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Esco da quel maledetto hotel e comincio a correre. Non mi preoccupo delle persone che intralciano il mio cammino, non bado nemmeno al mio corpo che trema, e non per il freddo. Voglio solo mettere più distanza possibile tra me e loro.

Ignoro le fermate della metropolitana, percorro almeno tre isolati a piedi fino a quando il fiatone e il dolore acuto al petto mi costringono a fermarmi. Così prendo l'autobus.
Voglio andare da Bella e non solo per vedere lei ma per ritrovare me stessa.
L'istituto mi ricorda dove sono cresciuta e perché. Inalare l'odore del disinfettante, mangiare mezza porzione di pasta, osservare gli sguardi persi di quei bambini mi riporta alla realtà, mi aiuta a dimenticare i giorni scorsi e mi sbatte in faccia la verità: questa è la mia vita e non i pochi giorni vissuti con Finn.

Appena entro, il mio corpo smette di tremare lasciando il posto a una parvenza di tranquillità. Non avrei mai pensato, dopo tutto l'odio provato per questo posto, di cercare proprio qui un angolo di casa.
«Millie sei arrivata?» Marta mi raggiunge all'ingresso.
«Bella dov'è?» domando, guardando oltre la sua spalla. La tutrice emette un sospiro prima di parlare.
«In salotto. Ci sono i genitori adottivi» risponde e mi prende la mano. La ritiro immediatamente, pentendomene subito. Lei non ha colpa, dopotutto ci ha dato quello che poteva.
«Non posso vederla?» Il buco nello stomaco diventa sempre più grande.
«Certo che puoi. Lei, ne sarebbe felice. Vieni» dice, facendomi segno di seguirla. Quando arriviamo all'entrata mi blocco.
Bella è seduta al tavolo, sorride mentre parla con un uomo e una donna. Anche loro le stanno sorridendo. La guardo mentre muove le sue piccole labbra, il sorriso le arriva fino agli occhi e dopo tutti questi anni la vedo davvero felice. I miei occhi invece si riempiono di lacrime. Indietreggio, evitando di farmi vedere, il mio arrivo rovinerebbe questo momento e io non voglio. È solo una bambina, ha tutto il tempo di essere felice, e se lo merita.

«Non entri?» chiede Marta, facendomi sussultare.
«No, dille che sono passata va bene?» Cerco di trattenere le lacrime ma senza successo. Lei mi sorride debolmente.
«Starà bene.» Annuisco e le credo davvero. Ne avrà viste di famiglie passare qui dentro e ha l'esperienza giusta per affermare ciò che ha detto.
«Verrai a trovarci ancora?» mi chiede. Faccio un segno affermativo con la testa.
«Prima che Bella parta voglio vederla.»
«Ti chiamerò in settimana.» Mi prende la mano e questa volta non mi ritraggo. Dopo qualche secondo la saluto e percorro la strada verso l’uscita. A malincuore e con un vuoto nel petto, esco dall'istituto. Arrivo al cancello, lo apro e il mio sguardo viene catturato dalla solita macchina nera. Questa volta resta ferma così mi avvicino. I battiti accelerano passo dopo passo. La portiera si apre e la stessa donna che era nella camera di Finn esce dalla parte posteriore.

Rimango pietrificata ma nello stesso tempo, dentro di me, è il caos. Si avvicina, io non mi muovo, le mie gambe non ascoltano il mio cervello che gli urla di scappare.
«Millie» mormora la signora. Lascio che si avvicini. La scruto, ha i capelli lunghi fino alle spalle, si intravedono dei fili argentati. Indossa un paio di pantaloni neri e sopra un cappotto color panna. Stringe la borsa e dal modo in cui lo fa si capisce che è nervosa quanto me.
«Chi è lei? Perché mi segue?» sbotto alla fine. La donna si blocca. Si morde il labbro e abbassa lo sguardo sull'asfalto.
«Allora?» chiedo spazientita.
«Io... Sali in macchina. Voglio parlarti» dice. Sogghigno.
«Nemmeno per idea. Perché mi segue?»
«Non volevo che lo scoprissi così. Mi dispiace.» Dalla voce rotta sembra che stia per scoppiare a piangere. Ma non è la sola, poiché più la guardo e più l'idea che mi ero fatta di lei si rafforza. Più guardo i suoi occhi e più rivedo i miei.

«Che cosa non dovevo scoprire così?» chiedo.
«Sono tua madre» risponde, guardandomi negli occhi.

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora