Capitolo 28

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Lo avevano slegato, lavato e portato in una stanza lucida, che puzzava ancora di disinfettante. A Shouto quell'odore non piaceva: gli ricordava troppo la madre, il suo sorriso tirato sul letto d'ospedale. Non gli piaceva per niente nemmeno il fatto di essere tornato tra quelle familiari quattro mura della base Hawkins. I ricordi di quel posto erano incisi spietatamente sulla sua pelle, e alla vista di quel posto orribile le ferite si erano riaperte.
Si tiró su dal letto dove l'avevano posato, ancora incosciente dopo tutte le percosse ricevute durante gli interrogatori. Dopo il piccolo colloquio con Touya, peró, il sottotenente non si era fatto piú vedere. L'odio delle sue parole riaffioró alla mente di Shouto, che non potè fare a meno di chinare il capo, affranto. Doveva far capire al fratello che lo avrebbe perdonato, in tutti i modi. Non sapeva quanto tempo ci sarebbe voluto o quanti altri rifiuti avrebbe dovuto subire, lui lo avrebbe convinto a perdonare sè stesso.
Arrivó faticosamente fino allo specchio di fronte al letto ed esaminó attentamente la sua immagine riflessa. Aveva diversi ematomi e un taglio profondo lungo il sopracciglio, ma sembrava che fossero stati curati, come testimoniavano anche le bende sulle braccia e sulla fronte. Si toccó la ferita sul sopracciglio e sussultó quando una fitta di dolore gli prese metá del viso. Fissó ancora un pó i punti che gli avevano messo, fino a quando la porta a fianco a lui si aprì con cautela, facendo entrare nella stanza un uomo austero e imponente, dai muscoli importanti che risaltavano sotto la divisa e le medaglie dorate sul lato sinistro del petto. I capelli, di un rosso acceso, erano tagliati corti e un pó di rada barba dello stesso colore gli attorniava la parte bassa del viso. Le labbra erano serrate, gli occhi azzurri scrutavano il figlio, che di tutta risposta si giró dall'altra parte, verso la finestra con la tapparella abbassata.
" Cosa vuoi. "
L'uomo, che altro non era che Enji Todoroki, meglio conosciuto come Maggiore Endeavor, entró nella stanza, riempiendola sella sua presenza soffocante.
" Mi hai deluso, Shouto. "
Il ragazzo sospiró, per poi sedersi sul letto, esausto.
" Immagino che per te quelli che faccio non sará mai abbastanza. "
" Non permetto che mio figlio si faccia catturare dai ribelli senza aver usato tutto il suo potere, quello che io ti ho tramandato. Ne va dell'orgoglio della nostra famiglia. "
Il ragazzo strinse forte i pugni.
" Non useró mai piú il tuo potere. Ce la faró solo con quello della mamma. "
" Quella donna non fá piú parte della tua vita, Shouto. Devi fartene una ragione. Ha attentato alla tua vita e al tuo futuro come soldato. "
" Non mi farai cambiare idea, Endeavor. Nè riguardo mia madre, nè riguardo il mio potere. Ho preso la mia decisione, e ora lasciami in pace."
L'uomo serró la mascella, contrariato. Fece un sospiro di disappunto, per poi ribattere con tono freddo:
" Sei una vergogna per la tua famiglia, come tuo fratello. "
Shouto sentì la porta sbattere dopo qualche secondo, accompagnata dal rumore di passi pesanti che si allontanavano dalla sua camera. Un profondo silenzio irruppe nell'aria, infiltrandosi nel corpo del ragazzo, sotto la sua pelle. Un lancinante senso di oppressione e impotenza si fece strada improvvisamente in lui, lasciandolo senza fiato. Solo dopo alcuni minuti e senza rendersene conto si ritrovó ad asciugarsi le lacrime, le quali non riuscivano a fermare il loro costante flusso. Si infrangevano al suolo come macigni, mentre per la frustrazione il ragazzo si prese la testa fra le mani, pregando di riaddormentarsi e dimenticare quella terribile sensazione.

" Sappiamo almeno dove si trova? "
Mirio ha un'espressione perplessa. E' ormai giunta l'ora e i partecipanti alla missione si sono radunati sul tetto, come Kacchan aveva detto. Tira un vento gelato, segno che tra poco scoppierà un potente temporale. Sono rimaste poche sentinelle in giro, e l'oscurità offre riparo a coloro che non vogliono essere ascoltati da nessun origliatore nascosto.
" Per questo non c'è problema. Sia a me sia a Shouto hanno impiantato un geolocalizzatore nella retina dell'occhio, in modo che possiamo sapere sempre dove uno si trova in caso di emergenza. Inoltre quest'apparecchio e impossibile da togliere senza danneggiare l'occhio, e penso che non facciano perdere la vista al loro miglior cecchino. "
Il ragazzo sospira, sollevato.
" Beh, almeno abbiamo la sua posizione. "
Poi ribatte con aria pensosa: " Il problema vero resta il modo in cui possiamo farti uscire dalla UA. Tutte le entrate sono sorvegliate, e non ci sono spiragli nelle mura. "
" Ora come ora, solo Mirio riuscirebbe a passare inosservato. " Ribatte Nejire.
" Ci ho giá pensato anche io. Credo sarebbe meglio agire durante il cambio della guardia. Credo che riusciremo a passare in quel minuto di tempo necessario alla sentinella di salire sulla torretta di guardia. " Kirishima è appena arrivato, e dopo aver parlato mi rivolge uno sguardo serio, per poi ribattere:
" Sei sicuro di volerlo fare,Midoriya? "
Punto lo sguardo a terra. Sono a conoscenza dei rischi, e so che quello che sto facendo è una cosa folle. Il soldato della squadra speciale Alpha 1 non avrebbe mai fatto un'azione così sconsiderata dal punto di vista strategico.
Ma ormai non sono piú quella persona.
" Sono sicuro. "
Come risposta mi fa un breve sorriso d'incoraggiamento, che rilassa un poco i miei nervi già abbastanza scossi.
" Ehi, MerDeku. "
Mi giro verso Kacchan. Ha un' espressione concentrata, come sul campo di battaglia. Mi rivolge uno sguardo perentorio che mi fa gelare il sangue nelle vene per un momento.
" Assicurati di non venire catturato, sarebbe una rottura andare a riprendere anche te. "
Non posso fare a meno di sorridere. So che per lui è questo il modo di incoraggiarmi, e sebbene sia poco convenzionale mi calma completamente. Prendo la pistola che mi sono portato per la missione e inserisco il caricatore. Il suono familiare dell'arma che accoglie i proiettili al suo interno mi mette addosso una strana sensazione, che non provavo ormai dal mio primo incontro con Kacchan.
Una scarica elettrica mi attraversa il corpo, mentre i miei piedi cominciano a muoversi verso la porta.
" Andiamo, allora. "

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