Dopo aver mangiato l'ultima fetta di dolce, Jimin e Jungkook alzarono il bicchiere di Soju* che entrambi tenevano in mano e fecero un brindisi. Bere insieme era una cosa da amici. Jungkook, che era fissato coi film americani, diceva sempre che se non ci si riuniva per ubriacarsi almeno una volta, non si poteva essere amici. Jimin l'aveva accettato, l'alcol per lui non era mai stato un tabù come le parolacce."A Kim Taehyung e la sua azienda!" Esclamò il moro ridendo, mentre portava il bicchiere alle labbra. Era giovane e spensierato, a Jimin non era mai capitato di vederlo andare in contro a qualsivoglia problema con le labbra imbronciate. Jungkook era sempre solare e sorridente, anche quando gli cadeva il mondo sulle spalle.
"A Kim Taehyung e la sua azienda!" Ripeté allegramente Jimin, imitando l'amico. Lui non se ne rendeva conto, ma le sue guance si stavano già facendo rosse, giacché non era mai stato uno che sopportava grandi quantità di alcol.
Dopo un altro quarto d'ora passato a dare voce a vane chiacchiere, Jungkook guardò lo schermo del cellulare e realizzò che si era fatto fin troppo tardi per restare ancora a gigioneggiare in giro. Non che non gli piacesse, bensì quella era una delle poche sere in cui suo fratello tornava un po' oiù presto dal suo opprimente lavoro.
"Oh mio Dio! È tardissimo!" Esclamò infatti mentre afferrava frettolosamente il cappotto appoggiato sullo schienale della sedia. "Scusa Jiminie, ma devo andare a raccontare tutto a mio fratello prima che vada di nuovo a lavoro per il prossimo turno!" Spiegò il ragazzo, mentre salutava l'amico con la mano. Avevano più di vent'anni e si salutavano come bambini alle elementari, questo era un altro fattore che Jungkook riteneva da migliori amici.
"Bene, allora pago la cena e ti accompagno alla porta." Gli rispose Jimin trionfante, il quale fu subito interrotto da Jungkook. "Ho già pagato io mentre eri distratto." Il trionfo si sciolse e scivolò via dal volto del biondo come una maschera di cera.
"Ma, Jeongguk, stavolta era il mio turno!" Esclamò, leggermente dispiaciuto mentre prendeva il suo giaccone e raggiungeva il corvino che se la stava svignando sorridendo divertito. Quando Jimin lo chiamava col suo nome di nascita, il quale era pronunciato in modo lievemente più strascicato, significava che lo aveva infastidito in qualche modo o che aveva qualcosa di assolutamente urgente e importante da dirgli. Giunsero in quel modo all'uscita, col cuore leggero i sorrisi stampati sui volti giovani e brillanti, si salutarono, appunto, in modo infantile e si diressero ognuno verso la propria vettura, camminando come solo i ragazzi sanno fare: incassando il petto tra le spalle e curvando la schiena come per proteggersi da sguardi accusatori. Mentre ascoltava il rumore indistinto di voci intorno a lui e la ghiaia che si spezzava sotto le sue scarpe, Jimin decise di telefonare a suo fratello. Aveva sempre invidiato il rapporto di Jungkook con la sua famiglia, a lui almeno dicevano che gli volevano bene. I genitori di Jimin si facevano sentire, se andava bene, una volta all'anno, solitamente appena iniziava l'avvento del suo compleanno. Gli inviavano regali, ma non gli dicevano mai che gli volevano bene. Col fratello invece andava, più o meno, tutto bene. Certo, non arrivava ad un legame simile a quello che aveva con Jungkook, ma era pur sempre suo fratello. In somma, era arrivato al punto di considerare Jungkook più un fratello del suo vero e proprio fratello.
L'abitazione di Jimin non era particolarmente grande, ma godeva dei suoi comfort. Appena entrati ci si imbatteva nel soggiorno, all'interno del quale risiedeva un grande divano, una televisione dallo schermo plasma era affissa alla parete davanti ad esso, le foto dei servizi fotografici che a suo parere si potevano definire i migliori erano appese al muro e, vicino al televisore, era collocata una libreria. Nella parte opposta della sala era posto il tavolo da pranzo e, tutt'attorno ad esso, era costruita la cucina che richiamava i toni del grigio e del beige chiaro.
Tramite un corridoio si poteva accedere alle altre stanze: la sua camera, due bagni, un'altra camera per gli eventuali ospiti e uno stanzino che conteneva prodotti per la pulizia. Tutti, quando iniziavano a conoscerlo, si facevano film su dove e come vivesse dato che lavorava come modello a livelli medio-alti e molti rimanevano sbigottiti o addirittura delusi per quanto, in realtà, la sua vita e la sua casa fossero noiose ed ordinarie. E Jimin adorava la sua vita noiosa ed ordinaria. Appena entrato in casa, si lasciò cadere sul divano, afferrò il cellulare dalla tasca dei jeans stretti e chiamò suo fratello. Dopo solo tre squilli, una voce profonda e familiare rispose. "Pronto Jiminie!"
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♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vkook, namjin
Fanfic"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le stelle, esse si riflettono nei nostri occhi e più questi ultimi sono lucidi, più stelle possono contenere. Quando piangiamo, i nostri occhi div...