Capitolo 10

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Caleb

La felicità che provai in quelle due ore vedendo Aaron così sorridente e a suo agio era indescrivibile.
Avevamo chiacchierato tutti quanti, di qualsiasi cosa ci venisse in mente, per tutto il tempo. Per due ore mi dimenticai completamente di quanto avessi sofferto per l'amore malato che provavo nei confronti del bellissimo ragazzo dagli occhi verdi di fronte a me. La cosa più difficile fu cercare di non fissarlo in continuazione. Nel corso della serata ci eravamo scambiati diverse occhiate, e anche dei sorrisi. Non potevo essere più felice.
Erano quasi le undici e avevamo appena chiesto il conto.
Dopo aver messo insieme tutti i soldi, James e Tony si stavano alzando per andare a pagare.
-Ma...- iniziò a dire James, allontanando la sedia dal tavolo.
-Di chi sono queste gambe?- chiese poi, un attimo prima di allungare i piedi e toccare le gambe in questione, che erano le mie.
-Del sottoscritto.- dissi alzando una mano, mentre James alzava la tovaglia per guardare sotto al tavolo.
Aaron si girò a guardarlo in modo strano.
-Lo sai che quella a cui sei poggiato non è la gamba del tavolo?- chiese ridendo.
Aaron gli lanciò un'occhiataccia.
-Cosa?- chiesi confuso.
-Quella è la gamba di Aaron.- disse ridendo, mentre alzavo la tovaglia.
Era da quasi mezz'ora che avevo le gambe attorno al suo polpaccio sinistro.
Figura di merda peggiore non avrei potuto farla.
-Oddio, scusami... Io non... ti giuro, non me ne sono accorto.- dissi, allontanando immediatamente le gambe, mentre osservavo l'indecifrabile espressione di Aaron.
-Non fa niente, davvero.- mi disse serio.
Gli altri si misero a ridere, mentre potevo sentire chiaramente la mia faccia accaldarsi.
-Pensavo davvero che fosse la gamba del tavolo... non...- continuai a giustificarmi, sempre più imbarazzato.
-Ma come hai fatto a non accorgertene? Non l'hai sentita la differenza?- chiese Taylor, ridendo.
-No che non l'ho sentita la differenza! Ho sentito una cosa dura ed ero convinto che fosse il legno!-
Un attimo di silenzio.
Ma che cazzo avevo appena detto?
Non osai voltarmi verso Aaron.
-Bene, adesso sappiamo che hai dei polpacci duri come il legno, Aaron.- disse Ray, dandogli una pacca sulla spalla e ridendo, ancora.
-Credo sia per tutti quegli allenamenti.- aggiunse Chad.
Che cazzo avevano da ridere?!
-Visto! Era normale confondersi!- esclamai, ancora imbarazzato a morte.
La risata di Aaron mi costrinse a guardarlo.
Dio, che bello il suono di quella risata. E quanto cazzo era bello lui.
-Ne sono lusingato, non avevano mai scambiato un mio polpaccio per la gamba del tavolo.- disse poi, sorridendomi.
Ero sempre più vicino all'infarto.
A quel punto mi rilassai, unendomi alle risatine di tutti.
-Però neanche tu hai detto niente. Anche tu hai scambiato le gambe di Caleb per altro?- chiese poi Taylor, con un sorrisetto sulle labbra.
Tutti gli sguardi puntati su Aaron e un attimo di silenzio.
Cos'era quella strana atmosfera, tutto d'un tratto?!
Forse ero solo un po' paranoico.
Notai una scintilla di esitazione ed imbarazzo negli occhi di Aaron.
In effetti, quella era una domanda interessante.
-Stava così comodo, mi sembrava brutto dirgli di levarsi.- rispose poi, facendo spallucce e sorridendo. Prima agli altri, poi a me.
Risero tutti, mentre io fui costretto ad abbassare lo sguardo sul tavolo per evitare che la mia faccia andasse di nuovo a fuoco di fronte ad Aaron, cercando invano di trattenere un sorriso da idiota.
-Allora alziamoci tutti. Voi aspettate fuori, intanto noi paghiamo.- disse Tony.
Ci alzammo tutti, dirigendoci verso l'uscita.

Aaron

Mentre aspettavamo Tony e James fuori dal ristorante, mi accesi una sigaretta.
Mi soffermai ad osservare le gambe di Caleb, mentre era intento a parlare con Roxy e Taylor degli orecchini che portava una della due.
Avevo capito che non si era accorto di quello che stava facendo, ed ero rimasto immobile con la gamba sinistra proprio per evitare che se ne accorgesse. Era stato divertente vederlo arrossire. Per la situazione, non per me, ovviamente. Però vederlo così in imbarazzo mi aveva fatto tremare il cuore.
Era così bello con le guance arrossate e l'espressione confusa e imbronciata.
-Eccoci qua.- disse James uscendo, con Tony alle sue spalle.
-Dobbiamo uscire di nuovo tutti insieme.- disse Taylor, guardando prima il suo ragazzo, poi tutti gli altri.
Annuimmo tutti, sorridendo e dicendo quanto ci eravamo divertiti e che ci saremmo sicuramente rivisti. Per la prima volta da chissà quanto, mi ero davvero divertito e mi ero sentito a mio agio. Una parte di me sperava davvero che una serata come quella capitasse ancora, anche se sapevo benissimo che quelle erano semplici frasi di circostanza, quelle che si usano per chiudere in bellezza
-Abbiamo tutti un mezzo per tornare a casa, o abbiamo casini anche qui?- chiese Roxy ridendo, riferendosi ai calcoli che avevamo fatto per riuscire a pagare.
-James porta a casa Taylor, Roxy e Tony, quindi Aaron porta a casa Chad e Ray, e io porto a casa Caleb.- disse Liam.
Col cazzo che lo avrei lasciato da solo con Caleb. E poi, anche se non sapevo cosa dirgli, volevo essere io a riportarlo a casa.
-Mi sa che casa di Aaron è un po' lontana dalle nostre...- disse Ray, voltandosi verso Chad, come se mi avesse letto nel pensiero.
-Io e Caleb abitiamo vicino, posso accompagnarlo io.- dissi con il tono più sicuro che riuscii ad assumere, guardando storto Liam.
-Se per te va bene.- aggiunsi poi, girandomi per guardare Caleb negli occhi.
Mi osservò, incredulo.
-Beh, in effetti... Credo sia più comodo che Liam porti a casa voi e che Aaron porti a casa me. Se va bene a tutti.- disse spostando lo sguardo da me a Liam, Chad e Ray.
-Sì, per me è uguale.-
-Sì, sì, va bene.-
Liam impiegò un po' di più a rispondere.
-Certo, nessun problema.-
Sì, cazzo.
Accompagnai Chad, Tony e Ray alla mia macchina per fargli prendere i borsoni di basket.
-Dovresti proprio cambiare amicizie, Aaron.- mi disse Tony, una volta chiuso il bagagliaio.
-Fai tanto per nasconderlo, ma si vede che sei un bravo ragazzo.- aggiunse poi dandomi una pacca sulla spalla e sorridendo.
Lo stupore e la felicità che mi provocarono quelle parole, sorprese anche me. Non me lo aveva mai detto nessuno, tranne Barb, che ero un bravo ragazzo. E comunque, non avevo mai creduto di esserlo, anzi. I sorrisi di Ray e Chad non fecero altro che rendermi più felice, anche se in un certo senso in colpa. Non meritavo quel complimento.
-Ragazzi, io... Non so che dire, grazie.-
-Dì che ci frequenterai più spesso, d'ora in poi!- esclamò Ray.
Non potei fare a meno di sorridere.
-Certo. Lo farò.-
-Bravo ragazzo!- esclamò Chad, dandomi un'altra pacca, stavolta sulla schiena.
Erano proprio fantastici quei tre.
Ci riunimmo agli altri, poi ci salutammo tutti, e non potei fare a meno di notare lo sguardo protettivo che Liam rivolse a Caleb, un secondo prima di voltarsi e andare verso la sua macchina. Forse dopo aver visto quanto potevo essere violento, aveva paura che lo diventassi verso Caleb. Non avrei mai potuto fargli del male, ma Liam non lo sapeva. Capivo il suo timore, visto che erano amici.
-Bene. Andiamo?-
-Ah, sì. Certo.- rispose Caleb, camminando al mio fianco verso l'auto.
Speravo solo che non avrei fatto o detto qualche stronzata.
-Come mai... ti sei offerto di accompagnarmi a casa?- mi chiese, una volta saliti in macchina.
-Perchè abitiamo vicini.-
-Mh.-
Un secondo di silenzio.
-Non mi andava di lasciarti di nuovo da solo con quello. Con Liam.- aggiunsi poi, stavolta dicendo la verità, mentre uscivo dal parcheggio.
Potevo vedere con la coda dell'occhio il viso di Caleb rivolto verso di me.
-Ti aspettavi un'altra risposta?- chiesi, girandomi ad osservarlo per un secondo.
Si mise a guardare fuori dal finestrino.
-A dire la verità, in questo periodo non so più che aspettarmi da te.-
-Già. Non lo so neanch'io di preciso.- dissi sospirando.
Rimase in silenzio per un secondo.
-Se non lo sai neanche tu, allora cosa stiamo facendo?-
Il tono che aveva usato, oltre alla domanda stessa, mi colpirono dritti al cuore.
Di nuovo quel tono dolce e al tempo stesso disperato.
Che cosa avrei dovuto dirgli?
-Non voglio confonderti le idee Caleb, mi dispiace.-
-È la seconda volta che me lo dici. Ti dispiace di cosa, esattamente?-
C'era una leggera punta di rabbia nella sua voce.
Sapevo che avremmo dovuto parlarne prima o poi, ma non mi sentivo pronto.
-Non mi va di litigare con te e rovinare questa serata.-
Mi guardò per un secondo, poi tornò a concentrarsi sul finestrino.
Fantastico, riuscivo sempre a rovinare tutto.
Dopo diversi minuti passati in totale silenzio, fui costretto a fermarmi per un semaforo rosso.
Mi poggiai col gomito al finestrino, mentre con l'altra mano stringevo con forza il volante.
-Mi dispiace per tutto. Per tutto il male che ti ho fatto in questi anni.- ammisi, con gli occhi rivolti ad un punto impreciso davanti a me, incapace di guardare la sua espressione dopo quello che avevo detto.
-Lo so che non serve a niente dirtelo adesso, ma non importa. Fai bene ad odiarmi.-
Rimase in silenzio, con gli occhi fermi sul semaforo.
Senza accorgermene, iniziai a trattenere il fiato, sperando che dicesse qualcosa.
Il semaforo diventò verde, così partii di nuovo.
-Credo sia decisamente limitativo dire che provo solo odio nei tuoi confronti. Ma, come hai detto tu l'altra volta, è complicato...- disse, senza guardarmi.
Ed eccola lì, la speranza che mi aveva dato Mia. Forse Caleb mi voleva ancora bene. Almeno un po'.
-Neanche io voglio litigare, è solo che... Non so come comportarmi. Non capisco perchè stai facendo tutto questo, di punto in bianco...- disse poi, iniziando a mordersi il labbro inferiore.
Era nervoso. E io avevo il cuore che andava a mille.
Presi coraggio prima di rispondere.
-Mi piacerebbe cercare di rimediare agli errori che ho fatto... se me lo permetti.- risposi, guardando ora lui ora la strada.
Ci pensò un secondo.
-Vedremo.-
Il sorriso che stava cercando di nascondere aveva tradito quella risposta apparentemente fredda.
Mi stava dando davvero un'opportunità.
-E così... trovi che i miei polpacci siano duri.- dissi dopo qualche altro secondo di silenzio, cogliendolo alla sprovvista.
Si irrigidì sul sedile.
-Ho già chiesto scusa! Non l'ho fatto apposta, davvero!- esclamò imbarazzato.
Mi misi a ridere.
-Ma io ti ho chiesto un'altra cosa.- dissi, senza smettere di sorridere.
Sbuffò, spostando lo sguardo da me al finestrino.
-Visto che ti interessa tanto il mio parere, sì. Hai i polpacci duri.-
Non credevo l'avrebbe detto veramente. Volevo solo stuzzicarlo un po', perchè era adorabile.
-Sei contento?!- esclamò poi, incrociando le braccia al petto.
Scoppiai a ridere.
-Decisamente.-
Mi osservò per un attimo.
-Stupido.- borbottò a bassa voce, scuotendo la testa e ridendo.
Chissà quanti momenti come quello avremmo potuto passare insieme... E chissà quanti suoi sorrisi mi fossi perso.
-Ho visto che il numero di quella ragazza sul tuo braccio si è sbiadito...-
Doveva aver fatto caso ai numeri ancora visibili sulla mia pelle, quando mi ero tolto il giacchetto al ristorante.
-Ah, sì... Ho provato a toglierlo, ma l'inchiostro non vuole andare via.-
-Significa che l'hai già usato, allora.-
Perchè stavamo parlando di una cosa del genere?!
Pensai attentamente a come rispondergli, di nuovo.
-Sì, infatti...-
Lo vidi serrare la mascella, e per qualche motivo sentii il bisogno di spiegare.
-Era da un po' che ci provava, ma non mi era mai piaciuta...-
-Deve esserci rimasta male.-
Ecco, aveva capito tutto.
Del resto lo sapeva tutta la scuola che scopavo un po' con qualunque ragazza volesse farlo con me.
-Si è arrabbiata... giusto un po'.- ammisi, sarcasticamente.
Scoppiò a ridere.
-Perchè ridi?- chiesi confuso.
Ero convinto mi avrebbe insultato, non di certo che si sarebbe messo a ridere.
-Mi stava un po' antipatica. Non voglio incoraggiarti a trattare così tutte le ragazze con cui vai a letto, però quella se lo è meritato. Lo so, è una cosa da stronzo.-
-Ma come sei cattivo!- esclamai in tono teatrale.
-Stava un po' antipatica anche a me.- ammisi poi ridendo.
-Lo so.-
-Come lo sai?- chiesi confuso, girandomi a guardarlo mentre ci avvicinavamo alla nostra via.
-Sono un bravo osservatore.- disse facendo spallucce.
Scossi la testa sorridendo, svoltando a destra.
-Ma dove stai andando?- mi chiese quando superammo casa sua e il bar.
-A casa mia. Lascio la macchina fuori e ti accompagno a piedi.-
Parcheggiai davanti al cancello di casa mia, per poi voltarmi verso Caleb.
-Non ha molto senso questa cosa.- disse confuso.
-Scendi e basta.- risposi ridendo.

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