Il preside si siede su una sedia da ufficio e appoggia i gomiti sul tavolo, per poi guardare me e Shouto con interesse. Si sistema la bandana con la zampa, per poi dirci:
" Credo siate ben al corrente del motivo per cui voi siete qui, quindi non lo spiegherò. Potrei illustrare le torture che potremmo infliggervi per costringervi a confessare, ma so che probabilmente vi hanno addestrati in modo da non lasciarvi sfuggire neanche un'informazione. Ci tengo comunque a dirvi che il fatto che siate dei ragazzini non vi salverà. Vi abbiamo riservato lo stesso trattamento che avremmo propinato a un qualunque prigioniero, sebbene voi siate i primi. Non ci tratterremo se sarà necessario farvi del male. "
Non posso fare a meno di deglutire. Nonostante il suo aspetto, quell'individuo non sembra un tipo scherzoso. Provo a cercare conforto nelle iridi di Shouto, ma ci trovo soltanto il riflesso della mia espressione impaurita. Giro dunque lo sguardo, sconsolato.
Il preside si allunga verso di me, per guardarmi con i suoi potenti occhi neri.
" Tu sai perchè sei qui, ragazzo? "
Non rispondo. Mi è stato vietato di rispondere a tutte le loro domande. E' la regola n.1 dell'addestramento. Crede che ci caschi così facilmente?
Ricambio il suo sguardo senza esitazione.
" Hai idea del motivo per cui combatti? Per cui rischi di morire ogni giorno sul campo di battaglia? "
Non ottiene risposta neanche questa volta. Quelle enormi pupille nere si riducono a due fessure mentre Nezu si appoggia allo schienale della sedia.
All Might si avvicina a me. Non lo guardo, ma sentii comunque la sua mano poggiare delicatamente sulla mia spalla.
" Non c'è bisogno di tacere, giovane Midoriya. Te lo abbiamo detto: non abbiamo intenzione di farti del male."
Prendo un profondo respiro. L'idea di mentire al mio mentore non mi piace per niente, ma so che se parlassi l'esercito collegherebbe subito i fatti e a quel punto chissà che cosa farebbe alla mamma. Lo so più di tutti che i loro metodi sono spietati, l'ho sperimentato sulla mia pelle, e la mamma non reggerebbe di certo. No, non posso metterla in pericolo. C'è troppo in ballo.
Stringo i denti e cerco di mantenere un tono freddo e abbastanza distaccato, sebbene si possa ancora percepire un' incrinatura nella mia voce.
" Non fraintendermi, ma questo non mi rassicura neanche un po'. "
" Credi che potrei fare del male al mio protetto? "
" Non è di te che ho paura. In questo momento sono un prigioniero in un covo di ribelli nemici della patria, mi pare più che logico nutrire qualche dubbio. "
Cerco di avere un tono fermo, ma mano a mano che le parole mi escono dalla bocca la mia voce si fa sempre più spezzata. Non riesco a convincere neanche me stesso, figurarsi un drappello di ribelli armati fino ai denti. Sta per scapparmi un singhiozzo, quando la voce fredda di Shouto mi interrompe.
" Provateci quanto volete, ma non riuscirete mai a farci confessare. Siamo stati addestrati anche a superare queste situazioni, e non c'è tortura esistente che ci farà cedere. "
Il preside posa lo sguardo su noi due, squadrandoci attentamente, come se volesse analizzarci. La stanza viene immersa da un silenzio totale che dura qualche minuto, mentre tutti teniamo la bocca chiusa, aspettando il verdetto del capo.
Questi si alza dalla sedia, che produce un sinistro cigolìo. Cammina a fianco del tavolo al centro della stanza, per poi posare lo sguardo su di noi. Ad un tratto i suoi angoli della bocca si alzano, rivelando un caldo e largo sorriso rivolto a me e Shouto.
" Vi farò vedere che la violenza non rientra nei nostri metodi, allora. "
Ho bisogno di stare da solo. Rivedere Deku mi ha lasciato con un turbine di pensieri in testa e un uragano di emozioni nel cuore, che sembrano sul punto di uscire fuori. E' come se avessi costantemente bisogno di urlare, di dire qualcosa, senza sapere nemmeno cosa. Mi sento strano, ecco.
Liquido capelli di merda con un cenno scocciato. Lui sembra capire e si allontana dicendo che deve controllare una cosa da qualche parte. Non lo ascolto nemmeno e mi dirigo verso il tetto dell'edificio con la mia solita andatura, urtando un po' di persone e urlando in faccia a chi osa urtare me.
Almeno nessuno si è accorto del mio stato pietoso. A fingere sono bravo, su questo non c'è nulla da dire.
Cammino con passo deciso verso il tetto dell'istituto. Fortunatamente a quell'orario tutti stanno dentro la scuola per sfuggire alla calura estiva, quindi il posto è deserto. Cammino fino al bordo e mi siedo con le gambe sospese nel vuoto. Voglio spaccare qualcosa, qualsiasi cosa.
Proprio adesso che sono riuscito a dimenticarlo. Possibile che quel nerd di merda mi debba stare sempre tra i piedi?
Noto che in un angolo dello spiazzo sono state ammucchiate alcune scatole e altri rifiuti. Probabilmente sono stati lasciati lì da alcuni studenti troppo pigri che non avevano avuto voglia di buttarle nel modo corretto. Ci sono un sacco di teppisti quando lo U.A. era una scuola normale, e io ero uno dei più temuti. Sebbene fossi solo al primo anno, con il mio carattere mi ero conquistato il titolo di persona più antipatica e scostante di tutta la scuola, insieme a quello di uno degli studenti più dotati degli ultimi cinque anni.
Sono un leader nato, dopotutto. L'ho sempre saputo, e non avevo bisogno che una stupida accademia me lo ricordasse.
Ho bisogno che me lo ricordi lui.
E' dura ammetterlo, ma mi è mancata la sua ammirazione sconfinata per me.
Sebbene cerchi di mascherarla sotto quella dura calotta di odio, sotto sotto anche lui è contento di vedermi, ne sono sicuro.
Aspetta, ma che sto dicendo?
ANCHE LUI?
No, a me non è mancato per niente quel nerd di merda. Io lo voglio morto. Voglio farlo fuori con le mie mani, perchè alla fine è un debole. Soltanto un debole.
In preda all'ira alzo lo sguardo verso il cielo, posando per un'attimo i miei occhi sul mucchio di rifiuti. Strabuzzo gli occhi, mentre mi giro con un gesto repentino verso le scatole.
Giurerei di aver visto un ciuffo di spettinati capelli verdi.
" Perchè continuo a pensare a te, Deku? "
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War || Katsudeku ||
FanfictionIzuku Midoriya non si sarebbe mai aspettato di finire sul campo di battaglia. La sua infanzia a Salem insieme a sua madre, però, è ormai un ricordo lontano, impregnato da una dolorosa e straziante malinconia che lo accompagnerà in ogni momento, alme...