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Cerco di non scontrarmi con il flusso di gente che affolla la Stazione Centrale di Chicago, cammino tra le persone ma senza realmente vederle.
Ho scelto di muovermi in treno, anche se preferisco l'aereo avevo bisogno di più tempo.
Sei ore di viaggio però mi hanno distrutta, soprattutto mentalmente. Non ho mai smesso di immaginare cosa le dirò e cosa lei potrebbe dire a me. Ho cercato di riposare, di pensare ad altro, ma invano.
Non sono andata a trovare Romeo, ma ho parlato con la polizia, sono venuta a conoscenza della sua reale condizione psicologica, e non è delle migliori. Spero che si riprenda, che si lasci curare, ma mi auguro anche di non doverlo più vedere. Ho deciso soltanto pochi giorni fa di intraprendere questo viaggio. L'ho fatto perché ho bisogno di cambiare vita, di lasciarmi alle spalle tutto ciò che mi ha reso così cinica, povera di valori e triste. Voglio costruire una nuova me, ma per farlo ho bisogno di chiarimenti.

Stringo i manici del borsone mentre mi dirigo verso l'uscita. Passerò prima in hotel e poi andrò da mia madre. Non l'ho avvista del mio arrivo, avrei potuto farlo, ma ho preferito così, non voglio che sia preparata.
Appena fuori, mi avvicino alla stazione dei taxi, davanti a me c'è la coda ma fortunatamente vanno e vengono perciò non dovrò aspettare molto. Quando arriva il mio turno, comunico l'indirizzo all'autista e partiamo. Chicago, come Atlanta, è un caos totale, la nebbia crea ancora più confusione, scatenando l'ira degli automobilisti. Passano circa venti minuti prima di arrivare a destinazione, pago la mia corsa, scendo e mi avvio all'entrata.
Mi stringo nel cappotto di lana, ho sempre amato il freddo e l'aria cupa invernale ma a quanto pare sono cambiata anche in questo. La ragazza alla reception mi chiede i documenti, glieli porgo e dopo qualche minuto mi consegna la chiave della camera, dandomi il benvenuto. Le sorrido e mi dirigo verso la mia stanza. L'hotel è carino, anche se gli spazi sono molto piccoli.
È vicino a casa di mia madre, ed è per questo che l'ho scelto. Sistemo velocemente le mie cose, invio un SMS a Lilia comunicandole il mio arrivo, mi risponde dopo pochi secondi. “Chiamami quando hai finito.” Rispondo con un “ok”.
Anche se non so in quali condizioni sarò.

Mentre ero in treno mi è passato per la mente di chiederle un test di maternità, per avere la certezza che sia lei, ma sono realmente pronta per questo? Ho paura, anzi, sono terrorizzata, non ho mai pensato che questo momento potesse arrivare. Ero convinta che sarei morta senza mai sapere chi mi aveva messa al mondo.
Guardo la mia carta d'identità, leggo il mio nome e il mio cognome e penso che sono stati degli estranei a darmeli, persone a cui non importa nulla di me. Chissà quante donne al mondo si trovano nella mia stessa situazione? Quante di loro cercano i loro veri genitori? Lilia ha ragione: a me è stata data una possibilità che tanti non hanno e non avranno mai. E se fosse davvero mia madre, se la sua storia la giustificasse per avermi abbandonata? Mi passo le mani sul volto. Perché è così difficile? Sono consapevole del mio cambiamento, so che Finn ha riportato in vita il mio cuore morto.
Lo sento, dentro di me, provo emozioni.
Sono certa di incontrarlo, spero soltanto che l'effetto non sia devastante, non ho la forza di affrontare anche lui in questo momento.

Anche se mi manca da morire.
Lo sogno ogni notte, lo penso ogni minuto e lo cerco ovunque.

Ripongo i documenti nella borsa e mi avvio verso il bagno, ho bisogno di una doccia e di mangiare qualcosa che allontani questa debolezza. Non vedo l'ora che tutto finisca, ho bisogno di riposare, di dormire e mi auguro che aver deciso di affrontare tutto questo mi ripaghi in qualche modo.

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Capitolo lento e corto scusate, questa sarà l'ultima settimana quindi... godetevi questi capitoli finali.

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora