12-Ridere, litigare e ridere ancora.

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«Non fate tardi e non allontanatevi troppo.»

Vittoria non fa in tempo a salutarci che io e Mirko stiamo sfrecciando per la stradina in sella alle bici.
Per uno come me abituato a correre per il mio quartiere dove la strada è quasi inesistente, piena di ostacoli e gatti pronti a buttarsi sotto le ruote, questo brecciolino non è neppure un accenno di sfida.
Chiudo le palpebre per un paio di secondi e mi prendo il sole sul viso, il calore delicato sulla pelle in netto contrasto con l'aria frizzante.

«Che fai, rallenti?» mi canzona Mirko passando oltre, ascolto la sua risata divertita.

Sorrido, irrigidisco le spalle e spingo più forte le gambe fino a tendere i muscoli al massimo.
Per lui sarà anche normale correre durante gli allenamenti e vincere, ma questo è il mio campo di gioco e la palla non è sotto i suoi piedi.
Che figura farei se venissi battuto?

No, Daniel Maset non contempla una sconfitta.

Inizia così una gara vera e propria, il fiato pompa fuori e il cuore batte a mille.
Questo è ciò di cui mi cibo: pura e semplice velocità.
Mirko grida qualcosa, forse un'esclamazione euforica e io lo seguo, la risata non cede il posto a niente.

«Dani, ti odio, lo sai?» scherza arrivando dopo di me, fermandosi al bordo del prato.

«Dov'è finito il tuo essere sportivo?» dico ansimando sfoggiando un sorrisetto divertito e lui si stringe nelle spalle.

«Mentivo» rivela facendo l'occhiolino. «Però tu sei il migliore, non c'è competizione» aggiunge sfamando il mio orgoglio con il piatto più buono mai esistito.

Cavolo, sì, può dirlo forte.
Troppo vanitoso? Un pelo, ma a chi importa?
A me no di certo.

Trasciniamo le bici tra gli steli fitti e alla fine prendiamo posto in un piccolo spiazzo rado, le gambe incrociate e il corpo al riparo dal sole grazie a un albero dalle ampie fronde.
Adoro il fruscio, non esiste suono più delicato di questo.

Questa volta tengo i capelli sciolti e non mi vergogno di averli sistemati dietro le orecchie. Mirko non mi ha mai preso in giro e con lui mi sento totalmente al sicuro. Nessuna frecciatina, nessun nomignolo o cattiveria.

Apriamo il cestino da picnic e gustiamo il succo di frutta ancora fresco e qualche panino ripieno, l'insalata sfugge spesso al nostro controllo e crolla sulle gambe, qualche pezzo si riempie di terra e viene subito preso di mira dalle formiche.

«Allora... hai parlato con Noel?»

Mi si blocca il boccone in gola, credo quasi che qualcuno dovrà estrarlo da lì tagliandola fino a tirarlo fuori con la forza.
Costringo le labbra a non tuffarsi verso il basso e scuoto lento il capo.

«Non ancora» ammetto fissando le mie mani chiuse sulle gambe.

In realtà ho totalmente evitato l'argomento e nei pochi giorni di scuola prima di questa vacanza ho persino scelto di non rimanere mai da solo con lei.
Non potrò farlo per sempre: il discorso dovrà saltare fuori in un modo o nell'altro.
Il solo pensiero apre una voragine nel mio stomaco ed estrae uno a uno i miei organi, lasciando danzare l'aria con tutto il vuoto rimasto.

«Secondo me gli sei molto simpatico. Chi non ti vorrebbe come amico?» mi riprendo dal silenzio con un sorriso affabile.

Avanti, Daniel, puoi fare di meglio.
Tutto ciò che sai dire è una battuta banale?
Annuisce e non risponde, giocherella con una briciola di pane e la rende molliccia e sottile come un piccolo proiettile.
Lascio avanzare i secondi, rasento quasi il minuto fino a prendere una generosa boccata di fiato.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora