Capitolo 14

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Caleb

-Oggi niente macchina?- chiesi una volta superato il parcheggio fuori scuola.
-No, oggi no.- rispose voltandosi a guardarmi per un secondo.
Era la prima volta, dopo anni, che avevo l'occasione di vedere il verde smeraldo di quegli occhi profondi illuminato dalla luce del sole, ad una così breve distanza.
-In base a cosa decidi se venire a scuola a piedi o con una delle tue fantastiche macchine, di preciso?- chiesi ridendo, mentre mi stropicciavo distrattamente un occhio alla volta, ricordandomi che fino a qualche minuto prima stavo per scoppiare a piangere davanti ad Aaron.
Si mise a ridere.
-Dipende da che ora mi sveglio la mattina. O ancora meglio, da che ora è quando metto i piedi fuori casa.- spiegò alzando le spalle.
Aggrottai le sopracciglia.
-Ma tu sei sempre in ritardo. Quindi la dovresti prendere sempre la macchina.-
-Ma in prima ora sono in orario.-
Si girò a guardarmi, per poi sfoggiare un ghigno.
-Lo sapresti se non arrivassi sempre all'ultimo minuto.- disse poi sottolineando quel "sempre".
Ed ecco che i ricordi tornavano.
Ripensai a quando, anni prima, mi aspettava davanti scuola la mattina, anche se la campanella era già suonata, anche se doveva rimanere da solo per interi minuti per colpa mia, perché facevo sempre ritardo. Non ricordavo una sola mattina in cui non mi avesse dato il buongiorno con un sorriso stampato in faccia, per poi fare finta di sgridarmi. Dio se mi mancavano quei tempi.
Alzai lo sguardo da terra, fingendomi offeso, guardandolo storto mentre lui continuava a sorridere.
-Guarda che sono migliorato un sacco in questi anni!- esclamai tornando a guardare a terra e infilando le mani nelle tasche del giaccheto.
-Non è vero. Senza di me sei peggiorato.-
Strinsi le mani a pugno, ben nascoste, mentre il cuore aveva preso a battere ancora più forte di quanto già non stesse facendo.
Risi nervosamente, imbarazzato, scuotendo la testa.
-Okay, forse un po'.- ammisi poi, arrossendo come un pomodoro.
O almeno così doveva essere, perchè sentivo improvvisamente un gran caldo sul viso.
Non accennai ad alzare lo sguardo da terra, ma solo perchè non volevo si accorgesse della mia reazione. Quando notai con la coda dell'occhio che aveva il viso verso la strada, mi voltai.
Non mi aspettavo di certo di vedere quell'espressione dolce. Gli angoli della bocca piegati in un sorriso, gli occhi luminosi, e i muscoli del volto completamente rilassati.
Tornai immediatamente a guardare per terra.
Attraversammo la strada e per un paio di secondi ci fu silenzio.
-Sono sicuro che anche tu sei peggiorato senza di me.- dissi poi.
-In cosa?- chiese divertito.
-Be', sono piuttosto sicuro che i tuoi voti siano scesi. Forse scesi è dire poco.-
Assottigliò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia.
Era bello ogni secondo, qualunque espressione avesse.
-Non ho mai avuto voti alti.- disse poi.
-Invece sì, per un paio di mesi. E poi ti è passata la voglia di studiare.-
-Lo sai che non l'ho mai avuta la voglia di studiare. Mi limitavo ad ascoltarti mentre ripassavi.-
-Lo so, infatti era per quello che andavi bene. A forza di sentire me imparavi le cose.-
Mi guardò per un attimo, poi tornò a guardare dritto davanti a sè. Sembrava stesse riflettendo.
-Sì, penso tu abbia ragione.- ammise infine ridendo.
Risi anch'io, soddisfatto.
-Sono peggiorato anch'io senza di te.- disse poi con tono più serio.
Sbattei le palpebre un paio di volte, tornando improvvisamente serio, tentando di ignorare il battito assordante del mio fottuto cuore. Mi voltai, e ci guardammo per un secondo che mi sembrò infinito.
-E comunque...- iniziò a dire, distogliendo improvvisamente lo sguardo.
-Non mi conosceva ancora nessuno. Gli insegnanti non sapevano bene chi fossi, chi fosse mio padre. Quindi erano... un po' più generosi coi voti. E onestamente non ci tengo a farmi un mazzo tanto, impegnandomi il doppio degli altri, solo perchè devo far vedere a qualcuno di meritare un riconoscimento che va al di là del mio nome.- disse guardando a terra e alzando le spalle.
Cercava di nasconderlo, ma nel suo sguardo vedevo quanto gli facesse male quella situazione.
-Io credo di non avertelo mai chiesto ma... è stato così anche alle medie?- chiesi.
Non immaginava neanche quanto mi dispiacesse per lui.
-Più o meno sì. Anzi, peggio. Alle medie non avevo amici. Sempre tutti a gironzolarti intorno perchè sei ricco e puoi fare loro regali costosi se ti invitano alla festa di compleanno, perchè hai la casa grande, con la piscina, perchè hai la domestica... però nessuno a cui importi davvero qualcosa di te.-
Il suo sguardo ormai sembrava assente, perso in quei brutti ricordi.
Forse ero uno stronzo a sentirmi in quel modo, ma il fatto che Aaron stesse mostrando una sua fragilità davanti a me, mi aveva reso felice. Si fidava ancora di me, voleva ancora che io sapessi tutto di lui. In un certo senso me lo aveva fatto capire, dicendomi che rivoleva che le cose tornassero le stesse di quattro anni prima, ma mi resi conto che lo voleva davvero solo in quell'istante.
Sembrò destarsi dai suoi pensieri ad un tratto, perchè la sua espressione si rilassò.
-Il solito clichè del ragazzo ricco e stronzo. Niente di interessante.- disse poi facendo spallucce e ridendo.
Ecco che si sottovalutava di nuovo.
"Ricco e bello, non stronzo" avrei voluto dire, ma mi trattenni dal fare un'altra figura di merda.
-Non sei uno stronzo. Quelli che ti stanno intorno solo per comodo sono degli stronzi. Così come quelli che ti giudicano e ti rompono il cazzo senza conoscerti. E poi perchè devi dire che non è niente di interessante?! È la tua vita, sono i tuoi sentimenti. Certo che è interessante.-
In realtà la figura di merda l'avevo fatta comunque, rispondendogli in modo così concitato.
Mi faceva salire talmente i nervi quando parlava di sè in quel modo, che non riuscivo a trattenermi, non riuscivo a tenere a freno la lingua.
"Digli anche che sogni di farci l'amore tipo quattro notti a settimana, no?!" pensai mentre alzavo lo sguardo da terra con gli occhi leggermente spalancati, preoccupato per la sua reazione.
-Sei la prima persona che me lo dice.- disse con tono dolce, visibilmente stupito, sorridendomi.
-Ma penso sarai anche l'ultima.- aggiunse poi divertito.
Cambiai immediatamente espressione, lanciandogli un'occhiataccia contrariata, mentre mi bloccavo di colpo sul marciapiede. Si fermò anche lui, accanto a me.
Scoppiò a ridere, senza smettere però di osservarmi.
-Sto scherzando, l'ho detto apposta.-
Sapevo che in realtà lo aveva detto perchè lo pensava veramente, ma decisi di lasciar perdere, almeno per quel momento.
-Mh. Meglio.- dissi poi, riprendendo a camminare, seguito da Aaron.
Riflettei per qualche secondo.
-Ma non sono tutti stronzi come quella di arte, i prof, con te. Giusto?- chiesi poi preoccupato.
Il cuore mi arrivò in gola quando lo vidi cercare di trattenere un sorriso.
Ero così felice di vedere che gli faceva piacere sapere che mi preoccupavo per lui.
-No, non tutti. Alcuni sì, alcuni no, dipende. Ma lei è decisamente quella che mi odia di più.- disse ridendo.
-No, no, okay. Quella a cui sto più antipatico.- si corresse poi, un attimo prima che lo guardassi di nuovo storto.
Dovevo riuscire a fargli smettere di dire che le persone lo odiavano.
Fino a pochi giorni prima ero convinto che non se lo meritasse, o che non avrei mai voluto fare una cosa del genere per lui. Ma sapevo già che erano tutte cazzate. Avrei fatto qualunque cosa per stargli di nuovo vicino e per vederlo felice, ma non avevo voluto ammetterlo. Un po' per la paura che si ripetesse quello che era accaduto anni prima, un po' per il mio orgoglio di merda. Ma non me ne fregava più niente di cosa avrei dovuto fare o di quale fosse la scelta più giusta e razionale. Avrei fatto quello che volevo, quello che io sentivo fosse giusto per me, e per noi.
-Bravo.- dissi sorridendo.
Accennò una risata.
-Grazie.-
-Prego.-
Sorrisi, guardando per terra.
Ci fermammo davanti ad altre striscie pedonali, aspettando che il semaforo per i pedoni sull'altro lato della strada diventasse verde.
Mi resi conto che avevo cominciato a fissarlo solo quando si voltò incrociando i miei occhi, evidentemente sentendosi osservato.
-Tu non hai la patente, vero?- chiese dopo avermi osservato.
Sbattei le palpebre un paio di volte, distogliendomi dallo stato di trance provocato dal suo viso e dal suo fottuto profumo, che continuavo a sentire ad ogni movimento.
-No, ancora no.- dissi poi scuotendo la testa, lanciando un'occhiata al semaforo.
-Come mai?-
-Be'... C'è solo la macchina di mia madre, quindi anche se prendessi la patente non potrei guidare spesso, e non so se abbiamo i soldi per comprare un'altra macchina. Poi giro sempre a piedi, tranne quando devo uscire con qualcuno, ma di solito mi faccio accompagnare.-
-Capisco. Non è una cosa importante per ora. Be', hai tempo.- disse dopo avermi ascoltato.
Dio, quanto mi era mancato parlare con lui.
-Sì, infatti.- risposi mentre entrambi ci giravamo a guardare le macchine ferme di fronte a noi e il semaforo.
-È questo uno dei motivi per cui ti sei messo con Mike? Perchè ha la macchina?- chiese poi sorridendo divertito.
Abbassai subito lo sguardo a terra. Perchè insisteva su quell'argomento?
-Già, è stato uno dei motivi.- risposi tentando di ridere.
Alzai gli occhi, notando quanto serio fosse diventato Aaron. Sembrava stesse studiando la mia espressione.
-Perchè fai sempre quella faccia quando chiedo del tuo ragazzo?-
-Mh?-
-Ti mette a disagio parlarne con me?- chiese, leggermente preoccupato.
Alzai le sopracciglia, tra lo stupito e il confuso.
-No, no, non è per te.- dissi scuotendo la testa.
In realtà era per lui che mi dava fastidio parlarne, ma non nel modo in cui lo intendeva lui.
-E allora cos'è? Non ti piace parlarne?- chiese con tono più dolce.
Mi morsi il labbro inferiore, guardandomi le scarpe.
-No, è che...- iniziai scuotendo la testa.
Alzai gli occhi da terra, guardando il viso di Aaron.
-È solo che non voglio dare a questa storia più importanza di quanta ne abbia in realtà. Ho la sensazione che se ne parlo con i miei amici, sembrerà una relazione seria, quando non lo è.-
Sembrò immobilizzarsi di colpo. Rimase fermo a guardarmi, anche se il semaforo era ormai diventato verde. Era serio, ma c'era qualcosa che non riuscivo a decifrare nel suo sguardo. Forse non si aspettava quella risposta, o forse era rimasto sorpreso per il fatto che lo avessi incluso tra i miei amici.
In realtà non erano quelle le parole esatte che avevo in mente, ma quando ero davanti a quei due occhi verdi, il cervello mi si bloccava. Nonostante mi sentissi in colpa nei confronti di Mike per ciò che avevo detto, non riuscii a pentirmi del tutto di aver ammesso quelle cose, per un motivo che non sapevo bene neanche io. Volevo che Aaron sapesse che ero sentimentalmente libero, ma a che scopo? Stavamo cercando di tornare amici, e gli andavo a dire che non ero in una relazione seria. Cosa mi aspettavo?
-Ma... quel giorno in palestra mi sembrava foste molto... innamorati.-
Aveva deglutito prima di pronunciare l'ultima parola.
-Be', si era preoccupato per me. Ed io ero un po' scosso, perciò...- dissi lasciando la frase incompleta.
-Certo. Immagino che vi vogliate un gran bene comunque.- disse guardando la strada.
Non era una domanda.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma mi bloccò subito, senza accorgersi che stavo per parlare.
-Andiamo adesso, non passa nessuno.- disse assicurandosi che avessi capito.
Il semaforo per i pedoni infatti era tornato rosso, ma attraversammo comunque.
-Tu invece? Storie serie?- chiesi dopo qualche secondo di silenzio.
Era l'ultima cosa di cui avrei voluto parlare, ma non volevo che la conversazione finisse in quel modo. E poi, una parte di me, voleva sapere se Aaron provasse qualcosa per qualcuno, o se fosse mai stato innamorato.
Si mise a ridere, e anche se temevo la risposta, ero già più sollevato vedendolo reagire in quel modo.
-No, mai.- rispose poi.
-Davvero?- chiesi illuminandomi, sperando che non si accorgesse, di nuovo, della mia reazione da scemo, e sentendomi di nuovo in colpa.
Solo perchè non poteva essere mio, non significava che non dovesse essere felice con qulcun'altro.
-Davvero.- rispose ridendo.
-Non hai... che ne so... una cotta per qualcuno o cose così? Non c'è qualche ragazza che ti piace?- chiesi, incapace di trattenere la curiosità.
Impiegò un po' a rispondere, e la cosa mi turbò un pochino.
-No. Nessuna ragazza.- rispose più serio, alzando gli occhi da terra, per poi incrociare il mio sguardo.
Smisi di camminare, fermandomi a guardarlo.
-Non ci credo.- dissi poi.
Sembrò improvvisamente molto divertito.
-Non ti chiedo chi è se mi dici che ti piace qualcuno.- insistetti.
Volevo essere sicuro che mi stesse dicendo la verità prima di gioire.
-Ma non è per quello. Non mi piace nessuna ragazza, sul serio.- mi rispose ridendo.
Un secondo di silenzio.
-Ah.-
Ricominciammo a camminare, mentre tentavo di nascondere la mia felicità.
-Pensi... pensi che sia strano?- chiese, voltandosi a guardarmi.
-No, anzi. È solo che... non me l'aspettavo. Sai, uno come te...-
-Uno come me... cosa?- chiese aggrottando le sopracciglia, regalandomi quel sorriso che amavo tanto.
Mi agitai all'istante, arrossendo.
-Lo sai...-
-No che non lo so.-
Alzai gli occhi da terra per guardarlo di nuovo, anche se stavo morendo d'imbarazzo, mentre decidevo se dire o no quello che avevo in mente.
-È che uno bello come te potrebbe avere chiunque. Per questo mi aspettavo che ti piacesse qualcuno.- dissi alla fine, alzando le spalle.
In realtà non era esattamente ciò che volevo dire, ma... ormai.
Avevo perso il conto delle figure di merda.
Continuai a guardare a terra, trattenendomi dal voltarmi per vedere la reazione di Aaron.
Ma poi che cosa mi aspettavo?!
Continuavo ad essere così ovvio. Se ne sarebbe accorto anche un bambino che provavo qualcosa per lui.

Aaron

Spalancai gli occhi, girandomi di colpo a guardare Caleb, che teneva gli occhi incollati sul suolo.
Uno bello come me?! Mi trovava bello?!
L'aveva detto con una tale naturalezza che mi aveva a dir poco sconvolto, come se non fosse la prima volta che lo diceva o che lo pensava. Non mi sentivo più le gambe.
Caleb mi trovava bello?
Tornai a guardare la strada, non sapendo cosa dire.
E anche se l'avessi saputo, dubitavo che sarei riuscito a mettere due parole sensate messe in fila.
Se non altro, era divertente che pensasse avrei potuto avere chiunque, quando l'unico che volevo era lui.
Ad un tratto si voltò a guardarmi, e sentendo i suoi occhi su di me, tentai di rilassarmi e cambiare espressione.
Se reagivo così ogni volta che mi faceva un complimento o che mi diceva una cosa carina, si sarebbe accorto di tutto.
-Se stai per dire che non è vero giuro che ti do uno schiaffo.-
Alzai di nuovo gli occhi per guardarlo.
Davanti a quell'espressione imbronciata, non potei fare a meno di scoppiare a ridere.
-Mi vuoi dare uno schiaffo?- chiesi con fare divertito.
-Dipende da cosa pensi di te.- disse alzando le spalle, con fare innocente.
-Be', non credo esattamente di essere bello, però mi piaccio. Credo sia importante avere autostima, specialmente alla nostra età. Ma non bisogna essere veramente belli per piacersi o per essere sicuri di sè. No?-
Sembrò riflettere sulle mie parole.
-Che cazzo, ma c'è qualcosa sulla quale puoi avere torto?- chiese poi, più a se stesso che a me.
Risi di nuovo.
-Più di quante tu immagini.-
-Mh. Non credo siano poi così tante.-
Ci scambiammo un sorriso.
Mi resi conto che eravamo arrivati davanti al condominio di Caleb solo quando si fermò.
Si avvicinò al portone, per poi dargli le spalle.
Mi osservò imbarazzato, mordendosi il labbro inferiore
Iniziai a toccarmi i capelli, grattandomi distrattamente la nuca.
-Quindi... Ci vediamo domani...- dissi mettendo la mano in tasca.
Annuì.
-A domani, allora.- disse sorridendo, mentre tirava fuori le chiavi dallo zaino.
Ricambiai il sorriso, allontanandomi di un passo.
-Ciao, principino.- dissi prima che chiudesse il portone, sentendolo ridere dopo quel nomignolo.
Rimasi un paio di secondi lì davanti, ancora con un enorme sorriso stampato in faccia.
-"Uno bello come me".- ripetei scuotendo la testa, mentre mi incamminavo verso casa.

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