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«Questa è la storia più assurda che abbia mai sentito» dice il mio interlocutore passandosi una mano fra i capelli. Lo osservo dall'altro lato del tavolo. Guardo i suoi occhi verdi incavati, il mento sporgente, le labbra piatte.

Siamo entrambi seduti al tavolo della mia cucina, lui beve una birra mentre io sorseggio un bicchiere d'acqua. Racconto a Romeo tutto quanto, lo faccio con rabbia, certa che tirando fuori tutte le mie emozioni mi sentirò meglio, e invece non ci riesco.
Sono delusa, disperata, e non so cosa fare. Stringo la presa sul bicchiere e annuisco.
«Incredibile» sussurra, prima di alzarsi in piedi e mettersi a camminare da un lato all'altro della stanza.
«Tua madre» ripete, fermandosi e guardando il soffitto. Già, mia madre.
«Cosa hai intenzione di fare?» mi chiede, avvicinandosi e appoggiandosi con la schiena al tavolo.
«Non lo so.» Sospiro. Mi sono posta questa domanda un centinaio di volte negli ultimi dieci minuti e non ho ancora una risposta. La soluzione più facile sarebbe lasciare le cose così come stanno, fregarmene di tutto e di tutti, lasciare passare il tempo e in un certo senso guarire, ma sarebbe anche la più dolorosa.
Romeo resta in silenzio, i nostri sguardi si incontrano, c'è qualcosa di strano in lui, qualcosa che lo preoccupa. Con la mente torno alla sera in cui l'ho incontrato all'hotel, era sconvolto, dovevamo sentirci ma da allora non è successo.
«Tu come stai?» L'altra sera in hotel mi sei sembrato preoccupato. Lui annuisce, beve un altro sorso di birra ma resta in silenzio, e continua a fissarmi. Comincio a sentirmi a disagio, è strano, poiché con lui non è mai successo, così mi alzo, mi dirigo verso il lavabo e poso il bicchiere ormai vuoto.

Non appena mi volto, sento il suo corpo che mi schiaccia contro il mobile.
«In realtà sapevo tutto» mi sussurra all'orecchio. Mi viene la pelle d'oca, non solo per il brivido che mi ha provocato il suo alito, ma per la sua voce.
«Cosa?» chiedo, evitando di muovermi.
«Ho detto che sapevo tutto. Di te, di Finn e di Giada.» Spalanco gli occhi, aggrappandomi così forte al mobile da farmi male alle mani. Cerco di sottrarmi alla sua trappola, ma mi basta sfiorargli i genitali per rendermi conto che è eccitato.
Mi irrigidisco di nuovo, cercando di stare ferma, ma il suo braccio corre intorno alla mia vita e, in modo poco delicato mi tira contro il suo membro.

Romeo cosa fai? Mi vengono le lacrime agli occhi. Mi domando cosa ho fatto di così sbagliato per meritare tanto dolore.
«Ti prego, lasciami» bisbiglio. Sono totalmente impreparata e fatico a connettere.
«No, non ora che ti ho tra le mani» afferma, poggiandomi la bocca sui capelli. L'odore di birra del suo alito mi fa venire la nausea, probabilmente non è la prima che beve, forse è solo ubriaco, magari domani non ricorderà più nulla, e tornerà a essere il solito Romeo.
Allora perché non ci credo? Mi divincolo più forte che posso e riesco a liberarmi.
Purtroppo, quando mi volto, quello che vedo è ancora più terrificante di ciò che pensavo, perché lui è proprio davanti a me, con in mano una pistola che punta dritta alla mia testa.

«Siediti» dice, spostando una sedia con il piede. Faccio ciò che mi dice.
Una parte di me vorrebbe urlagli: “Sì ammazzami. Cosa ho da perdere?”
L'altra, invece, è così disperata che si butterebbe ai suoi piedi e piangendo gli chiederebbe: “Perché mi fai questo? Io ti voglio bene”.
Tuttavia, rimango, in silenzio. Lo osservo.
Non lo riconosco.
Sembra un pazzo.
Questo non sei tu.
«Quando sarai morta ti farò fare una corona con cento rose rosse. Non è forse il tuo fiore preferito?» domanda, grattandosi il mento. Deglutisco prima di annuire.
«Che strano, pensavo avessi cambiato idea, visto come hai trattato quelle che ti ho inviato. Non è stato molto carino da parte tua» afferma con un ghigno, prendendosi gioco di me.

«Sei stato tu?» Faccio per alzarmi dalla sedia e lanciarmi contro di lui, quando uno schiaffo in pieno viso mi scaraventa a terra. Per un attimo mi si annebbia la vista a causa del dolore. Comincio a piangere. So che dovrei reagire, pensare a qualcosa per togliermi da questa situazione, ma non ci riesco.
«Alzati.» Mi afferra per un braccio trasportandomi fino alla sedia.
«Perché?»
«Perché? Perché volevo darti il mio amore e tu non lo hai voluto. Mi hai buttato via, come tutti gli altri.» mi urla in faccia, agitando la mano con cui tiene la pistola.
«Sai quanto sei importante per me» grido.
«Smettila bugiarda. Non me ne faccio niente delle tue parole. All'inizio volevo conquistarti, inviarti dei fiori e con il tempo rivelarti il mio amore. Poi hai conosciuto Finn, sei stata a letto con lui. Lo volevi e io non potevo sopportarlo.» Ha lo sguardo torvo, la fronte bagnata di sudore e gli occhi iniettati di sangue.
«Ho conosciuto tua madre. Abbiamo parlato per molto tempo. Vuoi sapere perché ti ha abbandonata?» Comincio a sentire che mi manca l'aria.
Non voglio più ascoltarlo, voglio solo uscire da qui.
Muovo la testa da un lato all'altro.
Basta, ti prego.
«Comunque non te lo avrei detto. Morirai con il dubbio» continua, ma questa volta si alza e si avvicina, mi passa la pistola sulle labbra. Tremo a contatto con il freddo del metallo.
Tremo perché ho paura.
«Ti prego» singhiozzo.
«È troppo tardi. Avrei voluto dirti tante cose, portarti in molti posti, colmare le tue mancanze con il mio amore ma il tuo rifiuto mi ha reso pazzo... o forse già lo ero sin da bambino. Non lo so» bisbiglia. «Tuttavia, hai finito di ossessionarmi.»

Mi punta la pistola alla testa. Sento la sicura scattare.
Chiudo gli occhi.
Avverto il freddo inondare il mio corpo.
Ascolto gli ultimi battiti del mio cuore.
Penso a tutto ciò che sono stata e a quello che vorrei ancora essere.
Torno indietro, ricordo gli abbracci di Lilia, i baci di Bella, le carezze di Finn.
Non voglio morire.
La mia vita non può finire così presto.
I minuti sembrano eterni, i secondi infiniti.
Comincio a contare.
Uno.
Lilia
Due.
Bella
Tre.
Finn
Quattro.
Mamma
Bang!


Apro gli occhi di scatto. Il tonfo mi riporta alla realtà. Strabuzzo gli occhi, mi porto le mani alla bocca, Guardo Romeo steso a terra, a qualche centimetro da lui c'è Lilia.

Ha in mano un grosso posacenere di marmo disegnato che mi aveva regalato Mark. L'ho odiato ma ora mi ha salvato la vita.
Io e lei ci osserviamo in silenzio. Entrambe guardiamo l'uomo che, qualche minuto fa stava tentando di uccidermi.
Dalla testa gli scorre del sangue. La mia amica lo sposta con un piede ma non dà cenni di vita. Mi alzo di scatto e con due falcate sono tra le sue braccia. Mi stringe e insieme cadiamo a terra.

«Oh Dio, Millie» ansima, mentre mi stringe. Mi lascio andare a un pianto liberatorio, ma per quanto voglia stare tra le sue braccia lei mi costringe ad alzarmi.
«È tutto finito. Ci sono io ora.» Sono sotto shock, non riesco nemmeno a parlare, perciò è lei a chiamare la polizia. «Stanno arrivando» m’informa, ma il mio fisico crolla.

***
Sono ancora sotto-shock quando gli agenti entrano in casa. Non so se Romeo sia vivo o morto. Dopo aver allontanato la pistola da lui siamo rimaste immobili a osservarlo. Insieme a loro ci sono i medici.
«Sta bene?» mi chiede un uomo in divisa.
«No» rispondo, ancora stretta a Lilia. Guardo Romeo, un dottore cerca di rianimarlo e dopo vari tentativi ci riesce. Portano una barella e insieme agli infermieri lo distendono sul lettino.
«Cosa succederà ora?» domando all'agente.
«Deve venire con noi e sporgere denuncia» risponde.
I miei occhi tornano su di lui, incrocio i suoi.
Non c'è più traccia dell'uomo che stava tentando di uccidermi, ora sono tornati quelli del mio amico.
«Perdonami Millie. Ti prego.» Non lo sento, ma leggo queste parole dal movimento delle sue labbra.
Non posso.
Lo portano fuori dall'appartamento e il pensiero che non farà più parte della mia vita è struggente.
Perché?
Romeo chi ti ha fatto questo?
Chi ci ha fatto questo?
Sento scorrermi nelle vene la rabbia. La mia vita è stata segnata fin falla nascita, come quella di Romeo e di Lilia. Nessuno, se non chi ha vissuto la nostra situazione, sa che l'abbandono può ferire i sentimenti, può uccidere il cuore e far impazzire la mente.
Romeo è impazzito. Io ho il cuore morto.

Chiudo gli occhi più forte che posso sperando di riaprirli e accorgermi che è stato solo un brutto sogno.
Ma non lo è.
Stringo i pugni mentre l'agente si avvicina chiedendomi di seguirlo.
Vorrei non farlo, vorrei che non mi ponesse tutte quelle domande. Vorrei piangere per la perdita del mio amico in santa pace. Lo seguo comunque, prima lo faccio e collaboro con loro e prima andranno via.
Dovrò denunciarlo? Sarò costretta a fare del male a una delle poche persone che ho deciso di fare entrare nella mia vita? Purtroppo non ho scelta.
Ci saranno persone che lo aiuteranno, grazie al loro lavoro, Romeo potrà ritrovare un equilibrio mentale.
Me lo auguro per lui.
L'agente inizia a parlare e, senza mai lasciare la mano di Lilia, rispondo a tutte le domande.

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Sono davvero soddisfatto di questo capitolo, avevo in mente questa scena fin dall'inizio della storia.

Black Eyes ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora