Off Stage Part 3

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Sicheng sentì i passi di Linchen sulla scala che collega il terzo piano alla sua camera da letto in mansarda. Poteva significare solo una cosa: che lui non aveva sentito le sveglia per l'ennesima volta. Sua madre era convinta che lo facesse di proposito, come se Sicheng passasse tutto il suo tempo a escogitare "Modi Nuovi per Mettere la Mamma In Croce". Ma la verità era molto più semplice, Sicheng andava a letto tardi. Tutte le sere.

Balzò giù dal letto. Quando Lin aprì la porta, si era già infilato pantaloni e calze, ma aveva ancora addosso la maglietta del pigiama con cui aveva dormito.

<Due minuti e arrivo.> disse. Rovistò tra alcuni vestiti ammucchiati nella cabina armadio, in cerca di un maglione. O forse no, meglio una felpa. <Com'è fuori?> chiese.

La sorella si avvicinò a uno dei lucernari a spalancò la scricchiolante anta a ribalta.

<Sembra grigio.> rispose.

Meglio il maglione. Sicheng finì di vestirsi, afferrò zaino e cuffia e seguì Lin di sotto, ben contento di mandare lei in avanscoperta.

Loro madre era piazzata davanti alla porta d'ingresso, mano alla maniglia, nell'attesa che i figli mettessero scarpe a cappotti.

<Non ho parole Sicheng.>

<Non siete obbligate ad aspettarmi, potevate anche andare.>

<Certo. E tu potevi saltare scuola del tutto.> disse sua madre uscendo.

<Quando siamo in macchina chiedile se possiamo fermarci per una caffè.> bisbigliò alla sorella.

<Chiediglielo tu!>

Una cosa è tener duro dormendo una media di quattro ore per notte, un'altra è farlo senza l'aiuto della caffeina. Doveva trovare il modo di fare un salto da Starbucks appena sua madre l'avrebbe lasciato a scuola.

Si alzò una folata di vento che profumò l'aria di muffin, qualcuno stava preparando la colazione, forse in uno dei locali lì vicino. Forse proprio quello dove, l'anno scorso, lui e una ragazza facevano lezione.

Gli brontolò lo stomaco. In cima alla lista dei vantaggi di quando era un ballerino famoso c'era il fatto che poteva fare colazione con calma. Dopo diversi anni senza un normale orario scolastico, e avendo ripreso relativamente da poco, non riusciva proprio a capire perché mai la prima ora dovesse cominciare tanto presto.

Lin si sedette davanti. Sicheng si coprì le orecchie con la cuffia e si sistemò sui sedili posteriori.

Arrivati al semaforo in fondo alla collina, Sicheng si abbandonò ai sensi di colpa, ma solo finché durò il rosso. Essere sistematicamente in ritardo era da maleducati, e lui lo sapeva bene. Però doveva andarci piano con la storia della colpa, se non stava attento ne sarebbe stato soffocato.

All'inizio si sarebbe sentito uno schifo per aver costretto gli altri ad aspettarlo, e per aver mancato di cortesia a sua madre. Poi sarebbe arrivato il senso di colpa per non aver dimostrato riconoscenza per tutto ciò che aveva avuto dalla vita, e per non  aver saputo fare buon uso del suo dono. Il nonno aveva una fissazione per questa teoria del saper fare uso del proprio dono, in famiglia era una filosofia di vita. Poi, a Praga, era successo quello che era successo, dopo tutti quegli anni e tutti quei soldi spesi. O investiti. O forse buttati via? Dipende dai punti di vista.

Anni e soldi che i suoi genitori non avrebbero mai recuperato. E nemmeno Sicheng.

Ma soprattutto, tempo. Un sacco di tempo.

Ovvero: la sua infanzia. Andata!

Ma che senso aveva rivangare tutto quanto? Ormai quel che era fatto era fatto.

Just Me, You, and the Music [Yuwin]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora