Aaron
La osservai per un secondo, sbattendo le palpebre più volte. Un brivido mi aveva percorso la schiena, ma non ero sicuro di aver capito bene.
-Che cosa?- chiesi infatti confuso.
Fece un lungo sospiro, osservandomi.
-Lo so che hanno un tempismo di merda, ma hanno deciso di tornare.-
Le mie orecchie avevano capito bene. Rimasi pietrificato, incapace di pensare o pronunciare una sola parola. Non riuscivo neanche a capire la mia stessa reazione, non capivo cosa sentivo.
-È comunque un volo di molte ore, ci vorrà un po' prima che arrivino. Ho detto loro di chiamare me, però può essere che vogliano sentirti prima di -
-No.- dissi ad alta voce, con un tono più severo di quanto mi aspettassi.
-Cos'è, adesso giocano a fare i bravi genitori?! Adesso vogliono sentire se sto bene?! Se sono vivo?!- sbottai, improvvisamente arrabbiato, contro Barb.
Lei non c'entrava nulla, e lo sapevo perfettamente. Eppure sentivo la vena sul collo pulsare per quanto mi fossi incazzato nel dire quelle cose, anche se non erano rivolte a lei.
-Scusami, non intendevo...-
Sospirai, toccandomi distrattamente la testa e mettendo la mano su un fianco.
-Cosa sanno di preciso? Tornano solo perchè ho fatto a botte con qualcuno, perchè mi hanno sospeso? Cosa gliene importa?- continuai, gesticolando in modo confusionario.
-Beh, sanno solo questo, sì. Ma non sembravano arrabbiati.- rispose osservandomi preoccupata.
Mi tornò in mente il viso sorridente di Caleb al bar, il sapore di caffè sulle sue labbra quando ci eravamo salutati.
Era impossibile che avessero deciso di tornare per farmi allontanare di nuovo da lui, e ancora più impossibile era che qualcuno avesse detto loro che le cose erano cambiate, che adesso stavo insieme al ragazzo che avrei dovuto evitare. Non sapevo ancora come avevano fatto a scoprire che Caleb fosse gay quattro anni prima, perciò non sarei mai riuscito a capire da dove o da chi prendessero certe informazioni. Se invece non stavano tornando per quello, ma per qualsiasi altra ragione possibile, sarebbe stato comunque il momento di parlarci.
Rabbrividii di nuovo. Non volevo, non avevo voglia di farlo. Avevo appena finito di sistemare le cose con Caleb, ero riuscito a dichiarargli i miei sentimenti, ci eravamo messi insieme, stavo cercando di farmi dei nuovi amici e di cambiare il mio atteggiamento a scuola, ed ecco che loro arrivavano a rovinare tutto. Non c'erano mai stati quando ne avevo avuto bisogno, ma si facevano vivi adesso che erano l'ultimo dei miei pensieri. Ero arrabbiato, il mio umore era rapidamente diventato uno schifo. Non riuscivo però a capirne completamente il motivo, ero troppo agitato.
-Forse si sono preoccupati perchè hai litigato con i tuoi amici... O quello che erano. Li conoscono, conoscono anche le loro famiglie. Forse è per questo che stanno tornando.- disse Barb, distogliendomi per un attimo dai miei pensieri. Non stava usando il tono o le parole che usava di solito, era cauta, attenta. Non sembrava neanche lei. Sapeva come avrei reagito, e stava facendo il possibile per non peggiorare la situazione. Purtroppo non ci era riuscita, ma non era sua la colpa.
-Già, può essere per quello.- dissi, mentre riflettevo in silenzio.
Forse erano preoccupati per la nostra reputazione, forse mio padre aveva paura che suo figlio avesse appena rovinato i rapporti con i suoi ricchi conoscenti. O amici, non sapevo come li definiva.
-Aaron.-
La voce di Barb richiamò la mia attenzione, un'altra volta.
-Vuoi che rimanga a dormire? Magari ne parliamo un po'?- mi disse dolcemente, posando una mano sulla mia spalla.
Sorrisi anch'io, grato che fosse in pensiero per me.
-Non ce n'è bisogno, tranquilla. Ma grazie.- dissi spostando una sedia da sotto al tavolo, per poi sedermi.
-Adesso mi passa. È solo che non mi aspettavo una notizia così.- spiegai tentando di rassicurarla.
Mi osservò per un secondo, poi distolse lo sguardo.
-Posso rimanere a cena, però.- disse poi alzando le spalle.
Scossi la testa, sorridendo di nuovo.
-Barb, sto bene. Davvero. Non è una cosa così grave. E poi so che tuo marito non sa cucinare, quindi è il caso che torni dalla tua famiglia.- dissi ridendo.
Non era una risata sincera, anzi. Mi stavo sforzando solo per mandarla via. Volevo stare solo.
Accennò un sorriso, di nuovo.
-E va bene, me ne vado. Però se hai bisogno chiamami.-
Prese la borsa, poi fece per uscire dalla cucina. Si fermò proprio sulla soglia.
-Non devi preoccuparti per Caleb, non lo perderai un'altra volta. Sono sicura che ti rimarrà comunque vicino.- disse voltandosi a guardarmi sorridendo, per poi andarsene. Fu proprio quando sentii la porta di casa sbattere che capii cosa era stato a farmi arrabbiare così tanto. Non era solo il timore di dover affrontare di nuovo i miei genitori, non era solo la paura di perdere di nuovo Caleb. Avevo paura di renderlo infelice. Avevo paura che l'arrivo dei miei genitori avrebbe spento quello splendido sorriso, che la luce dei suoi occhi si sarebbe affievolita. Avevo paura che vedendo come mi sentivo io, avrebbe finito per sentirsi anche lui nello stesso modo, perchè era in grado di capirmi con uno sguardo, e perchè sapevo che avrebbe voluto condividere quei sentimenti negativi con me. Ecco perchè ero così arrabbiato. Perchè avevo paura di fargli di nuovo del male. Sentivo una stretta al petto, e più i secondi passavano, più capivo come mi sentivo. Guardai la stanza, ripensando al giorno prima. Noi due sdraiati sul divano, io che gli chiedevo di ripetere che mi amava. "Ti amo" mi diceva lui guardandomi, con quel dolce sorriso e le guance rosse. Sentii le lacrime agli occhi, e un istante dopo la prima mi solcò il volto.
Non stavo davvero piangendo per una ragione, mi stavo comportando come un ragazzino. Non era ancora successo nulla, perchè sentivo un disperato bisogno di piangere? Forse per tutte le volte in cui non ero riuscito a farlo.
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Don't fade away
RomanceCaleb e Aaron si conoscono a scuola, il primo giorno delle superiori. Diventano subito amici, e tra loro si crea un legame profondo. Ma dopo soli pochi mesi Aaron cambia, inizia ad ignorare Caleb e a fare improvvisamente nuove amicizie. Ma perchè lo...