Sicheng e Linchen stavano finendo di cenare mentre Jongseok metteva in ordine la cucina. Aveva preparato i suoi spaghetti speciali pre-Ringraziamento: sugo pronto da barattolo, parmigiano in busta, il tutto accompagnato da una bruschetta di pane confezionato.<La cena più buona in assoluto.> disse Lin addentando il dolce, un gelato-biscotto tirato fuori anche quello da una scatola.
<Buono a sapersi.> rispose Jongseok divertito. <Sono qui che spadello sempre da due giorni per il pranzo di domani, quando invece ti avrei fatto felice con una piatto di pasta al ragù in scatola...>
Il papà di Sicheng era andato ad accompagnare il nonno e la mamma all'aeroporto e non era ancora rientrato. Prima di uscire era salito in camera di Sicheng. Lui era sdraiato sul letto con le cuffie. Non lo aveva sentito bussare. Se l'era ritrovato accanto al letto, che gesticolava per fargli capire di togliersi le cuffie. Lui lo aveva ignorato e allora, con uno strattone, gli aveva scollegato il filo.
<Uffa, ma che c'è?>
<Scendi a salutare tua madre e tuo nonno.>
<Non ci penso neanche.>
<Non mi interessa cosa pensi. Scendi e basta.>
Sicheng si era girato dall'altra parte. Poteva anche darsi che suo padre l'avesse perdonato per la storia di Praga, ma lui aveva comunque la sua parte di colpa in tutto quel macello.
<La chiamo più tardi.> borbottò, rivolto alla parete.
Non aveva nessuna intenzione di scendere, e suo padre doveva farsene una ragione. A meno che non decidesse di trascinarlo giù per i capelli.
<E va bene.> aveva detto, poi se n'era andato.
Sicheng era rimasto lì a rimuginare, non senza qualche senso di colpa. Forse aveva esagerato. Poi però gli era venuto in mente quello che si erano detti con Yuta, la sua promessa di stargli vicino, e di essergli amico. E aveva sentito riaccendersi la speranza. Aveva decisioni da prendere sulla sua vita, decisioni sue, sulla sua vita. E per la prima volta non si sentiva solo.
Adesso, seduto in cucina, lo travolse un'ondata di euforia. Cinque giorni senza i rimproveri del nonno e senza le critiche e i timori di sua madre. Cinque giorni per sognare. Per fare progetti.
<Stasera posso dormire in camera tua?> gli chiese Lin.
<Dunque vediamo...> fece finta di pensarci un po' su. <No.>
<Perché no?>
<Perché forse ho altri impegni.>
Jongseok, indaffarato a farcire il tacchino, gli lanciò un'occhiata. <Come sarebbe a dire? Non è che per caso hai organizzato un pigiama-party? Non mettermi in condizione di fare la spia con i tuoi.>
<Tranquillo.> In realtà Sicheng non aveva nessun impegno, ma con tutti quei giorni davanti senza nessuno che lo sorvegliasse, intendeva rimediare al più presto.
<Facciamo domani sera, okay?>
<Magari domani non voglio io.> disse Lin imbronciata.
<È un rischio che dovrò correre, mi sa.>
🎶
<Pensavo che potremmo fare quella cosa delle ceneri stasera.> disse Sicheng al telefono, mentre studiava il contenuto della sua cabina armadio. Non aveva nessuna voglia di passare la serata chiuso in camera a rimuginare sulla litigata con sua madre. <Il mio genitore stressogeno è fuori città; l'altro, cioè mio padre, al momento risulta disperso. Il nonno si è tolto dai piedi anche lui. E Jongseok si ferma da noi a dormire perché domani deve attaccare all'alba con il tacchino. Quindi non devo badare a Linchen. E in più siamo in vacanza.>
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Just Me, You, and the Music [Yuwin]
Fiksi PenggemarDove Sicheng ha mollato la danza E Yuta è l'insegnante di ballo di sua sorella