Capitolo 17

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Dopo aver passato altro tempo con Cameron chiusi nella mia stanza a cullarci entrambi dal nostro passato travolgente, decidiamo di partecipare a ciò che sta succedendo nell'altra stanza. Ma in tutta sincerità, non posso fare altro che chiedermi come io abbia fatto a non accorgermi di niente, quando il mio ragazzo, stava cadendo a pezzi dentro di se, mostrando sempre il suo ghigno malizioso e gli occhi brillanti.

Sono stata una vera e propria delusione, lui ha saputo tutto di me e io non sono stata in grado di sapere cosa faceva soffrire quel povero ragazzo. Mi sento inutile e mi vergogno anche nel aver trascinato tutti nei miei casini senza rendermi conto di ció che mi stava succedendo attorno e delle persone che stavano patendo le pene dell'inferno.

Non so come un giorno io potrei perdonarmelo, ma spero tanto che sia lui a perdonare me.

<<Ecco la seconda festeggiata!>> mia madre si sbraccia urlando appena mi vede.
Roteo gli occhi al cielo e Cam per incoraggiarmi mi stringe forte la mano, ci scambiamo uno sguardo d'intesa, e adesso, mentre lo guardo bene, non posso fare altro che pensare a come i suoi occhi abbiano sempre detto tutto, quel tutto che però io non sono mai riuscita a leggere.

<<È colpa mia, non tua piccola. Ti amo>> si avvicina sussurrandomi all'orecchio. A differenza mia, i miei occhi per lui sono un libro aperto, infatti è riuscito subito a capirmi come nessun altro.

<<Tesoro, abbiamo solo comparto una torta per voi due, niente di che, una semplice fettina per ciascuno qui in casa>> mia madre mi abbraccia dandomi delle pacche sulle spalle. Annuisco disperatamente andando a sedermi sul divano nel grande salone circondato dai ragazzi.

Io e Hayes seduti qui sopra, dietro al tavolino che mamma ha allestito perfettamente di un viola e azzurro come se fossimo dei bambini delle elementari, i ragazzi avanti a noi e la piccola Jenny, con l'aiuto di Jack, porta la torta dalla cucina appoggiandola sul tavolino.

La stupida canzoncina dei tanti auguri rimbomba nelle orecchie, e mi vedo lì, al compleanno dei nostri nove anni, mio padre mi stringeva forte la mano sussurrandomi che ero il suo orgoglio, che poi si è trasformato in uno sbaglio assoluto, e poi vedo quella bambina dalle treccine scure, avanti al tavolo dove era poggiata la torta, con un nasino all'insù e le guance colorate di un rosa chiaro. La vedo mentre mi cantava la canzone dei tanti auguri ed era spensierata proprio come doveva essere una piccola personcina. Una Allison, che bambina spensierata, è rimasta anche da grande, fin quando il destino non ha deciso di portarmela via. Come il destino ha deciso di portarmi via anche l'uomo che mi ha messo al mondo, facendolo diventare una bestia assetata di dolore, il dolore di sua figlia.

<<Crys>> la gomitata nel fianco di Hayes mi avvisa che è il mio momento per spegnere le candeline. Guardo in faccia tutti, uno per uno, e con il cuore che martella nel petto, scosso dai singhiozzi, solo interiori, senza nemmeno esprimere un desiderio, chiudo gli occhi e soffio su quelle stupide candeline a forma di diciannove.

Un applauso riecheggia nella stanza e dopo aver assistito ad imbarazzanti foto di me ed Hayes da bambini, la mezzanotte scocca dando vita ad un nuovo giorno.

<<Vieni da me?>> le braccia di Cameron mi circondano da dietro mentre sono intenta a gettare un piattino di torta nei rifiuti.
<<A casa tua?>> gli chiedo senza nemmeno voltarmi. Sono ancora scossa da tutto ciò.
<<Si, solo io e te>> la sua voce rauca mi arriva dritta alle palpitazioni del cuore.

Mi allontano lentamente e di malavoglia da lui guardando il suo viso confuso ancora contornato dai piccoli lineamenti del ghigno malizioso.

<<Non a casa mia con i miei fratelli e mia madre. Preparo la borsa>> ghigno io soddisfatta questa volta, schioccandogli un bacio velocissimo.

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