non ho mai avuto il coraggio di parlare con almeno uno di voi.- disse poi tornando serio, quasi triste.
-Neanche noi abbiamo mai provato a parlarti. Io non l'ho mai fatto perchè...ero sicuro che mi odiassi, però non avevo il coraggio di sentirmelo dire in faccia. Quindi ho preferito rimanere nel dubbio, non affrontarti. Ma il dubbio, il non sapere...è molto peggio della verità.-
Guardai per terra per un attimo.
-Sarà stato così anche per loro. Avevano paura di perderti definitivamente.-
Sperai di non averlo reso ancora più triste con le mie stupide parole.
Evitai il suo sguardo finchè non mi resi conto che mi stava fissando.
Alzai la testa. Stava sorridendo. Mentre mi guardava in quel modo.
-Che c'è?- chiesi confuso, incapace di trattenere un sorriso.
-C'è che non riesco ad abituarmi a tutto questo...- disse alzandosi dalla sedia, per poi abbracciarmi e buttarsi sopra di me, letteralmente. Mi ritrovai sdraiato sul letto con lui sopra.
-A te che fai di tutto per non farmi sentire solo, o debole.- aggiunse poi.
Spalancai quasi gli occhi, poi lo spinsi, fino a finire entrambi con un lato del corpo sul letto. Lo strinsi più forte che potevo. Riusciva sempre a dire le cose più belle nei momenti più inaspettati.
Rimanemmo fermi ad abbracciarci, senza dire niente per diversi secondi.
-Quindi presto incontrerò i miei suoceri, mh?- dissi quasi sottovoce, ma solo per scherzo.
Accennò una risata divertita.
-Hanno detto che si ricordano di te perchè avevi dei bellissimi occhi azzurri. E hanno anche detto che puoi venire a casa ogni volta che vuoi.-
Rimasi in silenzio un istante.
-L'hai detta anche prima questa cosa del venire a casa vostra.-
-E l'ho ripetuta perchè hanno detto proprio così.-
-Sì, certo. Adesso si ricordano di un ragazzino solo perchè ha gli occhi azzurri. Ci sono tante persone con gli occhi azzurri.-
-È vero, ma non sono come i tuoi.-
Arrossii all'istante, e fui grato che almeno per una volta non potesse vedermi mentre mi trasformavo in un pomodoro.
Prese ad accarezzarmi i capelli, senza dire nulla.
-Davvero hanno detto così?- chiesi poi.
-Pensi che avrei il coraggio di inventarmi una cosa simile?- disse ridendo.
-Oddio.- sussurrai quasi, sprofondando la testa nell'incavo del suo collo.
"Oddio" perchè prima o poi avrei conosciuto i suoi genitori, non per altro.

Don't fade awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora