2-Spegnere un sorriso.

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Tiro su con il naso e sollevo gli occhi verso la struttura della scuola media.
Respiro il freddo e lo sento dolere sui miei lividi freschi. Per fortuna però, indossare un maglione pesante e una sciarpa al collo copre tutto quanto.
Percorro l'ultimo tratto a piedi trascinando con me la bicicletta e la fermo a uno dei pali, nascosta un po' tra le siepi.

È il mio unico mezzo di locomozione e proprio per questo non posso permettere a nessuno di rubarla.
Affronto la piazzola gremita da altri ragazzi e, senza pensarci neppure per un istante, mi getto a braccia aperte contro la schiena di uno di loro.
Lo colgo alla sprovvista, tant'è che lo sento sussultare.
Rido e lui fa altrettanto.

«Dani, anche oggi vuoi che ti porti in spalla?» chiede arricciando il naso rosso per il gelo.

Fingo di pensarci per un paio di secondi e, alla fine, annuisco con un ghigno. «Sei grande e grosso, Mirko, un paio di rampe di scale con il mio peso non ti uccideranno mica!» esclamo allacciando le gambe ai suoi fianchi.
Mirko D'Angelo è un mio grandissimo amico, sin dalle elementari.

Tra tutti i compagni della nostra classe, lui svetta come un vero e proprio colosso: è robusto, alto e forte. Qualcuno potrebbe vederlo come un possibile bullo, uno di quelli che si vedono anche nei film pronti ad attaccare briga con chiunque, ma lui ha un cuore d'oro.
Mi issa meglio e si muove verso il portone della scuola, qualcuno ride nel vedere la solita scena della mattina.

Benvenuti, il teatro Maset e D'Angelo è aperto, i biglietti sono gratis.

Quasi vicini alla classe mi mette giù e io gli concedo un grande sorriso.
Almeno a scuola mi sento al sicuro e non il ragazzino impaurito con la coda tra le gambe.

«Seduti, ragazzi» dice la professoressa di scienze, borbottando i nomi dei classici ritardatari.

Sbuffo. Odio le lezioni.
Ammetto di non essere un completo disastro, però tendo a distrarmi e a chiacchierare, e alla fine rischio sempre la nota sul diario.
Non che a mio padre importerebbe; non viene neppure alle riunioni con gli insegnanti e al posto suo devo portare Adel, la mia vicina di casa.

Tamburello con le dita sul banco e i miei occhi curiosi si posano su una ragazzina mai vista prima d'ora. Quando è arrivata?
Sarà stata così silenziosa da intrufolarsi oltre porta senza produrre alcun suono.
Porta i capelli biondi raccolti in due treccine e gli occhiali ben sistemati sul naso, tuttavia, il suo sguardo è spaurito, come se non si sentisse al sicuro.

Sento il bisogno di parlarle, di rassicurarla.
Purtroppo, però, si trova a troppi banchi di distanza e dovrò attendere la ricreazione per farmi avanti.
Ascolto sì e no la lezione, a volte scarabocchio sul quaderno un paio di frasi giusto per riempire il vuoto.
Tanto cosa importa? Ai compiti in classe Mirko trova sempre un modo per farmi copiare le risposte giuste.

«Daniel, presta attenzione alla spiegazione» sussurra lui e io roteo gli occhi.

«Non diventerò un fisico o roba varia», commento con una smorfia annoiata, «io sarò un campione di gare di moto» concludo con un'aria sognante.

Adoro la velocità.
Per ora mi accontento della bici, ma un giorno possederò una di quelle ragazze fiammanti.
Un sogno da ragazzino, niente di più, eppure è il sogno più vivido che ho. Oltre a restare in vita dopo i colpi di mio padre, si intende.
Rido e scribacchio il suo foglio, vedendolo soffiare una risata e completare la mia catena di linee.

Mirko sta sempre al gioco, non ne perde uno.
Dopotutto, è il mio migliore amico.
Quando finalmente la campanella suona, scatto come una molla e avanzo nella classe, portandomi a un passo dal banco della nuova alunna.
Lei solleva gli occhi timidi su di me e io le riservo un largo sorriso.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora