Mi svegliai in una stanza piena di letti. Alcuni erano occupati da ragazzi e ragazze con alcune bende su braccia e gambe.
-Ehi, finalmente il principino si è svegliato! -esclamò un ragazzo pallido con i capelli neri e gli occhi del medesimo colore. Indossava una maglia nera con un teschio e un paio di jeans (indovinate un po'?) neri con delle catene che uscivano dalle tasche.
Mi tirai sui gomiti e capii che la spalla era stata medicata, perché non sentii nessun dolore.
-Dove... dove sono? -chiesi con voce roca. -E tu chi sei?
-Nell'infermeria del Campo Mezzosangue. -rispose lui. -E io sono Nico Di Angelo.
Giusto. Aveva un non so che di familiare. Forse l'aura che aveva anche zio Ade (nonché suo padre)?
-Da quanto sono qui?
-Un giorno più o meno. L'altra notte i figli di Apollo ti hanno sistemato la spalla e la caviglia. -disse Nico.
Poi la porta si aprì. Entrarono Will Solace e Allison.
-Buongiorno! -esclamò Will. -Finalmente abbiamo l'onore di vederti sveglio.
Non risposi, anzi, forse non lo sentii neppure. Ero troppo occupato a guardare Allison: la figlia di Apollo aveva lasciato i capelli sciolti e sentii una voglia irrefrenabile di toccarli, indossava una maglia del Campo Mezzosangue e teneva un arco sulle spalle.
-Come ti senti? -mi chiese. -Eri messo piuttosto male.
Sperai di riuscire a dire una frase di senso compiuto, ma me ne uscii con: -Ehm... ah... io... b-bene.
Allison sorrise: -A dopo allora. Io vado ad allenarmi un po'.
Ed uscì.
-Vedo che si è ripresa. -disse Nico. -Ieri era pallidissima.
Will annuì: -Ha dormito come un ghiro.
-Che le è successo? -chiesi d'impulso.
Che c'è? Ero preoccupato!
-Ha usato troppo i suoi poteri. Ha cantato finché la spalla e la caviglia non ti sono guarite. -spiegò Will. -E poi si è occupata anche degli altri ragazzi qui in infermeria. Le avevo detto di riposarsi ma ovviamente lei non mi ha dato ascolto.
-È testarda. -osservai ammirato.
-Deve aver preso dal padre. -borbottò Nico.
-Che vuoi insinuare? -chiese Will assottigliando gli occhi.
-Nulla. Ci vediamo. -e il figlio di Ade corse fuori dall'infermeria prima che l'altro potesse chiedere qualcosa.
Will esaminò la mia spalla e la mia caviglia, poi mi diede un po' di ambrosia che mi fece sentire meglio. Sapeva di vaniglia e cioccolato, come i biscotti che mangiavo fin da quando ero un piccolo Adrian sull'Olimpo.
-Va meglio? -chiese il figlio di Apollo.
Annuii.
-Perfetto, perché Chirone vuole farti un paio di domande. -mi misi in piedi e seguii Will fuori dall'infermeria.
Sapevo ogni singola posizione degli edifici del Campo Mezzosangue, dato che avevo guardato dall'Olimpo, ma finsi di guardarmi attorno, interessato.
Will mi condusse alla Casa Grande, dove Chirone stava sul portico nella sua forma umana, con la parte superiore del corpo nella sedia a rotelle magica.
-Adrian, questo è Chirone. -disse il figlio di Apollo.
Chirone mi sorrise: -Benvenuto al Campo Mezzosangue, Adrian.
Will ci salutò, poi tornò in infermeria. Chirone mi fece segno di sedermi sulla sedia accanto a lui. Non lo avevo mai incontrato quando ero un dio, ma sperai comunque che non mi conoscesse.
-Allora. Sei un figlio di Zeus, eh? -mi chiese e annuii. -E chi è tua madre?
-Oh... ehm...
E mi resi conto di essere stato uno stupido a non pensarci prima. Se volevo far credere a quelli del Campo Mezzosangue che ero un semidio, quindi metà mortale, avrei dovuto trovare una scusa per quella che doveva essere mia madre.
Visto che ero famoso per i miei salvataggi in corner, trovai subito una scusa.
-Io ho due madri. Una dea e una mortale. Mio padre ha conosciuto Miranda, una donna di New York, e beh... sono stati insieme per un po'. Poi, quando Zeus è praticamente sparito dalla vita di mia madre, è arrivata Eos, la dea dell'alba. Dopo qualche giorno, mia madre Miranda ha scoperto di aspettare me. Per farla breve sono per due terzi dio e per un terzo mortale. -dissi.
Chirone mi squadrò, come se sapesse che stavo mentendo, poi sorrise.
-E come mai sei caduto dal pino di Talia? -domandò.
-Ci ero salito per sfuggire alle Chimere che mi stavano addosso fin da New York. Poi mi sono addormentato lì.
Mi diedi mentalmente una sberla. Era una scusa talmente idiota che nessuno ci avrebbe creduto.
Chirone non sembrò darci peso. Fece segno ad un semidio che passava di lì di avvicinarsi.
Era Jason Grace, figlio di Giove e mio fratellastro.
-Jason, porta Adrian a fare un giro per il Campo e fagli vedere la Casa di Zeus. Hai un nuovo coinquilino. -disse Chirone. Jason annuì e mi sorrise.
-Benvenuto al Campo, Adrian. -mi porse la mano, che strinsi.
Quando fummo lontani dalla Casa Grande, Jason mi chiese: -Allora, Adrian. Papà ti ha riconosciuto finalmente. Quanti anni hai? Diciassette?
Annuii (avevo spesso l'aspetto di un diciassettenne e mi andava bene così): -Lui e mia madre mi hanno riconosciuto da poco.
-Tranquillo. Piper e Leo sono stati riconosciuti a quindici anni. Anche Allison in effetti. -disse mettendo le mani in tasca.
Al nome di Allison il cuore saltò un battito.
Arrivammo al laghetto delle canoe. Inginocchiata sulla riva c'era una ragazza bionda.
-Testa d'Alghe! Se non esci da lì, vengo a prenderti di persona! -esclamò.
-Lei è Annabeth, figlia di Atena. -mi spiegò Jason. -Il suo ragazzo, Percy, è un figlio di Poseidone. Vanno avanti così da un'ora. Deve averla fatta arrabbiare...
Risi.
-E dimmi, fratellino, tu hai la tua musa? -gli chiesi, furbo. Jason arrossì fino alla punta delle orecchie.
-Ehm sì. Piper è persino più bella di sua madre Afrodite a parer mio... -poi si accorse di ciò che aveva detto. -Cioè ehm...
-Stai tranquillo, Afrodite non ti trasformerà in cinghiale. -gli diedi una pacca sulla spalla.
-Ehi! Buongiorno Bello Addormentato! -esclamò la voce di una ragazza. Qualcuno mi strinse la spalla e mi ritrovai davanti una ragazza che aveva i capelli neri lunghi fino alle spalle.
-Esatto, Audrey. -disse Jason, poi si rivolse a me. -Lei ha aiutato Kendall ed Allison quando sei caduto dal pino di Talia.
In effetti sembrava un volto già visto... ma forse era perché somigliava al suo genitore divino.
-Io sono Adrian. -mi presentai.
Lei mi porse la mano, che strinsi: -Audrey. -poi si sistemò i capelli. -La prossima volta vedi di scegliere un posto più vicino all'infermeria. Pesi.
Si allontanò senza aspettare una mia risposta.La sera, dopo cena, cantammo attorno al falò. Notai molti semidei che conoscevo da quando li avevo visti dall'Olimpo.
Spostai lo sguardo sui figli di Apollo: Austin e Allison "dirigevano" il coro, lui con il sassofono e lei con la voce. Devo ammettere che formavano un duetto piuttosto comico.
Quando vidi Allison il resto dei semidei scomparve dal mio campo visivo: la figlia di Apollo cantava e rideva insieme ai fratelli, che incitavano tutti i semidei a cantare.
Caspita, Allison era bellissima quando rideva.
Si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si guardò attorno. Incrociò il mio sguardo per un secondo di troppo, poi tornò a guardare Austin che suonava. Aveva un rossore soffuso sulle guance che la rendeva ancora più carina.
Feci una promessa con me stesso: non l'avrei costretta a stare con me. Le avrei detto tutto ad un certo punto, ma Allison sarebbe stata libera di scegliere se mettersi con me o meno. Afrodite me lo raccomandava sempre: l'amore non si comanda.Nella Casa 1 c'era una statua di papà.
E te pareva.
Ovviamente non bastava vederlo tutti i giorni sull'Olimpo. Dovevo vederlo pure al Campo Mezzosangue.
Jason sembrò notare il mio sguardo verso la statua.
-Sì, è inquietante. -disse con un sorriso. -Ma ci farai l'abitudine.
Ci infilammo a letto.
Sognai Allison e il suo sorriso, mentre cantava per me.
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Daughter of the Sun
Fanfiction|| DAUGHTER OF THE SUN: LIBRO I || "[...] Incrociai le gambe pensando a quanto fosse assurdo che quel ragazzo diciottenne in realtà avesse quattromila anni e più. E, soprattutto, che quello fosse mio padre. [...]" In meno di una settimana, Allison v...