Quella notte Sicheng non riuscì a chiudere occhio. Pensava a Naomi. Era preoccupato.Chissà. Magari aveva scoperto la sua relazione con Yuta. Forse gli aveva detto che non poteva più frequentarlo. E pure che non poteva più frequentare casa loro, neanche per far lezione a Linchen.
Pensò a come l'area guardato Lin quando gli aveva chiesto di non portargli vi Yuta.
E lui, cosa stava facendo?
Proprio quello.
Glielo stava portando via.
E intanto cosa dovrebbe fare? Fingere che tra lui e Yuta non ci fosse un rapporto speciale? Sapeva benissimo che era impegnato. Però aveva bisogno di lui.
Un giorno Linchen avrebbe capito, che a volte bisogna essere egoisti, ogni tanto.
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Sicheng non aveva voglia di trovarsi faccia a faccia con sua sorella quel lunedì mattina.
Si alzò prima di lei, verificò più volte il percorso dell'autobus, scese in cucina per una tazza di latte e cereali, scrisse un biglietto a sua madre e, cercando di non fare tanto rumore, uscì di casa, nel buio mattutino di dicembre. La quiete, il senso di solitudine tipico di quell'ora, l'aria frizzante... non gli serviva altro. Lasciò perdere l'autobus, ci sarebbe andato a piedi a scuola.
L'edificio aveva un'aria fosca e solitaria quando Sicheng arrivò, ma cancelli erano già aperti. Raggiunse l'aula del signor Kim e si sedette a terra fuori alla porta, stretto nel giaccone, cellulare in mano. Voleva sentire Yuta, ma al contempo l'idea lo spaventava.
Avrebbe anche dovuto vedere Taeyong, quel giorno. E scusarsi con lui. O forse no... Non avrebbe cambiato nulla di quello che aveva fatto venerdì sera, ma allo stesso tempo non voleva che il suo migliore amico ce l'avesse con lui.
Era come se ogni volta che cercava di fare la cosa giusta per sé, finisse per ferire qualcun altro.
Appena vide il signor Kim arrivare in fondo al corridoio, si alzò in piedi. Lui si portò una mano al cuore, e guardò l'orologio con aria teatrale.
<Cosa vedono i miei occhi!>
<Buongiorno signor Kim.> disse Sicheng leggermente infastidito da quel commento.
<Buongiorno Sicheng, vieni, entra.> Woobin aprì la porta dell'aula e lo fece passare. Poi andò alla cattedra e cominciò a svuotare la tracolla, mentre Sicheng prese posto nel banco di Lee Hyekyo, coperto da scarabocchi a matita, ghirigori e linee. <Lo sapeva che Lee Hyekyo è una vandala?> chiese al suo professore, indicando il banco.
<Accidenti. Hai ragione. Non temere: la farò subito espellere.> scherzò lui. Si toccò il taschino della camicia, come se stesse cercando qualcosa. <Tutto bene?> domandò poi a Sicheng.
Non sapeva come rispondere. Non poteva certo dirgli che stava avendo problemi con la ragazza del suo ragazzo. Si limitò a un: <Vuole che dia una pulita alla lavagna?>
<Mhh... grazie.> rispose il signor Kim. Tirò fuori straccio e spray dal cassetto e li posò sulla cattedra. Poi si mise a corregge i compiti. Dopo qualche minuto, si fermò, alzò il capo, lo guardò, e disse: <Di qualsiasi cosa si tratti, vedrai che continuerete a stare insieme.>
Con un'ultima passata, Sicheng cancellò ogni traccia dei compiti di venerdì dalla lavagna. Lo guardò con un sorriso nostalgico.
<Lei è un bravo insegnante, signor Kim.>
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Taeyong e Doyoung erano al solito tavolo del secondo piano. Sicheng li osservò da dove non potevano vederlo, valutando il da farsi. Poteva raggiungerli, gettare lo zaino su una sedia e sedersi con loro come se niente fosse, magari buttando lì una battuta.
Peccato che non gliene venisse in mente neanche una.
Si girò di scatto e scese di corsa le scale, prima che si accorgessero di lui. E benché avesse ancora tre ore di lezione, lasciò l'edificio. E iniziò a camminare. E camminò. E camminò ancora.
Era ancora in tempo per tirarsi indietro.
Poteva chiamare Yuta e dirgli che no, non avrebbe partecipato allo spettacolo. Poteva fare in modo di non incrociarlo più per casa e non scrivergli più. Lasciarlo.
La cose sarebbe migliorate con Lin. Per ironia della sorte, se avesse cambiato idea il rapporto con il nonno sarebbe solo peggiorato. Gli pareva già di sentirlo, "te l'avevo detto che avresti mollato di nuovo".
Eppure non voleva tirarsi indietro.
Non voleva scappare da questa prova, da se stesso.
E soprattutto non voleva perdere Yuta.
Non gli rimaneva che fargli una telefonata. E dirgli che accettava.
Ma prima, doveva fare un'ultima cosa.
Salì su un autobus per il distretto di Gangnam.
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Il palazzo dove si era trasferita Grace Chang da circa un anno e mezzo non corrispondeva affatto al ricordo che ne aveva Sicheng. Ma dopotutto, ci era stato solo un paio di volte: la prima quando Grace l'aveva invitato a prendere del cibo cinese da un takeaway e mangiare con lei subito dopo che si era trasferita con sua figlia, la seconda proprio per conoscere la piccola Xianing, che allora aveva solo sette anni. Era passato troppo tempo da l'ultima volta che aveva visto entrambe.
Non c'era ragione che Grace fosse a casa a quell'ora. Probabilmente era da qualche suo nuovo studente. "Ma certo" pensò Sicheng, sentendosi stupido per non averlo pensato prima. Il fatto che lui avesse smesso di ballare non voleva dire che Grace avesse cambiato lavoro.
Trovò Chang sul citofono. Il dito indugiò sul campanello per qualche secondo. Ovviamente Grace aveva saputo cos'era successo, in ogni versione possibile: quella dei genitori di Sicheng, quella delle persone presenti al Festival di Praga, dei blog. Ma non aveva mai sentito la versione del suo allevo.
All'epoca, Sicheng era ancora sconvolto da quello che aveva combinato sul palco, dalla morta della nonna e dal modo in cui i suoi genitori e il nonno avevano gestito la situazione. Si era chiuso in se stesso. Non aveva risposto alla telefonate di Grace. Ascoltava i messaggi che gli lasciava in segreteria e scoppiava in lacrime, in una sorta di riflesso condizionato appena sentiva la sua voce, che Sicheng aveva sempre amato. Una voce delicata, ma mai troppo bassa. Leggera ma decisa. Con una traccia di quel particolare accento tipico dei cinesi americani di San Francisco di prima e seconda generazione: vocali rapide e suoni che saltano ogni tanto in certo parole.
"Cos'è successo, Sicheng?" gli aveva chiesto lei, in uno dei messaggi.
Sicheng si era promesso di richiamare.
L'aveva fatto, ma aveva solo accantonato quel capitolo.
Era il tempo di chiuderlo definitivamente.
Suonò il campanello e aspettò per un ragionevole lasso di tempo. Suonò ancora, aspettò ancora. Magari poteva recuperare il suo numero di telefono. O scriverle un email. Magari.
Gironzolò un po' nel quartiere alla ricerca del takeaway dove era stato con Grace. Ricordava che sul tendone c'era un drago. Sfortunatamente, da quello parti erano molti i locali con un drago sul tendone. Pensò di aver trovato quello giusto, ma mentre camminava per strada mangiando polpettine di gamberi direttamente dal sacchetto non potè fare a meno di pensare "non sono la stessa cosa".
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Hello~
ANDIFJFJENES domani ho il test di storia AJFIFIDIKYOK odio storia NFYKFKDKSKWK
Happy Chuu Day!
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Just Me, You, and the Music [Yuwin]
FanfictionDove Sicheng ha mollato la danza E Yuta è l'insegnante di ballo di sua sorella