Capitolo 18

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Caleb

Eravamo appena usciti dal cinema, e non avevamo fatto altro che parlare del film, mentre andavamo verso il parcheggio.
-No, non li buttare. Li mangiamo in macchina.- dissi ad un tratto, vedendolo andare verso un secchio della spazzatura con i popcorn in mano.
-Ma così ci roviniamo la cena...-
-Parla per te, io avrò fame comunque!- esclamai ridendo e togliendogli dalle mani il cesto di popcorn.
-E poi mi dispiace buttarli. Credevo ne mangiassi di più.- dissi poi alzando le spalle.
-Li mangio solo all'inizio, durante la pubblicità. Quando inizia il film sono talmente concentrato che mi passa la voglia.-
Mi bloccai in mezzo al marciapiede.
-Stai scherzando?- chiesi serio.
Si girò a guardarmi con un' espressione confusa e quasi preoccupata.
-No, perchè?-
-È la stessa cosa che faccio io.- risposi, ancora stupito.
Se ci fosse stata Mia avrebbe urlato "È un segno del destino! Siete anime gemelle!"
-Credevo stessi per darmi dell'idiota!- disse tirando un sospiro di sollievo, per poi mettersi a ridere.
-Non mi permetterei mai.- risposi passandogli accanto, lanciandogli un'occhiata divertita.
Lo sentii ridere, e in quel momento gli squillò il telefono.
-Ah, è Tony.- disse guardando lo schermo, per poi rispondere.
-Hey. Sì, ti ho detto che vengo. Non so, tempo di arrivare... una ventina di minuti credo. No, no, Caleb è con me. Sì, veniamo insieme. Okay, a dopo.-
-Che voleva?- chiesi avvicinandomi alla macchina.
-Principalmente assicurarsi che sarei venuto e sapere se eri vivo visto che non hai risposto ai messaggi di Roxy e Taylor.-
-Ah, è vero! Mi ero scordato di rimettere il volume.- dissi prendendo il telefono, notando effettivamente che mi avevano scritto entrambe.
-Sono andati lì un po' prima perchè quel ristorante è sempre pieno, quindi ci stanno aspettando.-
-E noi ci facciamo aspettare.- risposi mettendo via il telefono e alzando le spalle.
Ci scambiammo un sorriso, e poi fece partire la macchina.

-Senti, Caleb...- inizò a dire toccandosi nervosamente la nuca, una volta parcheggiata la macchina fuori dal ristorante.
-Sì?-
-Dato che loro non sanno... insomma, non sanno niente di noi due...-
Capii subito cosa stava per dire. Era chiaro che non gli piaceva chiedermi una cosa del genere. Si sentiva in colpa, glielo potevo leggere negli occhi, e questo mi rendeva impossibile arrabbiarmi.
In quell'istante mi ricordai che, in realtà, sarebbe stato meglio anche per me non dire niente agli altri. Se avessero saputo che ci conoscevamo da quattro anni, e avessero scoperto altri particolari, avrebbero capito che era Aaron il migliore amico di cui avevo parlato la prima sera, quello di cui ero innamorato.
-Ci vediamo durante le ore di arte e siamo diventati amici da poco. Non sapevamo di abitare vicini fino a poco tempo fa. E basta.- dissi alzando le spalle.
Alzò gli occhi dai suoi piedi e si girò verso di me come se avesse visto Dio sceso in terra. Sembrò sentirsi ancora più in colpa, dopo avermi visto sorridere.
-Ti giuro che non è perchè mi vergogno di te. Ho solo paura che inizino a farmi delle domande alle quali non saprei rispondere. E alle quali non potrei rispondere.-
Mi stava pregando di perdonarlo osservandomi con quegli intensi occhi verdi.
-Te l'ho detto, per adesso va benissimo così. L'importante è che siamo di nuovo amici.- risposi sorridendo.
Era la verità.
Continuava a guardarmi con quell'espressione da cucciolo ferito.
-Non mi guardare così, ti ho detto che va bene.- insistetti ridendo.
Mi batteva il cuore all'impazzata. In quei momenti mi rendevo conto di quanto fosse stato male anche lui, in quegli anni passati a fingere di odiarci. Lo avevo perdonato ormai.
-Tuo padre non è l'unico che non ti merita. Sei troppo buono con me. Non smetterò mai di dirlo.- disse guardandomi dritto negli occhi.
Non sapevo perchè, ma mi era tornato in mente ciò che mi aveva detto quando avevamo litigato a scuola.
Arrosii solo ripensandoci.
"Non so cosa farei se tu mi odiassi adesso. Non riuscirei a sopportarlo."
Non avrei mai più litigato con lui come quel giorno.
-Smettila di farmi tutti questi complimenti e scendiamo dalla macchina!- esclamai alzando la voce, per poi scendere. Non sapevo come riusciva a dirmi certe cose con una tale naturalezza.
-Mi uccidi se ti ringrazio un'altra volta.- disse quando iniziammo a camminare verso il ristorante, per poi sorridere.
Finsi di pensarci un attimo.
-Già.-
Si mise a ridere.

Don't fade awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora