un piccolo regalo...

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ciao ragazzi!
Spero che vada tutto bene e che vi siate goduti/stiate godendo a pieno l'estate. Volevo dirvi che per problemi personali non sono riuscita ancora a terminare l'ultimo capitolo della storia, dunque lo pubblicherò appena sarà pronto e degno di essere condiviso. In questi giorni mi sono successe delle cose e sono riuscita a concentrarmi solamente nella scrittura di un piccolo " au!" taekook, ispirato ad un libro che sto leggendo correntemente. Non vi obbligo a leggerlo se non volete, è solo un piccolo "passatempo" per l'attesa dell'ultimo capitolo. In realtà, non ero intenzionata a pubblicarlo, ma poi mi sono detta "perché no?" ed eccomi qua.

Vorrei aggiungere che ho approfittato di questa "cosa" come una specie di esercizio di stile. Perciò ho usato il mio stile personale di scrittura nella prima parte e poi l'ho integrato con uno stile molto più vicino a quello dell'autore del libro sottocitato. Inoltre, Murakami è un grandissimo scrittore e saggista giapponese e questo paragrafo che ho scritto è soltanto ispirato alla sua opera, non é certamente paragonabile alla bravura di uno scrittore internazionale. Buona lettura c:

AU!

Jungkook¡mental patient
Taehyung¡university student

Ispirato a Norwegian Wood - Murakami Haruki

Non ricordavo nulla.
L'unica cosa di cui ero assolutamente sicuro in quel momento era che mi chiamavo Kim Taehyung, che mi trovavo nella mia stanza del campus e che quelle intorno a me si trattavano senza dubbio delle mie coperte.
La Hanyang University aveva sempre impiegato materiali scadenti per arredare i propri dormitori, ma le lenzuola erano qualcosa che sicuramente avrei riconosciuto fra mille. Sembravano fatte interamente da fibre di cartone miste a plastica, grinzose ed insopportabilmente ruvide. Appena cercai di alzare le palpebre, la mia vista venne disturbata in un attimo dalla troppa luce che si insinuava tra le serrande e per poco non mi scese qualche lacrima per il troppo fastidio. A ventun anni la società si aspetta una certa maturità da parte di qualsiasi individuo, invece io non avevo la più pallida idea neanche di come fossi arrivato nel mio stesso appartamento, dopo aver partecipato ad una festicciola illecita nei giardini vicino agli edifici di fronte. Mi premei le dita sugli occhi per farli rinsavire e finalmente riuscii a focalizzare il bianco zinco del mio soffitto. La testa mi girava in modo terribile, mi sentivo il volto formicolare e le gambe incancrenite. L'alcol non aveva mai avuto un buon effetto su di me, sopratutto quello scadente e orribilmente dozzinale dei supermercati aperti ventiquattr'ore; quindi, in poche parole, quello che usavano per le feste del mio campus. La saliva, quella mattina, mi era rimasta in bocca alla maniera di un blocco che mi impediva quasi di respirare, e poi avevo una sete che mi prosciugava la gola. Per testare l'insensibilità delle mie gambe, colpii involontariamente un oggetto di vetro con il piede e lo sentii cadere a terra, fortunatamente senza frantumarsi. Era un inalatore per ganja, oggetto che mi fece capire il motivo per il quale mi sentivo così frastornato. Le dita dei piedi quasi non le percepivo, ogni vertebra della schiena mi doleva, le labbra mi formicolavano e alcuni punti sul collo mi bruciavano. Cominciai a rendermi conto della situazione e in un attimo mi prese il panico. Mi alzai a sedere in modo così scattante che avrebbe fatto invidia ad una gavetta dell'esercito e realizzai di essere completamente svestito. Corrucciai le sopracciglia, vagando in una landa piena di domande ma deserta di risposte, e pensai che era la prima volta in tutta la mia vita che andavo a dormire nudo. O forse quella notte l'avevo trascorsa a fare altro? Non che fosse una cosa nuova, anzi, a volte capitava che andassi a letto con qualche ragazzo conosciuto su Grindr e che i miei compagni mi facessero domande che riuscivo a schivare con maestria raffinata in anni di esperienza, ma solitamente non lo facevo mai con altri studenti della mia stessa università.
All'improvviso sentii un rumore provenire dal bagno, come se qualcuno avesse aperto l'acqua del lavandino. L'unica cosa che mi preoccupò a quel punto era che io, all'interno del campus, ero stato uno dei pochi fortunati ad essere assegnato ad una stanza singola, col letto matrimoniale. Lodavo la mia fortuna per aver ottenuto quella camera ed ero totalmente abituato a vivere da solo, anche se quella mattina qualcuno scorrazzava liberamente nella mia camera. «Che danni avrò fatto stavolta?» Mi domandai, racchiudendomi il volto tra le mani e aspettando che il ragazzo che mi ero portato a letto terminasse le sue mansioni in bagno. «'Fanculo Jimin!» Urlai dentro di me, pensando a tutte le suppliche che il mio migliore amico mi aveva fatto sorbire prima della festa. Mi aveva pregato di venirci, nonostante io mi fossi preparato l'intero capitolo di 'arte e design' da studiare. Inoltre, dopo essere finalmente arrivato in quel microscopico giardino, ricordavo di aver ascoltato la musica per un attimo, per poi essermi reso conto che quella festa faceva schifo ed era meglio bere per dimenticare il fatto che sarei quasi sicuramente andato male durante gli esami finali. E forse sí, in fondo desideravo incontrare qualche ragazzo carino per una notte alternativa. Quindi ricordavo di essere sprofondato su una sedia e di aver buttato giù litri di birra scadente. Avevo perso di vista Jimin, dunque non sapevo se lui avesse finalmente avuto la chance giusta per rivelare i suoi sentimenti al ragazzo che gli piaceva da sempre. Erano amici, ma Jimin mi aveva sempre detto che avrebbe preferito dirgli tutto da ubriaco e non da sobrio, visto che gli risultava più semplice.
Il suono dell'acqua che scorreva si interruppe, mi congelai sul posto, con le mani che mi tremavano leggermente. La porta del bagno si aprì e ne uscì un ragazzo coi capelli neri corvini, notevolmente alto e dai lineamenti del viso dolci, quasi infantili. I suoi occhi erano rotondi e luminosi, neri come dei pozzi senza fondo e brillanti come il cielo invernale. La sua bellezza era come un paesaggio immortalato da fin troppe foto, un paesaggio meraviglioso ma visto e rivisto troppe volte per sorprendersene. Le sue labbra avevano un colore inusuale e una forma che al primo impatto reputavo particolare. Erano di un rosso ciliegia naturale, l'arco di cupido del sottile labbro superiore era piuttosto arcuato, mentre il labbro inferiore prometteva carne da baciare. Sentii un calore espandersi nel mio petto e l'eco di mille ricordi assenti rimbombare nella testa. L'unica cosa che riuscivo a pensare era che non avevo mai passato la notte con qualcuno di così bello. I suoi occhi estremamente espressivi caddero sui miei e anche lui corrucciò le sopracciglia, per poi ricomporle tutto d'un tratto. Mi concessi di far proseguire lo sguardo lungo il suo corpo e lo scoprii statuario e tonico. Potevo affermare con sicurezza che quel ragazzo faceva palestra. Il suo addome era asciutto, le sue gambe incredibilmente possenti e le sue braccia irrigidite da muscoli evidenti, ma non esagerati. Ci guardammo in quel modo per una manciata di secondi, poi il ragazzo mi sorrise. In quel frangente non avrei potuto essere più sicuro sul fatto che non l'avevo mai visto da nessuna parte, dato che un sorriso del genere me lo sarei ricordato e portato dietro per anni. La luce che filtrava da fuori rendeva il suo volto luminoso, i suoi occhi sorridevano con le labbra e il suo naso si arricciava leggermente, mentre gli angoli della bocca si incurvavano. Provai qualcosa, qualcosa di estremamente forte che mi attanagliò lo stomaco e il cuore, come una morsa che riuscì ad indebolire ogni parte del mio corpo.

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