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È strano in questa stagione, ma la temperatura è moto gradevole.
Stiamo camminando da non so quanto tempo. Mi sto divertendo a fare da Cicerone a Finn.
La storia di Atlanta mi ha sempre ammaliata e sono contenta, per una volta, di poterla condividere con qualcuno. Siamo nei pressi del centro e come al solito è gremito di gente. I lampioni illuminano la grande scalinata.
Continuiamo a camminare fino a raggiungere le scale più alte della città, saliamo e ci sediamo quasi a metà. Da quassù, la nostra visuale abbraccia quasi tutta la zona.
Restiamo in silenzio per un po’, sento i nostri respiri pesanti e, il rumore della mia mente che lavora senza sosta. Non so a quale punto di intimità sia giunto Finn, ma io nutro una tranquillità mai provata prima, e l'idea che tra noi possa nascere qualcosa oscura quasi completamente il cinismo di cui mi sono vestita per tutti questi anni.
Ho paura, questo sì.
Ma forse, per una volta, posso sperare.
Non correre Millie.

«Rappresenta qualcosa il tuo anello?» domando a bruciapelo. Si guarda le dita e lentamente lo gira.
«È un regalo di mia madre. L'ha ereditato da suo nonno e poi lo ha dato a me, prima di morire» mi confida tristemente.
«È molto bello» sussurro, regalandogli un debole sorriso. Mi sfiora una guancia, poi risale a spostarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Grazie.» Il suo tono è flebile e il suo sguardo è dolce.
Istintivamente porto la mano sulla sua e le nostre dita si incrociano.
Finn la stringe forte, se la porta alle labbra e la sfiora. A questo punto, mi rendo conto che abbiamo raggiunto una certa intimità.
«Cosa mi dici di te, invece?» domanda, senza interrompere il contatto visivo e fisico.
«Non c'è molo da dire. Sono cresciuta passando da una casa famiglia all'altra. Sono diventata grande troppo in fretta e non ho conosciuto la spensieratezza degli anni migliori» rispondo cacciando indietro le lacrime.
Parlare di me è maledettamente difficile.
«Non hai mai pensato di cercare i tuoi genitori?» mi chiede, stringendo sempre di più le mie dita.
«Sì. Fino all'età di otto anni ho sognato che un giorno mi venissero a prendere o che sarei andata io da loro. Ma poi, quando ho capito che non mi hanno voluta e mi hanno lasciata in mezzo alla strada, il mio unico obiettivo è stato cancellarli dalla mia testa e dal mio cuore.» Deglutisco, mi concedo qualche secondo per respirare. Parlare con lui è facile, mi tranquillizza, ma pensare che mamma e papà possano essere qui, da qualche parte, mi distrugge, Non ho mai voluto affrontare questo argomento.
«E ci sei riuscita?» No.
«Sì.» Con la mano libera mi strofino il braccio. «Ho dovuto. Aspettare qualcosa che non può arrivare è come vagare nel buio più totale.» Il mio tono è piatto ma la fatica di non far trapelare le mie emozioni è insostenibile. Finn se ne accorge, poiché il suo sguardo cambia. È come se percepisse che non sto raccontando tutta la verità, che sto nascondendo i miei sentimenti.
«Però, non sai cosa è accaduto davvero. Non conosci il reale motivo per cui tua madre ti ha abbandonata.» I suoi occhi sono ancora più neri e il suo sguardo sempre più penetrante.
«No. Ma ho smesso di giustificarla; oggi, con tanta fatica e sacrifici, sono riuscita a raggiungere un equilibrio e non voglio metterlo in pericolo a causa sua.» La rabbia che mi ribolle dentro è difficile da offuscare e come la lava di un vulcano esce allo scoperto.
Lascio la mano di Finn e me la passo fra i capelli. Questo discorso non mi piace, finirà per rovinarmi la serata e non voglio che succeda.
«Lo capisco ma spero che un giorno potrai cambiare idea» afferma, mettendosi le mani nelle tasche del cappotto.
«Ne dubito. E comunque non saprei neanche dove cercare.» La mia voce vacilla e mi rendo conto che, come quando avevo otto anni, una parte di me vorrebbe sapere per quale maledetto motivo mia madre mi ha condannata a una vita di solitudine.

Finn non smette di guardarmi e quando accenna un sorriso capisco che l'argomento è chiuso. Emetto un sospiro di sollievo e abbasso lo sguardo. Una presa decisa ma delicata mi afferra il mento facendomi sollevare la testa, fino a guadare il cielo stellato.
«Il mondo visto da quassù è migliore» sussurra Finn. Osservo le stelle, nonostante le luci della città, sono ben visibili a occhio nudo e sono bellissime. Ha ragione non mi sono mai concessa di camminare a testa alta.
A quanto pare nessuno dei due ha voglia di terminare questa serata.
Dopo la sosta in centro continuiamo a girovagare per le vie di Atlanta, alcune strade sono deserte, ma Finn mi trasmette sicurezza e protezione. 

«Torniamo in metro» propongo. Anche perché l’alternativa sarebbe togliermi le scarpe e camminare a piedi nudi.
«Sono d'accordo» replica lui sorridendo.
Ci avviciniamo ad un piccolo parco. Finn mi passa una mano dietro le spalle, mi costringe a fermarmi e mi fa poggiare la schiena al suo petto.
Lo sento frugare dentro le tasche e dopo qualche secondo mi posiziona il suo telefono di fronte al viso.
«Ci vuole una foto» dice.
«Dio, no!» Sorrido, ma la verità è che ho sempre evitato queste stronzate. Con un braccio mi stringe la vita, appoggia il mento sulla mia spalla e attiva la fotocamera.
«Sorridi» ordina, pigiando il bottone. Non appena il rumore dello scatto ci immortala mi volto verso di lui, con la consapevolezza di essere venuta un mostro. Finn tiene il telefono in alto e fuori dalla mia visuale.
«Carina» mi prende in giro.
«Fammela vedere.» Metto il broncio e cerco di afferrare l'apparecchio. Lui mi attira a sé. Abbassa il telefono e mi mostra l'immagine.
«Perfetta» dice, con sguardo seducente. Mi si secca la gola, mentre il sangue nelle vene comincia a fluire più velocemente. Ha ragione, è perfetta.
«Sarà la prima di una lunga serie» sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra. La sua presa diventa più possessiva, più esigente.
«Sto per baciarti. E anche questo bacio sarà il primo di una lunga serie» annuncia prima di coprirmi la bocca con la sua.

Assaporo la dolcezza delle sue labbra calde, sento la sua lingua incontrare la mia. Chiudo gli occhi, e in balìa delle vertigini mi abbandono completamente fra le sue braccia.
Finn mi passa una mano tra i capelli e la porta dietro la nuca, bloccando ogni mio movimento. Il bacio diventa sempre più intenso, più sensuale, più carnale. Purtroppo ci troviamo in un luogo pubblico e siamo costretti a fermarci.

Quando Finn si stacca, ha il respiro pesante, gli occhi velati di passione e le labbra gonfie e umide.
«Questa notte sarai mia» mormora
«andiamo a casa.»

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora