Capitolo 27 ~ Adrian

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Un paio d'ore dopo il pranzo decisi di andare al ranch di Allison. Da solo. Non volevo mettere in pericolo gli altri più di quanto non lo fossero.
Mentre mi avviavo verso il mondo mortale incontrai tanti di quei semidei che mi sorpresi che non mi chiedessero dove stessi andando.
Per fortuna non avevamo ancora riportato la macchina noleggiata, così presi quella senza dire niente a nessuno e partii.
Per qualche strano motivo, sull'Olimpo avevo cercato di imparare come si guidano le macchine mortali e, sotto sfida di un satiro, avevo fatto l'esame per la patente mortale. Beh, mi stava tornando utile.
Allison abitava a tre ore di auto dal Campo Giove. Me l'aveva detto Kendall mentre ci rimettevamo in viaggio quella mattina. Sapevo l'indirizzo perché avevamo seguito la macchina di Crystal di nascosto. Strano che Reyna non avesse detto nulla.
Mentre guidavo pensai a come spiegare la situazione ad Allison senza che lei mi chiudesse la porta in faccia.
"Ehi, Allison. Le Muse vogliono ucciderti per colpa mia. Ti porterò al sicuro proprio io, colui che potrebbe farti ammazzare."
Già, Adrian. Bel discorso.

Tre ore dopo, alle cinque del pomeriggio, stavo parcheggiando fuori dal ranch della famiglia di Allison.
Spensi il motore, poi appoggiai la schiena al sedile e chiusi gli occhi, sospirando.
-Coraggio, Adrian. Devi solo convincerla ad andare al Campo Mezzosangue. Puoi farcela, amico. -mi dissi.
Quando ero un dio ero solito farmi dei discorsetti d'incoraggiamento, soprattutto quando dovevo dire a papà che avevo combinato qualcosa.
Mi guardai nello specchietto retrovisore.
-Tu sei bello. Sei forte. Ora vai là fuori e fai vedere chi sei. -ecco, questo era il classico discorso che mi facevo alla mattina davanti allo specchio prima di uscire.
Sì sì, ridete, ridete. È utile, sapete?
Comunque.
Uscii dalla macchina e la chiusi a chiave. Bip bip.
Il cancello era aperto e in poco tempo arrivai davanti alla porta della villa. Feci un respiro profondo, mi sistemai un po' i capelli e i vestiti, sentii se avevo l'alito cattivo.
Tutto perfetto.
Suonai il campanello.
Pochi secondi dopo la porta si aprì.
Davanti a me c'era una donna dai capelli castani striati di grigio e gli occhi marroni.
-Ehm, salve. Sono un amico di Allison. È in casa? -chiesi.
-Sì. -mi disse. -Entra, Allison è in veranda.
Entrai e mi guardai attorno. La casa era molto grande: alla mia sinistra c'era la cucina, a destra il soggiorno.
-Vado a chiamare Allison. Aspetta pure qui. -disse la donna, poi si diresse verso la finestra.
Spostai lo sguardo sui mobili.
Sulla cassettiera c'era una foto di Allison in tutù bianco, dimostrava sei o sette anni circa.
Sorrisi notando come somigliasse alla piccola Abigayle, la bimba che avevo sognato.
-Tu? -esclamò una voce alle mie spalle.
Mi voltai. Allison era lì e quando la vidi non ricordai neanche il mio nome.
Indossava una salopette a pantaloncino sopra ad una maglietta rossa. I capelli erano sciolti sulle spalle e ai piedi portava delle converse rosse.
-Ehm... ciao Allison. -dissi tormentandomi le mani imbarazzato.
-Cosa ci fai qui? -mi chiese incrociando le braccia.
-Cosa ci faccio qui?
-Non lo so, dimmelo tu.
-Ehm... io... -mi schiarii la voce, iniziando a sudare. Diamine, perché era così difficile? Nemmeno quando le avevo rivelato i miei sentimenti mi ero sentito così in imbarazzo.
-Allora?
Sospirai.
-Allison. So che non mi crederai. -dissi. -Ma ti scongiuro. Devi ascoltarmi. È importante.
Allison sembrò combattere contro sé stessa, ma alla fine disse: -C'entra il Campo?
-Più o meno.
La figlia di Apollo sbuffò, poi mi fece segno di seguirla.
-Usciamo in giardino. -disse.
La seguii fuori dalla finestra dalla quale era entrata.
Sulla veranda c'era un tavolo, attorno al quale erano sedute delle persone.
-Ho interrotto qualcosa? -domandai ad Allison.
-Tranquillo. Non disturbi. -rispose lei. -Come ti ho detto stamattina, è la festa per mia cugina.
Mi diedi uno schiaffo mentalmente: me l'ero completamente dimenticato!
-Vieni. -mi disse Allison.
Mi condusse poco lontano dal tavolo, nel prato vicino a quelle che dovevano essere le scuderie.
Ci fermammo sotto una grande quercia e ci sedemmo all'ombra dei suoi rami. Allison mi guardò come per invitarmi a parlare, così presi un bel respiro e iniziai a spiegare delle Muse, di come la profezia si riferisse lei e del perché ero voluto partire per il Campo Giove con Kendall e Reyna.
Quando finii, Allison rimase in silenzio, giocherellando con i lacci delle scarpe.
Abbassai lo sguardo sulle mie mani, che continuavo a tormentare da quando l'avevo vista, nervoso. Che reazione avrebbe avuto? Mi avrebbe ascoltato? Sarebbe tornata al Campo per stare al sicuro come speravo?
-Ti credo. -disse ad un certo punto Allison.
Alzai la testa di scatto.
-Cosa? -domandai, sicuro di aver capito male.
-Ti credo. -ripeté lei guardandomi. -Non hai detto a nessuno che saresti venuto qui, giusto?
Scossi la testa, felice. Allora avevo qualche speranza!
-E... e poi... per quello... quello che mi hai detto in infermeria... -arrossimmo entrambi e calò un silenzio imbarazzato. Non osavamo guardarci in faccia.
Poi mi feci un po' di coraggio: -Quella notte ho fatto un sogno. C'eri tu. Stavamo addobbando un albero di Natale.
Capii che Allison stava sorridendo.
-Eravamo più adulti e c'era una bambina seduta sul tappeto della casa. Stava giocando. -continuai. -Ti somigliava tanto, anche se aveva i miei occhi.
Pensai che Allison mi urlasse di andarmene, invece mi guardò: -Come si chiamava? -chiese, dolce.
-Abigayle. -Risposi con il suo stesso tono e con un sorriso.
Poi la ragazza mi porse la mano, che guardai, dubbioso.
-Mi dispiace per come mi sono comportata. Ricominciamo da zero?
Annuii e le strinsi la mano, poi ci rialzammo in piedi.
-Ti... ti andrebbe di restare per cena? -mi propose Allison imbarazzata.
-TI ANDREBBE DI RESTARE PER SEMPRE? -urlò una voce femminile dal tavolo. Allison raggiunse la stessa tonalità della sua maglietta.
-La cena va benissimo. -mi affrettai a rispondere.
La figlia di Apollo mi sorrise, riconoscente.
Poi mi presentò la sua famiglia e sua cugina, Riley... sì, era lei che aveva urlato.
-Vado a prendere i vassoi. -disse Allison dopo un po'. Io la seguii, dicendole che le avrei dato una mano.
Arrivammo in cucina, dove trovammo dei vassoi pieni di pasticcini.
-Vuoi fare ingrassare la tua famiglia e mangiarti tutti come la strega di Hänsel e Gretel? -chiesi, stupito da tutto quel ben degli dei. Allison rise: -È stata mia nonna a prenderli. -poi guardò i dolcetti. -Oh, dei! Ci sono i cannoncini!
Prese un pasticcino e gli diede un morso. Mi guardò e avvicinò il vassoio a me: -Vuoi? -chiese con la bocca piena di crema pasticciera.
-Sono buoni? -domandai indicando il dolcetto che stava mangiando lei. -Non li ho mai provati.
Allison spalancò gli occhi e dovetti trattenermi dal ridere. Aveva un aspetto piuttosto comico, con la bocca piena di dolce e quello sguardo.
Deglutì, poi finì il pasticcino rimasto e si pulì le mani. Ne prese un altro e si avvicinò a me.
-Provalo. -mi incoraggiò. -Non te ne pentirai.
Guardai prima lei e poi il dolcetto che teneva tra le mani.
-Non ti fidi? -disse facendo un sorriso.
Sorrisi anch'io, poi mi avvicinai e diedi un morso al pasticcino che aveva in mano, riempiendomi la bocca di crema.
Allison mi guardò mentre deglutivo, tenendo il pezzetto rimanente tra le dita.
-Com'è? -chiese.
-È... wow. -dissi sorpreso. -Credo che diventerà il nuovo cibo degli dei.
La figlia di Apollo rise, poi alzò la mano e mi imboccò di nuovo. Stavolta le sue dita sfiorarono le mie labbra e sentii un brivido lungo la schiena.
-Buoni, vero? -mi domandò Allison pulendosi le mani in un panno.
-Buoni. -risposi, per poi deglutire.

La sera, a cena, Allison mi disse che per quella notte avrei potuto dormire nella stanza degli ospiti di casa sua. Il giorno seguente saremmo partiti per il Campo Giove.
Inutile dire che Riley ci osservava stile stalker.
-Tranquillo. Fa così ogni volta che le parlo di un ragazzo. -mi sussurrò Allison esasperata.
Poco dopo mi mostrò il ranch, che era gigantesco, salutammo i suoi parenti e infine mi condusse nella stanza degli ospiti.
-Il bagno è in fondo al corridoio a sinistra. -mi disse la figlia di Apollo. -Allora... buonanotte.
-Notte. -dissi. -E grazie.
Allison fece spallucce.
Feci per entrare nella stanza.
-Adrian? -mi chiamò la ragazza.
-Sì? -chiesi tornando fuori.
Allison sembrava imbarazzata, ma si alzò sulle punte e mi baciò sulla guancia.

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