Capitolo 32 ~ Adrian

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I semidei iniziarono a confabulare.
-Leo, sei sicuro? -chiese Piper dubbiosa. Il ragazzo annuì.
Chirone sorrise: -Bene, abbiamo i nostri eroi. -disse. -Partirete a mezzogiorno.
-No. Appena il sole sorgerà. -lo interruppi. -Le Muse potrebbero... Chirone, Allison sta rischiando per colpa mia.
Il centauro mi squadrò, poi congedò gli altri semidei e mi condusse nel suo ufficio.
-Adrian, siediti. -disse pazientemente quando richiuse la porta dietro di lui.
-Chirone... -protestai.
-Siediti. -ripeté.
Mi sedetti su uno dei divani, controvoglia.
Chirone si mise di fronte a me e, con estrema calma, chiese: -Cosa non mi hai detto di te? Prima dicevi che è per colpa tua se le Muse hanno preso Allison.
Ecco. Lo sapevo.
Non avrei mai dovuto dirgli di Allison. Avrei fatto meglio a partire senza dire niente a nessuno. Dovevo rivelare il mio segreto ancora una volta, anche se sapevo di potermi fidare di Chirone, che in quel momento mi guardava con il suo sguardo indagatore.
Il mio silenzio doveva essere durato molto, perché il centauro si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla.
-Adrian, puoi fidarti di me. -disse.
Alla fine decisi che forse glielo dovevo.
Gli dissi dei miei veri genitori, che ero diventato mortale per conoscere Allison e che le Muse mi volevano far tornare sull'Olimpo.
Chirone s'illuminò: -Forse so dove tengono Allison.
Aggrottai le sopracciglia: -Eh?
-Le Muse vogliono farti tornare lì. -spiegò il centauro. -Allison è sull'Olimpo.

Alla fine partimmo alle dieci del mattino.
Io, Kendall e Leo saremmo andati a New York, all'Empire State Building. Una volta arrivati al seicentesimo piano avremmo dovuto trovare Allison... in qualche modo.
Prendemmo in prestito uno dei furgoncini del Campo Mezzosangue.
-Allora. -iniziò Leo dopo un paio di chilometri che avevamo passato senza fiatare. -Cosa faremo una volta arrivati sull'Olimpo? Abbiamo un piano?
-Giusto, Adrian abbiamo un piano? -fece Kendall, seduto sul sedile accanto al mio.
Io, che guidavo, strinsi il volante con più forza.
-Dobbiamo trovare Allison, mi sembra un piano sufficiente. -dissi a denti stretti. Quel semidio figlio di Efesto mi faceva imbestialire.
Kendall sembrò accorgersi del mio stato d'animo verso Leo.
-Beh, ma i mostri esistono, Adrian. Le Muse avranno messo qualcuno ad aspettarci, non credi? -mi domandò, come per tranquillizzarmi.
In effetti, però, aveva ragione.
-Semplice. Se troviamo qualche mostro lo uccidiamo. -sintetizzai.
Calò un silenzio imbarazzato. Meglio, avrei potuto pensare in santa pace.
Allison.
Dovevo trovarla prima che le facessero del male. Avevo giurato sullo Stige. Sperai che stesse bene e che le Muse non le avessero fatto del male... o peggio.
Scossi la testa per scacciare quel pensiero. Se le Muse volevano me, avrebbero tenuto Allison in vita fin quando non fossi andato a cercarla. Ero sicuro che l'avrebbero usata per ricattarmi e questo mi fece irritare ancora di più.

Dopo circa mezz'ora, il furgoncino emise uno strano rumore.
-Che diamine... -iniziai a dire.
-Accosta. Vediamo cos'ha che non va. -disse Leo.
Feci come mi aveva detto e scendemmo tutti e tre.
Leo aprì il cofano e diede un'occhiata al motore.
Intanto iniziai a camminare avanti e indietro, come facevo quando ero nervoso.
-Stiamo perdendo tempo. -dissi dopo un quarto d'ora che eravamo fermi.
-Sto facendo il possibile. -si difese Leo.
-Beh, non è abbastanza! -sbottai.
Kendall mi lanciò un'occhiata, ma non disse nulla.
-Ragazzi, provo a cercare un fast food in quel paese laggiù. -disse, invece. -Prendo qualcosa per il pranzo.
Io e Leo annuimmo.
Quando Kendall si fu allontanato, il figlio di Efesto mi chiese: -Potresti provare ad accenderlo?
Salii al posto del guidatore e girai la chiave.
Il furgoncino non partì.
-Non è che è finita la benzina? Il motore non ha niente che non va. -disse il ragazzo.
Non risposi.
-Adrian, si può sapere cosa ti ho fatto? -mi chiese. -Mi odi, non è così?
Lo fissai con tanto d'occhi.
-Ehm, no.
Leo chiuse di scatto il cofano: -Mi prendi in giro? Ho visto come mi eviti. Mi guardi come se fossi un mostro. Eppure non ho fatto niente di male.
Presi un respiro tremante.
-Quindi... se c'è qualcosa di me che ti infastidisce... basta che me lo dici, ok? -Si pulì le mani con uno straccio. -Ora dobbiamo solo aspettare Kendall, poi possiamo partire. Credo che questo vecchio ragazzo stia per finire i suoi giorni migliori.
Mi spostai sul sedile del passeggero e cercai di calmarmi. Le emozioni non dovevano prendere il sopravvento. Dovevamo cercare di andare d'accordo per salvare Allison senza farci scoprire da dei e mostri indesiderati.
-Ecco Kendall. -disse Leo, per poi entrare nel furgoncino.
Poco dopo, Kendall salì a bordo e passò a al figlio di Efesto un sacchetto di McDonald's.
-Il pranzo lo abbiamo. Mangeremo una volta arrivati a New York, ok? -fece Kendall allacciandosi la cintura. Ripensai a come avevamo cantato a squarciagola le canzoni di Alvaro Soler durante il nostro viaggio con Reyna e sorrisi. Lui lo notò.
-Non farmi pensare a quel cantante. -disse severo, anche se sorrideva pure lui.

-Bene. Eccoci qui. -disse Leo quando arrivammo davanti all'Empire State Building. Guardammo la struttura.
-Seicentesimo piano? -chiese Kendall.
Annuii: -Seicentesimo piano. Andiamo.
Entrammo e ci avvicinammo alla reception. La hall era vuota. Strano.
-Seicentesimo piano. -dissi al tizio seduto dietro il bancone.
L'uomo alzò gli occhi dal cellulare, infastidito.
-Prego? -chiese.
-Ha capito benissimo. -mi imposi di trattenere la rabbia, così presi un bel respiro. -Senta. C'è in gioco la vita di una persona e...
-La vita della sua ragazza. -sentii Kendall borbottare.
Mi voltai lentamente a guardarlo. Dovevo aver fatto una faccia strana perché lui alzò gli occhi al cielo.
Tornai a guardare il tizio della reception: -Io sono il figlio di un certo re degli dei, quindi se non vuole essere fulminato le conviene darci la scheda d'accesso per l'ascensore. -dissi abbassando la voce.
L'uomo impallidì.
-Ehm... p-prego. -balbettò porgendomi la scheda d'accesso. -Assicuratevi di essere soli prima di inserire la tessera.
Feci un sorrisetto tirato: -Molto gentile.
Presi la scheda e mi avviai verso l'ascensore insieme a Kendall e Leo.
-Beh, è stato facile. -commentò Leo.
-Già. -fece Kendall.
Ma proprio mentre l'ascensore faceva ding, sentimmo una voce dietro di noi.
-Dove sperate di andare, tesorucci? -chiese.
Ci voltammo, lentamente.
Erano due donne, entrambe con dei vestiti a fiori lunghi fino alle caviglie e dei cappelli a tesa larga sulla testa.
-Andiamo a visitare l'Empire State Building... per un compito. -disse Kendall.
-Possiamo farvi compagnia? -chiese una delle due.
-Ehm... lavoriamo meglio senza nessuno attorno. -rispose Leo.
-Quindi, se volete scusarci... -feci io.
Facemmo dietrofront per entrare nell'ascensore, ma...
-Sicuro che non vuoi farci compagnia? -chiese la seconda donna mettendomi una mano sulla spalla per fermarmi.
-Ehm... sì sono sicuro, ma grazie comunque.
Poi sentii un dolore atroce alla spalla: la donna, che era un'empusa, mi aveva conficcato i suoi artigli nella pelle.
Subito presi i miei pugnali e la ridussi in fuoco con una mossa veloce del polso.
Fuori una. Ne mancava solo un'altra.
-Bella mossa. -si complimentò Kendall. -Ora come spegniamo l'incendio?
-Prima penserei a questa qui. -dissi fronteggiando l'empusa rimasta.
-Sicuro tesoruccio? -chiese quella.
Kendall e Leo si misero ai miei fianchi.
-Tre contro una? Non mi sembra equo... -disse l'empusa.
-Quindi ci lascerai in pace, vero? -propose Leo.
Intanto, il tipo della reception era scappato da qualche parte. Sperai a prendere un estintore per il fuoco.
Poi l'empusa si lanciò in avanti, approfittando della mia distrazione e facendomi cadere sul pavimento immacolato.
Picchiai la testa e persi i sensi.

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