Capitolo 12

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JUSTIN:

Stavamo litigando da esattamente due ore, Hanna mi supplicava di lasciarla in pace ma io ero troppo incazzato. Aveva sbagliato e continuava a parlare, dicendo cose che non stavano ne in cielo né in terra.

Non volevo trattarla come mio padre trattava me, ma era inevitabile, solo così avrebbe capito i suoi errori, perché si, a 15 anni non poteva permettersi di prendermi per il culo e sperare anche di passarla liscia, ero nato prima di lei, questo se lo dimenticava sempre.

Mi aveva urlato contro le cose più inimmaginabili, non si era mai permessa di dirmi certe cose e se lo stava facendo era perché l'avevo portata io a quello. Aveva accumulato tanto e stava scoppiando. Ma per quanto potesse avere la lingua lunga sapeva che quando si stava mettendo male doveva fare solamente silenzio. Invece aveva dato il meglio di se, aveva criticato tutto, la mia vita, il mio lavoro, ciò che facevo con le ragazze, mi aveva accusato addirittura di stare con Ellen per divertimento, dicendo che non mi meritavo una ragazza così accanto e che non mai avrei trovato l'amore.

Era stato troppo. Non ci avevo più visto dalla rabbia.

La guardai impassibile piangere a singhiozzi, era poggiata a terra con le spalle al muro, avrei voluto ammazzarla per come si era comportata, per come si era permessa di parlarmi.

"Le cose cambieranno completamente per te, farò in modo che tu non esca più e ti garantisco che alla prima risposta che darai sarà la fine. Questa è stata la prima ed ultima volta che tu sei andata a ballare. Da adesso in poi scordati tutto, le uscite, quelle tue amiche puttane, i tuoi amici tossici, la piazzetta, le serate, tutto. E spera che Noah non se ne esca con qualcosa che hai fatto là dentro, perché ti giuro che ti massacro." La minacciai guardandola impassibile.

"Noah ?" Domandò non capendo cosa centrasse in quel momento.

Risi portandomi le mani sui fianchi "esatto dolcezza, È venuto anche lui, e gli ho chiesto di controllarti."

Tremò alle mie parole iniziando a fissare il pavimento facendo scorrere lungo le sue guance lacrime calde "n-no c'è niente da dire. Io non ho fatto nulla."

La guardai scettico portandomi le mani sui fianchi "vedremo. Tu intanto prega il signore che sia così."

Scosse la testa poggiandola al muro dietro di se.

"Ora levati questo ridicolo vestito da dosso, perché ti sta davvero di merda." Continuai a ferirla non curandomi dei suoi sentimenti, accendendomi una sigaretta.

La ragazzina si alzò guardandomi male "sei identico a lui, in tutto e per tutto. Avrebbero dovuto rinchiudere anche te."

Rimasi immobile assimilando quelle parole schifose, sapevo che le pensava davvero ed era per questo che ci restai ancora più di male. 

La guardai prendere la sua borsetta nera e correre al piano di sopra velocemente, la porta della sua camera venne sbattuta e dopo il rumore della chiave che veniva girata per chiudersi dentro non sentì più nulla, solo silenzio.

Ero rimasto solo, con i miei pensieri.

ELLEN:

"Sto andando da Carly, vorrei parlarci." Dissi per la terza volta seccata dalle continue domande dei miei fratelli.

Possibile che dovevo specificare ogni cosa che facessi ?

"Non tornare tardi." Disse freddamente Dylan inchiodando il suo sguardo nel mio, i suoi occhi color ghiaccio bruciavano contro la mia pelle.

Annuì solamente uscendo di casa, cacciai un sospiro felice di essere uscita da quel maledetto posto.

Camminai lentamente verso casa della bionda pensando alle parole che avrei dovuto dirle, naturalmente avrei improvvisato al momento ma comunque volevo farmi un'idea generale della situazione.

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