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La notte come al solito è stata insopportabilmente lunga. Come deciso, questa mattina, appena uscita mi sono recata alla farmacia più vicina. La ragazza dietro al bancone mi ha venduto una boccetta di Valeriana, spero tanto che funzioni perché non ne posso più di queste occhiaie viola e di questo umore altalenante.

Arrivo in sartoria con qualche minuto di ritardo: non succede spesso, in ogni caso non devo dare spiegazioni a nessuno giacché sono il capo di me stessa. Inoltre fisso sempre il primo appuntamento almeno mezz'ora dopo l'orario di apertura, proprio per evitare che qualcuno rischi di aspettare.
«Buongiorno» trilla Serena, la receptionist.
«Buongiorno» rispondo sorridendole. Mi fermo qualche minuto a parlare con lei, chiedo se Lilia è arrivata. Neanche questa notte è tornata a casa e, anche se non dovrei, sono arrabbiata con lei, non avrebbe dovuto lasciarmi sola, se mi fossi sentita di nuovo male non avrei avuto nessuno accanto a me. Credo che si stia comportando in maniera egoista... o forse lo sto facendo io? Insomma, lei si sta godendo questa storia, dopo tanto dolore finalmente ha trovato la stabilità con un uomo. Chi sono io per pretendere che ci rinunci? Sì, sono senz'altro io quella più egoista.

In preda ai sensi di colpa per non aver risposto alle sue chiamate, raggiungo l’armadietto in cui ho sistemato la borsa e recupero il telefono. Al secondo squillo Lilia risponde.
«Tutto bene?» domanda con un tono affannato.
«Sì, ma tu non stai facendo sesso vero?» chiedo ironica.
«No, sto correndo verso la sartoria. Tu sei rimasta a casa come ti avevo detto di fare?» Sento la voce salire e scendere di qualche tono, accompagnata da spasmi che mi indicano che sta correndo davvero.

Non faccio in tempo a rispondere che la porta si spalanca e Lilia entra come una furia, seguita da una folata di vento gelido.
«Ah, sei qui» esordisce con il telefono ancora all'orecchio. Entra a grandi passi, saluta Serena e poi viene verso di me. Sento le sue braccia avvolgermi il collo e mi ritrovo stretta al suo petto, ricambio l’abbraccio e in questo momento capisco che sa come mi sono sentita. Abbandonata.
«Scusami Millie, sarei dovuta tornare a casa questa notte» mi sussurra all'orecchio.
«Non fa nulla» rispondo con un filo di voce.
«Devo raccontarti le ultime novità» dice, sciogliendomi dall'abbraccio. Faccio un cenno di assenso. Anche io dovrei raccontarle un sacco di cose, non le ho parlato di Finn, dell'incontro avuto a Chicago, dei miei presentimenti che qualcuno mi stia spiando, ma non sono ancora pronta, perciò lascerò la scena a lei e mi limiterò ad ascoltare quello che ha da dirmi.

La giornata passa in fretta, solitamente il lunedì è molto tranquillo. Come di consueto chi finisce prima torna a casa a preparare la cena e questa volta, come accade spesso ultimamente, è la mia collega ad andarsene prima, insieme a Serena. Guardo l'orologio appeso al muro, sono le sette e mezzo, il buio ha già oscurato Atlanta, tingendola del mio colore preferito. Prendo il cappotto e me lo infilo, sto facendo la stessa cosa con il cappello quando la porta della sartoria si apre di scatto.

Cazzo, ho dimenticato di chiudere a chiave. Odo un rumore di tacchi di scarpe eleganti da uomo, e non ho bisogno di voltarmi per sapere chi è: Mark.
«Cosa ci fai qui?» chiedo.
«Devo parlarti» ruggisce, è arrabbiato e non tenta di nasconderlo.
«Ci siamo già detti tutto. Ti prego, Mark, lasciami in pace.» Sono esausta, vorrei solo tornare a casa, prendere la Valeriana e riuscire finalmente a dormire qualche ora di fila.
«No, tu hai detto la tua, ma io no.» Mi afferra per le spalle, ha uno sguardo minaccioso che non gli ho mai visto prima ed è spaventoso.
«Mi fai male» urlo, mentre mi spinge verso la parete dietro di me.

Cerco di liberarmi ma senza successo, ha una certa stazza, perfino un altro uomo farebbe fatica a contrastarlo fisicamente. Quando mi trovo con le spalle al muro e lui premuto su di me cerco disperatamente di gridare, me lo impedisce mettendomi una mano sulla bocca.
«Il tuo profumo, mi è mancato» sussurra a due centimetri dalle mie labbra. Chiudo gli occhi, stringendo forte le palpebre. Il suo alito mi fa ribrezzo e sapere che una delle sue mani, ora, mi sta accarezzando il collo mi fa venire la nausea.
«Tu, non sai cosa provo per te Millie.»

Le lacrime iniziano a scendere, non voglio subire anche questo trauma, la mia vita è già stata troppo difficile, potrei riuscire a superarlo? Ma a quanto pare accadrà, giacché sono da sola e nessuno può vederci o sentirci.
Sento la sua lingua accarezzarmi la gola, muovo la testa da un lato all’altro per evitare di farmi toccare, ma le sue mani sono più forti e bloccano ogni mio movimento. Tengo gli occhi chiusi e mentre il cuore sembra scoppiarmi, mi rassegno all'inevitabile.

D’improvviso, Mark viene scaraventato sul pavimento. Fatico a capire cosa sta succedendo, vedo poco a causa delle lacrime che non smettono di uscire, ma c'è un uomo di spalle e ha un piede sul petto del mio aggressore. Quando mi rendo conto di essere libera, corro in bagno, chiudo la porta a chiave e faccio giusto in tempo ad arrivare al water che vomito tutto quello che ho mangiato. Trascorrono minuti infiniti prima che mi decida a uscire, sono certa che l'uomo abbia cacciato via Mark poiché ho sentito la sua voce mentre urlava che gliel' avrebbe fatta pagare e poi la porta sbattere.

Quando arrivo nella hall, il mio salvatore è ancora lì, mi dà le spalle e dal modo in cui stringe i pugni mi fa capire che quello che ha visto lo ha fatto arrabbiare molto.
«Grazie.» La mia voce è rotta, impaurita. Quando si volta resto di gesso. Finn. Cosa ci fa qui?

Il mio respiro diventa affannato e l'unica cosa che vorrei fare ora è andargli incontro e cullarmi nel calore del suo corpo. Invece non riesco a muovermi, sono pietrificata e mi vergogno immensamente per quello che ha visto.
«Ti ha fatto male?» chiede, puntandomi gli occhi addosso.
Grazie occhi neri.
«No, ma se tu non fossi arrivato lo avrebbe fatto.» Ricomincio a piangere, con due falcate è di fronte a me e mi regala l'abbraccio che tanto desideravo.
«Cosa ci fai qui?»
«Non sono capitato qui per caso Millie. Volevo convincerti ad accettare il mio invito.» Sento il suo respiro tra i miei capelli, mi rilassa, mi distende i nervi e penso che potrei addormentarmi tra le sue braccia. Lo sento sospirare. Piano mi allontana dal suo corpo. Il freddo si insinua nelle mie viscere, bramo ancora quel contatto. Il suo sguardo aggancia il mio e nel momento in cui lo fa cado in un vortice di emozioni a cui non so dare una spiegazione.

«Non ti farà più nulla. Te lo prometto.» Resto in silenzio quel tanto che basta per provocargli un altro sospiro. Il motivo per cui non parlo è che mi ha lasciato senza parole. Lui mi sorprende.
«Andiamo, ti porto a casa» dice infine.
Mi prende per mano, aspetta al mio fianco mentre inserisco l'allarme e chiudo la porta.
Riprenditi Millie. Avrà considerato il tuo silenzio come l'ennesimo rifiuto.

Saliamo in macchina, noto le nocche sporche di sangue quando afferra il volante. Mi si stringe il cuore, vorrei chiedergli cosa è successo con Mark, cosa gli ha fatto e cosa gli ha detto, ma evito. Non ne ho voglia.
Gli comunico la via e lui la inserisce sul navigatore. Restiamo in silenzio finché non è proprio lui a romperlo.
«Chi era quell'uomo?» Cosa gli rispondo ora? Non posso rivelargli la nostra storia, è troppo imbarazzante.
«Abbiamo avuto una relazione, ma ormai è finita.» Decido di raccontargli una mezza verità. Per un attimo il suo sguardo tetro si posa su di me, mi stringo nel sedile, sentendomi ancora più piccola del solito.
«Lui non sembra pensarla allo stesso modo» commenta in tono brusco, tornando a guardare la strada. Ci fermiamo a un semaforo rosso, dentro di me prego che scatti in fretta il verde poiché la tensione che si è creata all'interno dell'abitacolo fa più rumore dello scoppio di una bomba.

Sono rivolta verso il finestrino, piove e con lo sguardo seguo una goccia che scivola giù dal vetro. «Dopo il tuo intervento non credo che si farà più vedere» mento, già so che non sarà così. Mi volto verso di lui e gli rivolgo un sorriso forzato. Ha la mascella contratta e l'espressione seria.
«Lo spero» dice con fermezza.
Finalmente scatta il verde e ripartiamo. Il resto del viaggio si svolge in silenzio, le strade sono poco affollate e la mia casa non è molto distante. Quando arriviamo scende e viene ad aprirmi la portiera.
«Sei sola a casa?» domanda, mettendosi le mani nelle tasche del cappotto elegante.
«No, c'è Lilia» rispondo, evitando di guardarlo negli occhi.
«Ok.» Tra noi scende un silenzio imbarazzante.
«Buonanotte Millie» dice infine. Lo guardo mentre torna verso la macchina.
«Aspetta» grido attirando la sua attenzione. Trovo il coraggio di avvicinarmi a lui e specchiarmi in quelle iridi nere.

«Per il tuo invito...va bene» dico tutto in un fiato. Mi rivolge un sorriso, è dannatamente bello e, io ho una fottuta paura. Ma mi ha salvata da una violenza sicura perciò questo è il minimo che possa fare.
«Bene.» Dalla tasca estrae il portafogli, lo apre e mi porge un biglietto da visita, con il suo numero di telefono.
«Prima di addormentarti, mandami un messaggio, scrivi quello che vuoi, ma fallo» dice entrando in auto.
Aspetto che parta e con il cuore e lo stomaco in subbuglio corro nel mio appartamento.

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora