6-Lui ci odia, non ti fidare.

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«Quindi... stai davvero bene?»
Gli occhi chiari e inquisitori di Noel mi squadrano da capo a piedi.

Sorrido. «Ovvio. Sono forte io, cosa credi?» ribatto con una risatina.
Ci è voluto poco per rimettermi in sesto: è stato come se il mio corpo stesso avesse fretta di guarire e di riportarmi in carreggiata.
Meglio così.
Il naso moccioloso e la tosse iniziavano a stancarmi.

Non appena tira fuori il suo panino ben farcito, le chiedo un morso. Ho finito troppo in fretta le mie due fette di pane alte un millimetro ripiene d'aria.
Mio padre non aveva voglia di fare la spesa e il frigo era pieno solo di birre. Dopo la scuola, ha deciso di mandare me a rifornire la dispensa.

«Adoro la maionese» mormoro leccandone una punta al lato della bocca.

«Cristina invece la odia. Lei vuole mantenere la linea» commenta parlando di sua sorella.

«Ma quale linea e linea. Ha il naso peggio della befana, le manca la scopa per volare sui tetti, il carbone e siamo arrivati in anticipo al sei di gennaio» borbotto e poi ridiamo all'unisono.

Mi trovo bene con Noel.
È un'amica fuori dall'ordinario, sensibile ma con delle idee stravaganti.

«Come vanno i tuoi fumetti?»
Sono stranamente attratto da quelle pagine. Dopo un primo approccio poco convinto, le ho chiesto di rendermi partecipe degli sviluppi sui suoi disegni.
Faccio un sorrisetto. «Quei due hanno messo la testa a posto e si sono uniti, o continuano a fare il tira e molla infinito?» mi informo e lei mostra uno sguardo furbo.

«Non lo saprai finché non disegnerò il resto.»

Mi tiene sulle spine. La spintono con una smorfia e riporto lo sguardo verso il cortile, dove qualcuno ha improvvisato una partita di calcio con un pallone mezzo sgonfio.
Dondolo le gambe e i talloni battono contro il muretto, creando un lieve ticchettio.
Hanno provato a invitarmi, però mi dispiace, non riesco proprio ad appassionarmi e alla fine mi lamento ed esco di scena.
Tanto vale non iniziare.

Seguo con gli occhi Mirko, lo vedo scartare e anticipare così il suo avversario.
È nato per questo, lo sport scorre nelle sue vene.

«Secondo me non dovrebbe giocare» mormora Noel proprio guardando lui.

«Perché no? L'hanno chiamato loro, e tutti sanno che sta nella squadra di calcio. Solo perché è bravo non può giocare con gli altri ragazzi?» ribatto un pochino piccato, e lei storce la bocca e alza le sopracciglia, intimandomi di stare calmo.

Cavolo, difendo i miei amici non appena si dice qualcosa di strano nei loro confronti.
È più forte di me.
Dopo un minuto di silenzio la sento prendere un respiro.

«Andiamo anche noi e mettiamoli in difficoltà con la nostra inesperienza. Possiamo sempre commettere fallo e dire di non conoscere le regole» propone con un sorrisetto.

Dice sul serio?

La vedo filare via e avvicinarsi al gruppo, gesticola da lontano con un tipo dell'altra classe e alla fine riesce a strappare una parte nella formazione.
Mirko si gira verso di me e sorride, agita la mano e mi fa segno di unirmi.
Stravolgere le regole e giocare solo per creare casini? Potevano dirlo prima.
Adesso sì che ne accadranno delle belle.
La ricreazione si riempie presto di risate e grida, il pallone vola ovunque e colpisce i muri.

«Sono una ragazza e per di più con gli occhiali, lasciatemi passare!» esclama Noel rincorrendo la palla. Con uno scatto me la passa e io la fermo con la punta della scarpa, poi prendo a schizzare in direzione della porta improvvisata da un paio di bottigliette di succo.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora