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«Non posso credere che sia finito tutto» esclama Lilia, mentre chiude a chiave la porta della sartoria.
«È solo un nuovo inizio» rispondo, passandomi una mano sull'occhio per nascondere l'emozione.
«Se stessimo sbagliando? Se stessimo buttando via il nostro futuro?» chiede accigliata. Infilo gli occhiali da sole, per non far trasparire nulla, poiché questo è un pensiero che sta affliggendo anche me.
«Questa è la decisione giusta» rispondo temendo di non risultare credibile.
«Hai ragione. Basta ripensamenti» dice, dopo qualche secondo.

È una calda giornata di marzo, Atlanta è inondata dalla luce del sole, la temperatura è mite e l'odore dei fiori di pesco mi invade le narici. Respiro più aria che posso, mi guardo intorno, tentando di memorizzare anche il più piccolo particolare di questa via.
Spero di tornarci presto.
Dopo aver staccato l'etichetta “vendesi” dalla porta della sartoria, io e Lilia ci stringiamo in un lungo abbraccio.
Le nostre strade si divideranno. Abbiamo trovato la nostra strada.
Con un peso allo stomaco mi dirigo insieme a lei verso la metropolitana. È passato più di un mese da quando ho conosciuto mia madre. Meno di trenta giorni da quando ho ripreso a sentire Finn. Ci vediamo attraverso le video-chiamate, alla fine mi sono arresa alla tecnologia, ho imparato a utilizzare lo smartphone. Le nostre telefonate, a volte, durano ore. Parliamo di tutto, di noi, e molto spesso finiamo a fare sesso per telefono.
Ma questo non mi basta più.

«La nostra ultima notte insieme» geme Lilia, quando saliamo sul treno che ci riporterà al nostro appartamento.
«Non ci lasceremo mai. Lo abbiamo promesso.» È tutta la mattinata che va avanti così, io piango e lei mi consola, e viceversa. Lei è stata la mia famiglia per venticinque anni, non mi ha mai abbandonata, mi ha amata anche quando ero la persona più odiosa di questo mondo, senza di lei molto probabilmente mi sarei persa nei meandri dell'oscurità.
«Tu sei mia sorella» le dico, afferrandole la mano. Una lacrima mi bagna il dorso, la guardo negli occhi, stringendola ancora di più.
«Grazie per essere stata con me.» Mi regala un timido sorriso.
«Grazie per essere stata con me» ripete. Le sorrido anch’io, e tutta la tristezza che provo si trasforma in gioia per aver avuto accanto una donna come lei. Mi appoggia la testa sulla spalla e in silenzio aspettiamo che il treno ci porti a destinazione.

Dopo mezz'ora, finalmente, siamo a casa. La sala da pranzo e la cucina sono piene di scatoloni.
«Spero che il mio uomo abbia abbastanza spazio nell'armadio» afferma Lilia, mentre guarda la sua roba. Effettivamente la maggior parte sono cose sue.
«Sono sicura che se non ne avesse ti comprerebbe un armadio nuovo» le rispondo, saltando tra una scatola e l'altra. Sbuffa divertita.
«Sì, credo proprio che lo farebbe» concorda, alzando gli occhi al cielo. Da domani andrà a vivere con il suo fidanzato, presto si sposeranno, ma per ora hanno deciso di procedere con calma.
Per questo abbiamo deciso di vendere la sartoria, lei si trasferirà a New Jersey mentre io andrò incontro al mio destino.
Mi reco in camera, appoggio il cappotto sul letto, apro la borsa e afferro il telefono.
“Cosa fa la mia stella?” Sento il cuore accelerare e una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
È bello.
Amo ciò che provo, ne voglio sempre di più. Mi avvicino al PC, lo accendo, e sul desktop compare la sua foto. Quella che mi ha fatto capire tutto, l'immagine che mi ha spinto verso una nuova vita.
Accarezzo il viso di Finn, con il dito percorro il perimetro delle sue labbra carnose, osservo i suoi occhi neri. Ha in braccio un bambino di colore, mentre intorno a lui ce ne sono altri cinque.
È da loro che voglio andare.
Il nero ha colorato la mia vita da quando ero bambina, prima era buio, deprimente, oscuro, ora invece è luce, gioia e calore. Tanti anni a chiedermi quale fosse il mio destino su questa terra. Ora l'ho capito.
Aiutare, è per questo che sono nata, è questo che mi completa, è tutto ciò che mi fa sentire utile.
Partirò per l'Africa, andrò dall'uomo che amo e mi renderò utile per tutti i bambini che avranno bisogno di me. Lo squillo del telefono mi fa sobbalzare.
Mia madre.
«Giada» rispondo. Nonostante ci siamo viste ancora e parlate per telefono non riesco a chiamarla mamma.
«Sei pronta per domani?»
«Prontissima» rispondo felice.
«Finn sarà contento» mi dice allegra.
«Speriamo bene.» È grazie a mia madre e a suo padre che sono riuscita a organizzare tutto.
«In bocca a lupo, Millie. Hai preso la decisione giusta» afferma prima di riagganciare.
Stringo il telefono al petto, cerco con lo sguardo l'infinito, mentre immagino la mia nuova vita.

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So che vi scenderà almeno una lacrima, ma conservatele anche per il prossimo capitolo!!

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora