19-Scendere o continuare a fluttuare.

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Mi bruciano le orecchie e le guance, gli occhi ancora strizzati come uno straccio per lavare.
Sto baciando Mirko.

Stupido, stupido, Daniel.

Hai mandato all'aria la tua amicizia, o almeno questo continuo a ripetermi senza trovare il coraggio di tornare con i piedi per terra e dare un senso a questa realtà complicata.
Se aprissi le palpebre, non cadrei forse dall'alto con il rischio di atterrare sui miei stessi sentimenti? Accadrà, e potrei spegnermi da un momento all'altro.
La pressione se ne va, il profumo del mio amico si allontana e sento qualcosa strapparsi nel petto.
Si tratta del mio cuore, questo è poco, ma sicuro.

Ansimo come dopo una lunga corsa, eppure sono fermo ed è solo il mondo a girarmi attorno: frenetico; inospitale; terribile.
Dovrei aggiungere una scusa o una battuta per spezzare la tensione?
Pensa, dannazione.
Non puoi aver perso così le tue doti da improvvisatore, metti in scena il teatro che da sempre ti perseguita.

Sorridi. Sorridi e basta.

Sobbalzo e percepisco la bocca di Mirko di nuovo sulla mia, e stavolta spalanco le palpebre, anziché tenerle chiuse.
Profuma di noi, ho l'odore di entrambi stampati addosso.
Lo stomaco si stringe e l'emozione fluttua, mi porta a toccare le nuvole.

Cosa sta succedendo?

Incrocio le sue iridi, mi immergo in quel tunnel scuro dentro cui le luci del neon sul soffitto si riflettono, laddove si crea un vortice d'ombra pieno di bagliori misteriosi.

Bellissimo.

Faccio per muovere un braccio verso il suo viso e la magia si spezza di colpo, sgretolata in tanti coriandoli. Posso quasi vederli saltare in aria e ricadere in una piazza, solo che qui non c'è aria di festa e neppure le grida gioiose dei bambini a rincorrersi.
Vengo catapultato nella realtà, trascinato a fondo da un sogno ad occhi aperti, come se qualcuno si fosse appena attaccato ai miei piedi per vedermi assorbire da una vastità di sabbie mobili.

Lui corruga la fronte e si tira indietro, prende aria, ma non ci riesce. L'unica azione da compiere è quella di uscire il prima possibile, glielo leggo sul corpo adesso ritto, sulla tensione dei muscoli.

Non mi abbandonare.
Non sono diverso, non faccio schifo.
Guarda al di là della nostra amicizia rovinata.

Ti prego.

«Mirko...» rantolo mentre lo osservo scappare dallo spogliatoio, una fuga in piena regola, il suo profumo a rincorrerlo come un servo fedele.

Provo a muovermi anch'io, a sollevare i maledetti piedi ancorati al terreno, eppure è la paura a tenermi lì ed è proprio difficile da sconfiggere. Sono un prigioniero con la palla di ferro legata alla caviglia, costretto a scontare la sua pena.

«No, no» mormoro disperato e le dita tornano a torturare i capelli, il bracciale mi sfrega la fronte e il suo freddo si ripercuote dentro le mie ossa.

Cosa ho fatto?

Dio, se potessi creare un vuoto sotto di me, riusciresti a farmi risucchiare per sempre?
L'ho spaventato.
E diamine, mi ero ripromesso di lasciar perdere, ma è bastato un istante di fragilità per gettare le carte del destino dentro a un fuoco rovente.

Sollevo lo sguardo e lo punto sulla porta nella speranza di vedere la sua figura tornare indietro, accogliermi con un sorriso dolce e rassicurante.
Non accade.
I secondi vengono mangiati dai minuti e mi ritrovo con un freddo anomalo sulla pelle e nel cuore.
Un freddo che non mi appartiene.

«Dani?»

Roberta si affaccia oltre la soglia, la sua testolina mora ondeggia quel tanto che basta a permettermi di individuare una macchia di sugo sulla maglietta lavata da poco, un alone chiaro e visibile.

Il suono della mia PauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora