Capitolo 30 ~ Allison

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-Adrian. -chiamai il ragazzo accanto a me.
Lui alzò lo sguardo su di me.
-Insieme? -chiesi porgendogli una mano con un piccolo sorriso.
Adrian mi guardò per qualche secondo, poi mi prese la mano con la sua. Appena ebbi il contatto con la sua pelle sentii un brivido lungo la schiena.
C'incamminammo lentamente lungo per la Collina Mezzosangue. Sentivo Adrian tremare, ma non lasciò andare la mia mano neanche un secondo.
Che cosa gli stava succedendo?
Raggiungemmo Leo e Harley, sporchi di polvere e sudore, ma non feriti gravemente.
-Ehi! -salutò Leo cercando di fare un sorriso.
-Voi due state bene? -domandai scompigliando i capelli di Harley, che annuì, mostrandomi il braccio ingessato e facendo un sorriso privo dei denti davanti, come se fosse stato fiero di essersi rotto un osso.
-Chi...? -cercò di chiedere Adrian indicando con la testa verso i teli bianchi.
Leo seguì il suo sguardo: -Non lo so. Sono sempre stato con Harley dopo che lo hanno curato.
-Calipso? -chiesi e mi sorpresi della mia domanda.
-Sta bene. -mi rispose Leo. -Sta aiutando i tuoi fratelli a preparare qualche cura.
Mi sentivo sollevata. Non volevo che Leo soffrisse di nuovo.
Vidi Adrian impallidire e così lo allontanai da Leo e Harley.
-Adrian. Cos'hai? -chiesi preoccupata. Lui scosse la testa.
-Niente. Sto... sto bene. -balbettò con voce rotta. Sembrava sul punto di piangere, come poco prima a San Francisco.
-È-È solo che non ce la faccio. -mormorò quando strinsi la sua mano per incoraggiarlo a parlare.
-Non ce la fai a fare che cosa? -domandai dolcemente.
Lui strinse le labbra e abbassò lo sguardo.
-Adrian? -lo chiamai.
Adrian allargò le braccia: -A-A vedere questo. In quattrocento anni di vita... non ho mai trovato il coraggio di guardare le guerre o... o le conseguenze. -indicò i teli bianchi, poi abbassò lo sguardo sui suoi piedi.
-Andrà tutto bene. Neanche io ho mai affrontato questo. -dissi. -Ora cureremo i feriti e sistemeremo i danni...
-Tu... tu cosa provi? -chiese alzando di poco gli occhi.
Infatti, cosa provavo io?
-Non lo so. -dissi, ed ero sincera.
Adrian fece un piccolo sorriso.
-Dai. Aiutiamo i miei fratelli. Ti va? -proposi.
Lui annuì.

La sera bruciammo i drappi per i morti. Li conoscevo solo di vista: due figlie di Afrodite, un figlio di Atena, quattro ragazzi del Campo Giove.
Il Campo era per buona parte distrutto e, anche se le Case erano miracolosamente in piedi, erano comunque inagibili.
Eravamo tutti seduti attorno al falò, in un silenzio che mi fece salire la pelle d'oca. L'ultimo drappo, per Alice, una figlia di Afrodite, aveva appena finito di bruciare.
-Semidei. -esordì Chirone facendosi avanti; anche lui stava bene, se non si contavano i tagli e qualche livido. -Oggi abbiamo perso fratelli e amici. Li ricorderemo come eroi. Hanno combattuto valorosamente.
Un piccolo applauso.
-Chirone? -il piccolo Harley alzò il braccio sano, titubante.
-Sì, Harley? -chiese Chirone, gentile.
-Cosa faremo adesso che la barriera è distrutta? Se dovessero tornare? -domandò il figlio di Efesto.
Chirone guardò Reyna e Frank, in piedi accanto a lui.
Frank si fece avanti: -Dobbiamo solo trovare il modo di ripristinare la barriera.
-E come? -chiese un figlio di Hermes.
-Chiederemo agli dei. -rispose Reyna.
-Perché non l'hanno ripristinata prima? -domandò un ragazzo del Campo Giove (un figlio di Marte).
-Non lo sappiamo. -rispose Frank, preoccupato.
-Come ha fatto la barriera a rompersi? -fu la volta di Connor Stoll. -Il Vello d'Oro è ancora al suo posto, sul il Pino di Talia e con Peleo che fa la guardia.
Si alzò un brusio che divenne una sottospecie di protesta rumorosa.
-Vi prego! Ascoltate! -urlò Reyna cercando di contrastare il caos.
-Semidei, per favore! -tentò Chirone.
Vidi Adrian alzarsi e allontanarsi dal falò.
-Scusa, Audrey. Devo passare. -dissi, poi Audrey spostò le gambe e riuscii a scendere dalle gradinate per seguire Adrian.
-Adrian! -esclamai. -Aspetta!
Il ragazzo si fermò a qualche metro dalla foresta.
-Cosa stai facendo? -chiesi fermandomi anch'io.
-Non l'hai ancora capito? -mi domandò senza voltarsi.
-Cosa?
-È colpa mia. -aveva la voce rotta dal pianto. -La barriera è distrutta per causa mia.
-Come? -non riuscivo a capire.
Adrian sospirò, poi si voltò verso di me. Aveva le lacrime agli occhi.
-Ti ricordi cosa ho fatto quella sera? Cosa ho provocato?
-Il... il fulmine?
Il figlio di Zeus annuì: -La barriera si è indebolita. Ecco perché pioveva. Ecco perché quei mostri hanno trovato il Campo Mezzosangue. È tutta colpa mia.
Stava piangendo.
Non sapevo cosa dire: non mi sarei mai aspettata di vederlo piangere.
-Adrian... -balbettai.
-Cosa? Non è colpa mia? Stavi per dirlo, vero?
-Io... -sentii gli occhi pizzicare, così lo abbracciai, dicendogli con l'azione quello che avrei voluto dirgli a parole.
Adrian mi strinse a sé e prese a singhiozzare sulla mia spalla.
-Sono morti per colpa mia. -disse.
-No. -risposi. -Non è vero. Smetti di dirlo, ti prego.
Seppellii il viso nel suo petto e chiusi gli occhi.
Rimanemmo così per un po' di tempo, con Adrian che pian piano smetteva di piangere ed io che cercavo di capire cosa diamine mi stesse succedendo.

Non so dove trovammo tutti quei sacchi a pelo, dato che ogni semidio aveva il proprio. Ci sistemammo tutti vicino al padiglione della mensa.
C'erano dei turni di guardia, ma io e i miei fratelli avevamo fatto il primo, quindi verso mezzanotte ero nel mio sacco a pelo, sveglia.
Adrian era accanto a me, ma dormiva. Anzi, credo che stesse facendo solo finta di dormire, sdraiato a pancia in su con una mano sotto la testa e l'altra sullo stomaco.
Guardai il profilo del suo viso, la bocca semiaperta, il naso, la forma degli occhi.
Poi mi voltai sul fianco e osservai i semidei di ronda. Nessuno parlava se non per accordarsi sule zone da controllare.
Quello che era successo al Campo Mezzosangue ci aveva sconvolti e, se io, Adrian, Kendall e Audrey fossimo stati lì a combattere, magari i ragazzi morti non... non sarebbero finiti nell'Ade prima del tempo.
Mi misi a pancia in su e guardai le stelle. Il cielo era sereno e decisi di distrarmi cercando di riconoscere le costellazioni che mi indicava sempre il nonno quando ero piccola. Una di loro attirò la mia attenzione: era una figura umana con un arco.
-La Cacciatrice. -mormorò Adrian. Mi voltai: il ragazzo era sveglio e guardava le stelle come me.
-Come?
-Stavi guardando la costellazione della Cacciatrice. La sai la sua storia?
-No. Me la racconteresti? -chiesi, curiosa.
Adrian mi guardò, poi si mise a raccontare la storia di Zoe Nightshade e di come avesse accompagnato Percy, Grover, Talia e un'altra semidea, Bianca Di Angelo, in un'impresa. Era rimasta uccisa mentre cercavano di liberare Artemide e la dea aveva deciso di trasformarla in una costellazione.
-Tu la conoscevi? -chiesi alla fine.
-Non molto, dato che Artemide proibisce a me e a tuo padre di avvicinarci alle sue Cacciatrici.
Risi e lui mi seguì a ruota.
-Ti va di fare un viaggio? -propose Adrian voltandosi sul fianco per guardarmi in viso.
-Adesso? -domandai stupita.
-Sì. Adesso. -fece lui sorridendo.
-Ma è impossibile.
-Niente è impossibile... -mi corresse, poi schioccò le dita. -Se hai un ex-dio con i suoi poteri per una notte.
Intorno a noi i semidei scomparvero e con loro il Campo Mezzosangue. Rimase solo la baia di Long Island, dove l'unica fonte di luce erano la luna e le stelle che si specchiavano nel mare.
Adrian uscì dal sacco a pelo e mi porse una mano per aiutarmi a fare lo stesso.
-Dove vorresti andare? -mi chiese.
-Ehm... intendi tipo una città?
-Sì. Una città che hai sempre voluto visitare.
Ci pensai un attimo, poi dissi: -Roma.
-Perciò... -Adrian schioccò le dita e subito comparvero delle lucine colorate che si misero a formare delle figure. -Possiamo iniziare la nostra visita dal Colosseo?
Il figlio di Zeus indicò alla mia destra: c'era la riproduzione in scala dell'Anfiteatro Flavio, identico a quello della capitale italiana.
-Oppure dalla Fontana di Trevi? -propose Adrian facendomi voltare dalla parte opposta, dove era comparsa una piccola copia del monumento romano.
-Ci sono anche i Fori Imperiali! -il ragazzo alzò le braccia, mostrandomi un Foro di Augusto minuscolo, affiancato dal Foro di Cesare e da quello di Traiano.
Risi, divertita dal tono che usava il figlio di Zeus: sembrava una guida turistica impaziente di iniziare il suo primo giorno di lavoro.
-È bellissimo! -esclamai mentre dei gladiatori in miniatura entravano e uscivano dal Colosseo, dei sacerdoti romani passeggiavano accanto al Tempio di Marte Ultore e un uomo abbigliato come il papa usciva dalla Basilica di San Pietro.
Adrian mi guardò, sorrise e... dei. Quello sì che era un sorriso.
-Dove vuoi andare adesso? -domandò.
-Mhh... Milano?
-Ti piace l'Italia, eh? E Milano sia!
Adrian schioccò le dita e subito il Duomo di Milano prese il posto del Colosseo, mentre delle persone minuscole urlavano che avevano bisogno di pane.
-Ma quello è proprio...
-Renzo dei Promessi Sposi? Esatto. -mi precedette Adrian mentre un piccolo Renzo Tramaglino si avvicinava alla folla.
Passai ad osservare ogni singola riproduzione dei monumenti della città, meravigliata.
-Come mai proprio l'Italia? -mi chiese Adrian dopo un po'.
Mi voltai verso di lui e notai che mi stava guardando come se fossi stata la cosa più bella del pianeta. Mi sentii arrossire.
-Mia nonna ha origini italiane, ma non sono mai stata in Italia. Anche se è uno dei miei sogni visitarla... -spiegai. -Roma e Milano sono solo due delle città che adoro.
-Io ci sono stato, sai? Alla fine del 1800. -disse lui. -Sono stato a Milano e ho visitato altre città lì vicino. Sono sicuro che ti piacerebbero.
Gli sorrisi.
-Se non morirò per colpa della mia vita da semidea, penso che visiterò la città dove mia nonna è nata e cresciuta. -dissi mentre Milano lasciava spazio a una Venezia in miniatura.
Non ricordo quando mi addormentai, ma il mattino seguente mi svegliai nel mio sacco a pelo, con Adrian accanto.

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