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«Non guardare, non guardare!»
Mi tremano le labbra e temo che la risata che sto cercando di trattenere esploda rumorosamente.
Stringo le mani sugli occhi e penso che in tutta la mia vita non mi è mai capitata una cosa così buffa: sono una sarta, cucio vestiti su misura, giacche, camicie, abiti da cerimonia e non solo, ho molti clienti, alcuni di Atlanta, altri no.

Lui, l'uomo che ho di fronte in questo momento, è un cliente abituale, uno di quelli strani, sembra che sia un nobile o comunque qualcuno appartenente alla “Atlanta bene”.
Non che mi interessi, di solito non ficco il naso nella loro vita, ma questo signore, tra l'altro neanche tanto giovane, non ha esitato a sbattermi in faccia la sua ricchezza, questo però non è bastato ad attirare la mia attenzione, così ha sfoderato l'arma migliore e cioè la sua spada.

Avete capito bene, il tizio è completamente nudo, gli ho chiesto di spogliarsi, sapete, per prendere le misure ma lui mi ha preso in parola e ora sventola il suo pugnalino proprio di fronte i miei occhi.
«La prego, signor Jonas, si rivesta!» chiedo gentilmente, voltandomi di spalle.
«Mi scusi tanto, signorina Brown, non so cosa mi sia successo. Ecco io. Vede, lei mi piace, è sempre così gentile con me, pensavo... insomma…»
Lo ascolto ma ad attirare la mia attenzione è il rumore della lampo che si chiude.
Emetto un sospiro di sollievo e torno a guardarlo.

Dovrei essere arrabbiata, indignata, offesa, ma non ci riesco. Finalmente posso dar sfogo alla mia risata, scoppio, mi piego in due dal ridere, e non mi importa se ora l'offeso è lui, non ce la faccio a smettere.
«Cosa sta succedendo qui?» Lilia fa il suo ingresso nella stanza come una furia. «Millie che ti prende?» Il suo tono esprime incredulità, in effetti sono rarissime le volte in cui mi ha visto ridere in questo modo.

Il signor Jonas, si schiarisce la gola.
«Torno in un altro momento» dice serio. Lo osservo uscire dalla stanza, temo che non lo rivedremo mai più.
«Mi vuoi spiegare cosa è successo?» mi chiede la mia amica facendosi contagiare dalla mia ilarità. Non appena riprendo fiato e le spiego l'accaduto, passiamo un’altra mezz'ora a sbellicarci e a fare battute su quell'uomo, ma poi il campanello ci riporta alla realtà e torniamo al lavoro.

Esco dalla sartoria alle otto, fuori è già buio ma è normale visto che siamo a gennaio. Mi stringo nel cappotto e infilo le mani nelle tasche camminando verso la fermata della metro.

Lilia è già tornata a casa, stasera è toccato a me chiudere il negozio giacché lei ha terminato i suoi appuntamenti un'ora fa. Le strade fortunatamente sono sempre affollate, dicono che New York è la città che non dorme mai ma secondo me anche Atlanta non scherza. Quando salgo sul treno mi lascio andare sul sedile, mi aspettano minimo trentotto minuti di viaggio dalla sartoria a dove abito, senza contare che dovrò anche cambiare linea.

Prendo il cellulare dalla borsa, infilo gli auricolari e faccio partire la musica, socchiudendo leggermente gli occhi. Ultimamente sono davvero molto stanca ma accade spesso, soprattutto, dopo il periodo di Natale che, insieme alle altre festività, è il momento in cui lavoriamo di più. Non che mi dispiaccia, abbiamo faticato tanto per emergere con la nostra attività e ora l'unico scopo della mia vita è farla funzionare al meglio.

Dopo un'ora finalmente faccio scattare la serratura di casa, l'odore di carne arrosto mi riempie le narici oltre a far ballare di gioia il mio stomaco. Io e Lilia abbiamo un patto: chi arriva prima a casa cucina o se entrambe facciamo tardi ci fermiamo a mangiare fuori così da non dover soffrire troppo la fame. È stata la prima cosa che ci siamo promesse non appena il primo raggio di sole ha oscurato la nebbia che avvolgeva le nostre vite.

Conosciamo perfettamente la sofferenza che si prova quando non si mangia, abbiamo passato giorni senza toccare cibo e non abbiamo mai avuto nessuno che ce lo facesse trovare pronto al rientro a casa. In realtà l'unica casa che davvero conosciamo è l'affetto che ci unisce e non queste quattro mura in cemento, ovvio, avere un tetto sulla testa è di estrema importanza, ma a volte non basta per creare un senso di appartenenza.

«Questa sera ti sei davvero superata» esclamo addentando una mela caramellata. La mia coinquilina è un genio in cucina, a differenza mia; io vado forte con i primi perché adoro la pasta, lei invece sa cucinare praticamente tutto.
«Ti piace? È una nuova ricetta: arrosto ai mirtilli rossi con mele caramellate» afferma soddisfatta prima di bere un sorso di vino.
«Delizioso» confermo a bocca piena. Dopo aver terminato la cena e finito di sparecchiare carico la lavastoviglie e raggiungo la mia amica in salotto, la trovo seduta sul divino a smistare la posta del giorno.
«Questa è per te» mi dice passandomi una busta rosa. L'afferro sorridendo, so già chi è.
«Grazie» dico accomodandomi sul divano, e la apro.

Sebbene provi una gioia immensa ogni volta che ricevo le sue lettere, una lieve tristezza invade puntualmente il mio cuore. Stringo il cartoncino al petto mentre penso che non faccio abbastanza per lei.

•~•
Ecco il primo capitolo di questa nuova storia Fillie!

I capitoli saranno più corti rispetto all'altra storia, ma ne saranno tanti...
Aggiornerò circa cinque volte a settimana, per evitare di finire in estate!! Ho ancora tantissime idee e spero di riuscire a condividerle con voi!
A domani!

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora