20-Uno spirito ribelle.

144 15 31
                                    



Fantastico. Ho passato la notte a rigirarmi in preda all'angoscia, a chiudere gli occhi senza però riuscire a raccogliere le forze per dormire, sebbene la stanchezza.
Sarà stato un fattore di adrenalina non ancora totalmente scemata, o il riportare alla mente l'immagine di Mirko e le sue parole sussurrate prima di andare in macchina con i genitori.

Una frase banale, un semplice: ci vediamo domani. Eppure ha espresso tutto e niente, mi ha lasciato con lo sfarfallio nello stomaco fino a portarmi a ridere da solo come uno scemo, ad abbracciare il cuscino e a soffocare la felicità nella stoffa per non svegliare mia sorella.
E adesso? Mi sento a pezzi, inizio ad accusare l'ansia di incontrarlo e di scorgere nei suoi occhi qualche traccia di pentimento.

Io non ne ho.
Ma lui?

Non posso neppure pensarci, anzi, non devo. Mi fido di Mirko, ciecamente, e non sarà certo questa la volta in cui metterò in dubbio la sua sincerità. Perché non è un ragazzo come tanti, uno di quelli disposti a fare un passo in avanti e cento indietro.
Mirko è unico, ha la testa sulle spalle e non posso fare a meno di ammirarlo.

«Sei così silenzioso» dice Roberta, dondola le nostre mani unite e saltella oltre il marciapiede, costringendomi a riportarla al mio fianco per non vederla a un passo dalle macchine in movimento.

Stavolta non siamo potuti andare a scuola con la bici, dato che nostro padre è uscito allo stesso orario per andare al lavoro. Non sarebbe certo stato saggio mostrare il nostro bottino; lui si sarebbe comportato come il peggiore dei pirati, saccheggiando il mezzo e privandoci di una fetta di libertà.

«E tu sei troppo birichina, visto che ti ho detto mille volte di camminare vicino a me e di non andare dall'altro lato» la rimbecco e lei mostra una smorfia dispettosa.
Le pizzico forte una guancia e blocco il suo tentativo di vendicarsi, si lamenta arrabbiata e alla fine, dopo un'estenuante lotta, ridiamo all'unisono e attraversiamo in fretta la strada.

«Ti voglio bene, coniglietta. Fa' la brava e stai attenta alle lezioni o mi costringerai a parlare con le tue maestre» dico mentre la vedo agitare un braccio e correre verso le sue amiche, il peluche di un piccolo riccio pende dallo zainetto di un rosa sbiadito.

Resto a osservarla per un minuto, gesticola e sembra così felice da contagiare il mio sorriso. Se solo avessimo una famiglia normale potrebbe invitarle più spesso, invece di trascorrere tutti i pomeriggi solo con suo fratello.
La domenica era il suo unico momento perfetto, ma il mostro ce l'ha strappato dalle mani, ha bruciato le sue ali e l'ha rinchiusa in una gabbia fatta di odio.
Posso darle tutto l'amore del mondo, però la vedo la sua lucina un po' più spenta, e questo mi fa male al cuore ogni giorno.

Sospiro, giro il corpo e imbocco la strada fino alla mia struttura. Il vociare si sente fin da lì e spinge dentro le mie orecchie.
Il segreto è quello di essere me stesso, di azzerare i pensieri negativi e gettarmi nella mischia come se non avessi alcun problema.
Un piano perfetto da mettere in atto.

Posso riuscirci.

Allargo il sorriso e ascolto i passi prodotti dai miei piedi aumentare di intensità, un calpestare frenetico identico al battito del cuore. Spalanco le braccia, non ci penso neppure un secondo e mi vedo sfrecciare contro la schiena di Mirko, lo stringo con un impatto diverso dal solito e subito il suo profumo si intrufola prepotente nelle mie narici.

Delizioso, davvero.

Risate per il solito teatrino inscenato dal duo migliore mai stato creato.
Ci sono però alcune differenze: la presa è maggiore, la sua guancia preme di più sulla mia e per un istante sembra che tutto si fermi, persino la campanella che annuncia l'orario di lezione rallenta e quasi si distorce.
Dura un secondo, un secondo in cui il mio sguardo incrocia il suo e mi sento invadere da una scarica potente, una lunga discesa su uno scivolo di sentimenti su cui mi lascio trasportare senza indugi.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora