Capitolo 6

946 87 32
                                    

È arrivato il giorno.
Dopo due anni passati in mezzo a queste quattro mura d'acciaio io e Shouto potremo finalmente uscire da questo posto infernale. Quasi non riesco a crederci. Potremo vedere di nuovo il mondo esterno, sebbene sará accompagnato dal triste spettacolo della guerra. Ho giá deciso di fare quello che mi viene detto: combatteró con vigore insieme a Shouto contro i ribelli, riverseró altro sangue nella terra bruna, lasceró che le grida mi penetrino nella carne e mi lascino ferite profonde, per poi cercare di dimenticarle tornando alla mia vita normale, a Salem.
Nonostante ció, comprendo che il sangue che ristagna nel mio cuore è indelebile. Anche se tornassi a casa questo peso che mi porto dietro non potrebbe attutirsi, ma non sparirá mai del tutto.
La ferita è riassorbita nella quotidianitá e non ci si ricorda piú dov'è. Ma rimane. Non è una cosa che si puó tirare fuori e mostrare. Se si puó, vuol dire che è una ferita da poco.

Il giorno prima della partenza abbiamo mangiato in mensa: è una stanza molto grande e completamente rivestita di candide piastrelle, così pulite che ti ci puoi specchiare senza problemi. Ci sono molti tavoli, cosa piuttosto strana visto che ci abbiamo mangiato solo noi due nel corso di questi due anni, ma probabilmente hanno riutilizzato un vecchio locale in disuso in vista di un probabile aumento di reclute nel caso il nostro addestramento avesse dato i suoi frutti. Ogni giorno, disposti uno di fronte all'altro, troviamo due asettici vassoi con il nostro pasto. Non abbiamo mai visto nessuno portarlo lì, ma il cibo è sempre fumante.
Abbiamo mangiato in silenzio, uno di fronte all'altro, come ogni giorno.
E non abbiamo parlato, come ogni giorno.
Tuttavia si sentiva una tensione enorme. Sembrava che nessuno di noi avesse il coraggio di romperla.
Dopo un pó di tempo, peró, ho deciso io di farlo. Almeno quel giorno volevo sentire la sua voce.
"E quindi, domani..."
"Già."
Non mi sono stupito della sua freddezza. È sempre stato così, quando è nervoso. Semplicemente non riesce a comunicare quello che prova a un'altra persona molto facilmente. Fa parte del suo carattere.
Mi sono stupito invece quando lui ha alzato improvvisamente il tono di voce.
"Midoriya ..."
La sua voce era un misto di incertezza e paura, che per un istante mi ha lasciato completamente spiazzato. Mai, durante questi due anni, ho udito una voce che tradisse così tanto dolore uscire dalle labbra di qualcuno. Con la voce tremante sono riuscito a formulare solo poche sillabe.
"Sì?"
"Ho paura."
Ho alzato lo sguardo, e solo in quel momento ho visto due grosse lacrime che cadevano nel suo piatto. Mi guardava dritto in faccia. Stava  piangendo, ma la sua voce era ferma.
Gli presi la mano, che se ne stava accasciata sul tavolo della mensa. 
"Anche io ho paura."
Saremmo veramente riusciti a sopravvivere? Dopotutto l'esercito ci stava mandando verso una missione suicida. Eravamo due ragazzini, ed era difficile sopportare il peso della propria vita e di quella dei propri cari. Tutte le lacrime che avevo versato e quelle che stava versando lui ora, solo ora, quando aveva la certezza di essere diventato carne da macello, dovevano essere servite a qualcosa.
Ho sentito i miei occhi diventare lucidi. Ti ho stretto la mano ancora più forte.
"Ne usciremo vivi, hai capito? Se l'esercito ci vuole mandare al suicidio noi non moriremo, non gli daremo questa soddisfazione. Gliela faremo pagare a quei ribelli bastardi e poi, quando la guerra sarà finita, ce ne tornaremo a casa." 
Dapprima Shouto sembrava rincuorato, ma alle mie ultime parole si era rabbuiato tutto a un tratto.
Lui non aveva una casa in cui tornare.
"Se vuoi potresti venire con me al mio villaggio."
A queste parole un piccolo e raro sorriso lo illumina. Si asciuga velocemente le lacrime con la manica, per poi stringere la mia mano.
"E' una promessa?"
"Puoi contarci."

Sono venute delle guardie a prelevarci e ci hanno scortato attraverso la base fino al furgone che avrebbe dovuto portarci in prima linea. Rivedere quelle mura e quel filo spinato per l'ultima volta mi suscita diverse emozioni che non capisco appieno. Puó essere gioia come tristezza, sono offuscate dal furioso battito del mio cuore che mi accompagna fino a quando Shouto non mi prende la mano.
"Sei nervoso."
"N-Non è vero!"
Arriviamo al furgone e ci sediamo sulle panche appoggiate ai lati. All'interno ci sono diverse casse contenenti armi di diverso genere e provviste per il viaggio e per i soldati della prima linea.
Ci avrebbe accompagnati il sottotenente Dabi. Deve sbrigare alcuni affari nella zona e quando entriamo nel veicolo ci accoglie con un duro:
"Attenti!"
Facciamo il saluto e rimaniamo in piedi in attesa di sentire gli ordini.
Ci dice di sederci e comincia a camminare su e giù per il rimorchio guardando sia me sia Shouto.
"Da questo momento in poi, siete gli unici membri della squadra speciale Alpha 1. Sarete soldati," aggiunge con un sorrisetto.
"E sarete in guerra."

"Dici che abbiamo avuto una buona idea ad addestrare quei due?"

Kurogiri guardò il Generale, che in quel momento stava bevendo a canna da una bottiglia piena di un liquido ambrato. Non sapeva per quale motivo lo aveva richiesto, ma quando il suo superiore gli chiedeva qualcosa si aspettava sempre una risposta. Fece oscillare il bicchiere che aveva in mano, per poi bere un sorso.
"Credo che ormai sia troppo tardi per chiederlo, signore. Dovrebbe arrivare a momenti il sottotenente Dabi e il sottotenente Himiko che vi daranno un quadro più preciso della situazione."
Questo sembrò placare il Generale  per alcuni minuti, almeno fino a quando Toga spalancò la porta e si lanciò tra le braccia del Generale, che la respinse appena prima di cadere dalla poltrona.
"Buongiorno Generale Shigaraki - kun!"
Dabi entrò poco dopo, rivolgendo un'occhiataccia alla sua compagna.
"Allora, sottotenente, la squadra speciale Alpha 1 è partita alcuni giorni fa per la prima linea. Confermi? "
"Confermo, signore."
Il Generale Tomura Shigaraki distolse lo sguardo dalla bottiglia ormai vuota e posò lo sguardo sul ragazzo, che accennò un sorrisetto.
"Il nostro piano sta andando come previsto?"
Il sorrisetto di Dabi si allargò ancora di più.
"Stanno facendo una strage, signore."

----ANGOLO DI UN'AUTRICE----

Oggi vi premio con un capitolo un po' più lungo del solito!

Sono veramente felice che questa storia vi stia piacendo così tanto! Giuro che non me lo aspettavo ( anzi sì :)  )

Smettila di fingere di avere autostima Gaia. Ok? Ok.

Comunque la frase in corsivo è una citazione di Haruki Murakami, dal suo libro Dance Dance Dance. Se vi piace leggere i suoi libri sono veramente imperdibili!

Che cos' avranno in mente il Generale e gli altri? Lo scoprirete nei prossimi capitoli!

A presto!

War || Katsudeku ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora