18-Tanti auguri a me.

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Il suono del fischietto riempie forte l'aria, le grida di gioia lo seguono subito dopo.
Un branco di ragazzi saltano sul posto, si scambiano pacche e abbracci.
Prendo un bel respiro, schermo il sole con una mano e mi ritrovo a sorridere senza neppure comandare le labbra.
Sarà un pomeriggio indimenticabile, uno dei migliori mai trascorsi in vita mia.

Lo sento nello stomaco attorcigliato e nella felicità dentro al cuore.

Mio padre ha avuto la brillante idea di andarsene di casa con i suoi amici. Campeggio? Pesca? Bere al bar tutto il pomeriggio e non tornare più?
Non so.
Ciò che so, è che non ha avuto il tempo di ricordare, o maledire, il mio compleanno e quindi di rovinarlo o costringermi a restare inchiodato con lui in un inferno terribile.

La fortuna non mi bacia spesso, ma quando lo fa è in grande stile.

«Ma dov'è il festeggiato?»

L'allenatore Azelio si sbraccia verso gli spalti e mi fa cenno di avvicinarmi, lo ascolto con il magone nella gola, o magari è la gioia a premere e a darmi una sensazione di soffocamento.
Ho sempre pensato che quest'uomo fosse un po' burbero, severo con i suoi ragazzi a causa di quell'espressione sempre corrucciata e incapace di gesti affettuosi.
Mi sbagliavo, totalmente.
Si è subito dimostrato favorevole a unire il mio compleanno con il festeggiamento della partita, anzi, ha persino detto ai giocatori: avete un motivo in più per vincere.

E così hanno fatto.
Quattro a uno.
Può andare meglio di così?

«Sei stato il più bravo» mormoro a Mirko un istante prima di essere travolto dalla squadra al completo, mi buttano nell'erba e rido, rido come un matto quasi senza respiro, do sfogo ai sentimenti repressi e li lascio uscire liberi.

Sì, sarà un pomeriggio da ricordare, già lo so.

«Non volete farmi arrivare a compiere i futuri tredici anni?» chiedo senza fiato una volta rimessi i piedi per terra. La schiena pulsa per i lividi impressi, eppure oggi non sono disposto a lasciarmi affondare.
Nessuna smorfia di dolore, niente di niente.
Lui non sarà padrone dei miei momenti.

«Ma dai, era una spintarella!» scherza Giulio spazzolando via qualche stelo verde dai miei capelli.
Una spintarella con il peso di molti addosso, forse ha dimenticato questo piccolo dettaglio.

«Vieni» dice Mirko, passa un braccio attorno alle mie spalle e mi porta verso una tavolata protetta dal tettuccio di cemento. Ci sono pizzette, panini farciti, patatine e tante bibite.
Una visione da leccarsi i baffi, davvero.
Forse a fine giornata riuscirò anche a prendere qualcosa da riportare a casa.

«Li ha preparati tua madre?» chiedo mentre do un morso a un panino, fresco e morbido come se fosse stato appena farcito. Il mio amico annuisce e si vanta di averla aiutata, poi spiega il trucco del fazzoletto in cui avvolgerli e in seguito spruzzare goccioline d'acqua sulla superficie prima di chiuderli nella pellicola: il loro metodo per farli restare soffici e non secchi che li puoi lanciare al muro e bucarlo con un solo tiro.

«Ehi, Freddie!» esclamo e lascio lì una pizzetta invitante coperta da un bicchiere di plastica, nella speranza che nessuno la rubi.

Lo vedo guardarsi attorno, rotea gli occhi e poi li ferma sulla mia figura a pochi passi. Sorride e mi abbraccia forte. «Buon compleanno, Daniel» mormora e mi porge un pacchetto piuttosto grande e ben incartato, il nastro forma un grazioso fiocco e qualche striscia penzola di lato.
Un regalo.
Per me?
Mi viene quasi da piangere e non tanto per il dono in sé, ma per il gesto e l'emozione di trascorrere un momento diverso dalla solita prigionia di ogni anno.

«Grazie, davvero» mormoro e temporeggio, liscio la carta blu dove spiccano un sacco di stampe di biciclette fatte a disegno.

Ne terrò un pezzo così da rammentare questo giorno.
Alla fine strappo tutto e sgrano le palpebre, un sorriso nasce spontaneo, uno di quelli tra la bocca spalancata e il respirare più aria possibile per trovare le parole giuste.
Per fortuna ci pensa lui a parlare.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora